“Per creare una vera filiera servono investimenti e centri di prima trasformazione”, parola di Andrea che ha appena terminato la coltivazione sperimentale di Hemp Farm

Aziende canapa //

Andrea CarlettiDopo aver raccolto i 12 ettari dei suoi terreni coltivati a canapa nel brindisino, Andrea Carletti (nella foto) può finalmente fare i primi bilanci. Socio di Assocanapa e proprietario dell’impresa agricola Le Terre del Sole, aveva deciso di provare questa coltivazione sperimentale per testare le potenzialità della pianta rispetto al clima e alla terra pugliesi. Un progetto sul quale ha lavorato almeno tre anni, dopo essersi laureato in Relazioni pubbliche e pubblicità con una tesi sulle mobilità alternative e una lunga permanenza in Australia. Oggi, dopo che ha raccolto le piante in rotoballe, gli abbiamo fatto qualche domanda per tirare le somme del progetto e per cercare di capire come può essere replicato.

Dove hai comprato i semi?
I semi li ho comprati da Assocanapa che è l’unico fornitore certificato e col quale, dopo l’acquisto dei semi, devi firmare un contratto di ritiro delle piante come previsto dalla legge.

Come è andata?
Devo premettere che è stata una coltivazione sperimentale, proprio perché volevo testare le potenzialità di questa pianta. Per questo motivo ho deciso di dividere i miei 12 ettari di terra preparata per la semina ma non concimata, in 3 lotti: due li ho coltivati irrigandoli artificialmente, al terzo non ho dato acqua.

E cosa è successo?
E’ successo che la canapa ha dimostrato ancora una volta di essere una pianta straordinaria. Nei campi irrigati sono cresciute piante floride alte in media 4 metri. Nel terzo, nonostante l’assenza di irrigazione artificiale, le piante sono cresciute lo stesso, arrivando in media ad un’altezza di circa 2 metri.

Cosa ti ha stupito di più?
L’interesse che ho suscitato con la mia coltivazione. Mi chiamano in moltissimi per chiedere informazioni, probabilmente perché è una pianta facile da coltivare, che migliora il terreno dove viene piantata e può dare buone rese anche in situazioni difficili, non dimenticando che non ha bisogno di pesticidi e diserbanti. Molti contadini che hanno campi abbandonati mi chiamano perché vedono nella canapa un’opportunità.

E tu cosa rispondi?
Io per ora non so bene cosa dire. I benefici e gli ottimi prodotti che si potrebbero creare sono cosa nota, ma se al di là delle belle parole, si vuole creare una vera e propria filiera moderna della canapa in Italia, bisogna creare prima di tutto le strutture necessarie. Bisogna costruire centri di raccolta e stoccaggio e centri di prima trasformazione in tutte le regioni che vogliono affrontare seriamente la questione, oltre a nuove forme di cooperazione agricola per gestire il processo. E servono macchinari per la prima trasformazione e altri macchinari a seconda che si voglia ottenere canapulo per la bioedilizia, fibre, cordame o qualsiasi altra cosa. Bisogna fare un serio discorso agroindustriale con punti di raccolta e stoccaggio nell’arco di 100 chilometri come avviene per il grano.

E’ una cosa fattibile?
In Inghilterra sono stati investiti 5 o 6 milioni di euro per costruire un unico impianto in cui si fa tutto, dalla prima trasformazione della canapa proveniente dai 4mila ettari coltivati, alla creazione di componenti per auto in canapa. Da noi solo in Emilia Romagna si coltivavano 40mila ettari a canapa fino agli anni ’50.

Da dove si deve partire?
Bisogna fare degli investimenti a livello nazionale. Un centro di trasformazione, per assurdo, potrei farlo anche io. Solo che poi, per ammortizzare i costi, sarei costretto a far pagare un prezzo troppo alto per il prodotto. E le aziende italiane continuerebbero a comprarlo dall’Europa dell’est o dalla Francia o dalla Germania, a prezzi più convenienti. C’è un progetto per la creazione di un impianto di prima trasformazione qui in Puglia, dovrebbe essere pronto a maggio, ma non so se si farà in tempo, e, al di là di questo, non servono casi isolati, deve essere un’operazione concertata. Le mille applicazioni della canapa sono tutti possibili posti di lavoro. Bisogna porre le basi e attrarre investimenti senza dimenticare che l’Unione Europea e l’attuale legge di stabilità mettono a disposizione dei fondi per i progetti che decidono di investire in soluzioni eco-compatibili.

Per il resto come sta andando?
Molto bene anche se è stato faticoso, visto che ho seguito il progetto praticamente da solo. L’estate scorsa ho organizzato visite guidate e ciclo-escursioni che voglio replicare l’anno prossimo accompagnandole con workshop di bioedilizia realizzati direttamente sul campo. Voglio che diventi innanzitutto un punto di interesse.

Progetti per il futuro?
Continuo i miei attuali lavori nel campo delle energie rinnovabili e posso dire che mi hanno contattato per progetto pilota riguardo la Phytoremediation (l’utilizzo di differenti piante ai fini dell’estrazione, accumulo e distruzione di sostanze contaminanti e inquinanti presenti nel terreno ndr) da effettuare nei terreni inquinati della Campania tramite la canapa. Ho in progetto per il 2014 e 2015 la realizzazione di unità abitative in calce canapa a Brindisi e tornando al discorso di prima sto creando un business plan che possa essere d’aiuto ad eventuali investitori o a chi è interessato alla creazione di una filiera. Servono macchinari, terreni, sementi e sistemi d’irrigazione: con una stima delle spese dovrebbe essere più facile pianificare degli investimenti futuri.

Mario Catania (Twitter Rioma82) per Canapaindustriale.it

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