USA: rivoluzione canapa all’orizzonte

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Oggi, gli Stati Uniti sono il maggior consumatore al mondo di prodotti a base di canapa. Ma a causa del divieto federale imposto sulla pianta, che rende di fatto ancora illegale la coltivazione di canapa industriale nonostante le aperture degli ultimi anni, gli Stati Uniti importano ogni anno circa 100 milioni di dollari di prodotti in canapa.

Questi 100 milioni di dollari potrebbero presto tornare nelle tasche degli agricoltori e delle imprese americane, grazie alla recente introduzione dell’Hemp Farming Act del 2018 da parte del leader della maggioranza al Senato Mitch McConnell. Il disegno di legge, annunciato da McConnell e sostenuto da un gruppo bipartisan di senatori, “legalizzerebbe la canapa come merce agricola e la rimuoverebbe dall’elenco delle sostanze controllate”.
Questa non è la prima volta che McConnell o uno dei suoi colleghi ha presentato una simile proposta di legge. In realtà leggi simili sono state proposte nel 2005, 2007, 2009, 2013 e più recentemente nel 2015, solo per essere bloccate ogni volta dal Congresso che non vedeva nessuna differenza tra canapa e marijuana (o sceglieva di non farlo). Questo disegno di legge ha una reale possibilità di passare finalmente a causa del suo potenziale per la creazione di posti di lavoro e la crescita economica.

Ma perché la canapa è illegale? Dopo tutto, come sostengono diversi esperti “l’America è stata costruita sulla canapa”. Diversi padri fondatori coltivarono la canapa. La coltivazione della canapa era obbligatoria per legge nelle colonie del Massachusetts, della Virginia e del Connecticut. A partire dal 1631, la canapa aveva valore legale per pagare le tasse in molte delle colonie americane e rimase tale per le tasse statali fino agli inizi del 1800.
Nel 1937, la proibizione federale della cannabis, così come la conosciamo oggi, iniziò con il Marihuana Tax Act. Alcuni ritengono che la campagna anti-cannabis sia stata uno sforzo congiunto di Andrew Mellon, William Randolph Hearst e Pierre Du Pont per proteggere i loro interessi commerciali in petrolchimica, carta, cotone e nylon, tutti soggetti a una seria competizione con le alternative alla canapa. Altri credono che la crociata contro la cannabis sia stata alimentata dal razzismo e dal desiderio di demonizzare gli immigrati messicani. In entrambi i casi, la pianta non avrebbe mai dovuto essere messa al bando.

Nel 2014 era stata introdotta da Obama una legge che ha permesso di coltivare canapa a livello sperimentale e più di 30 Stati hanno avviato coltivazioni e progetti di ricerca con diverse università. Uno dei progetti più strutturati è sicuramente quello dello Stato di New York dove 62 aziende agricole e aziende hanno ricevuto permessi di ricerca incentrati sulla biotecnologia e l’agronomia e altri sono in via di approvazione.
“C’è un rinnovato interesse per la produzione e la lavorazione della canapa industriale in tutto il paese», ha affermato il Governatore Andrew Cuomo. «Con la nostra forte comunità di coltivatori e ricercatori, New York è in una posizione privilegiata: fornendo una coltura alternativa per i nostri agricoltori, la canapa industriale ha il potenziale per cambiare il panorama della nostra economia agricola, creare posti di lavoro e guidare la crescita in tutto il paese”.

Quest’anno verranno seminati circa 1500 ettari ed i progetti di ricerca si concentreranno sull’utilizzo della canapa industriale come fonte di cibo, fibre e cereali per la produzione di lettiere per animali, isolamento, pellet per il riscaldamento e altri prodotti di consumo.
Chissà se l’America riuscirà a guardare in faccia e superare il proibizionismo del passato, per puntare ad un futuro industriale più sostenibile.

Mario Catania

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