Canapa in carcere: a Taranto la seminano i detenuti

Canapicoltura //

Semina carcere Taranto_7I detenuti e le detenute del carcere di Taranto seminano canapa nei campi adiacenti alla casa circondariale. E’ il secondo passo del progetto ideato dall’Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi e da South Hemp Tecno in collaborazione con l’amministrazione del carcere che ha già visto la semina meccanica di canapa su un terreno di 3mila metri quadri fuori dalle mura per aumentare la produzione finale.

La canapa entra dunque in carcere per farne un luogo più umano e sostenibile, in tutti i sensi, e dare vita a diversi cicli produttivi: tessuto, carta, alimenti e bioedilizia.  Come spiegato dagli organizzatori, “La versatilità nelle applicazioni della canapa è già nota ed apprezzata in questi settori e rappresenta una chiave di svolta nella direzione della sostenibilità e dell’inserimento lavorativo successivo alla fine pena”.

 

Da sinistra: Rachele Invernizzi (presidente South Hemp Tecno) e Marcello Colao (ingegnere ABAB), mentre sullo sfondo viene intervistato il dottor Lazzàro Luca, presidente Confagricoltura Taranto

Da sinistra: Rachele Invernizzi (presidente South Hemp Tecno) e Marcello Colao (ingegnere ABAP), mentre sullo sfondo viene intervistato il dottor Lazzàro Luca, presidente Confagricoltura Taranto

Come ci ha raccontato l’ingegnere di ABAP Marcello Colao, “il progetto prevede di creare una parte di 800 metri quadri dove verrà coltivata canapa a rotazione in un contesto di orto bio a tutela della biodiversità e di specie pugliesi a rischio di estinzione come alcune varietà di fico, ciliegie ed agrumi, con il fine di creare un progetto didattico da condividere con le scuole”.

“Siamo molto emozionati”, aveva concluso, sottolineando che “la speranza è quella di aprire un nuovo capitolo e rompere certi tabù. Parliamo di canapa industriale, di prosperità di risorse ed economia, speriamo che anche altri carceri possano seguire questo esempio virtuoso”.

Speriamo che le istituzioni possano valorizzare e riproporre questo modello di cooperazione in cui la canapa ha superato le barriere fisiche del carcere per essere seminata da detenuti che avranno l’occasione di vederla crescere e di lavorarla, coltivando una speranza, oltre che una pianta dalle mille virtù con la quale avviare un piccolo circuito economico e virtuoso.

Mario Catania

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