Lo staff di Bottega della Canapa si è imbattuto in una piacevole scoperta pubblicata sul loro blog che vi riproponiamo.
Una rivista a fascicoli per donne del 1954 dal titolo “CANAPA“.
Ovviamente, siamo orgogliosi di poter condividere questo documento con voi: lo pubblicheremo diviso in 5 parti, con un post a settimana, permettendovi di sfogliarlo direttamente online e di analizzare insieme il contenuto e le immagini.
Si tratta di una testimonianza storica importantissima che conferma quanto già detto precedentemente nel nostro blog: in un passato non così lontano, l’Italia è stata la seconda Nazione al mondo nella produzione di canapa. La nostra produzione era seconda solo a quella della Russia ma per la qualità della fibra, l’Italia era prima sul mercato internazionale.
Questa rivista a fascicoli per donne veniva direttamente consegnata a casa in abbonamento ed era stata realizzata nel Dicembre 1954 a cura del Comitato Nazionale Propaganda Canapa che aveva sede a Milano, con lo scopo di far conoscere le virtù di questa ‘fibra nazionale vera amica della donna moderna’, aiutando le lettrici nella scelta dei prodotti in canapa da acquistare e offrendo preziosi consigli sull’utilizzo del tessuto di canapa nella gestione della casa, come è evidente dal sommario.
Determinanti anche le testimonianze dirette sulla qualità del tessuto di canapa da parte di personaggi del cinema e della tv italiana e internazionale degli anni ’40 e ’50 come Totò, Silvana Mangano, Errol Flynn, Ida Barbizza e tanti altri.
La rivista a pagina 3 apre con “Un saluto e un augurio” da parte del presidente del Comitato Nazionale Propaganda Canapa, Sandro Cappelletti:
“Mia cara lettrice,
noi che ci occupiamo della canapa abbiamo pensato a Lei e a Lei abbiamo dedicato, quest’anno, i nostri sforzi per farle conoscere e per garantirle una fibra nazionale che, per i suoi requisiti d’eleganza, di praticità, di economia e per i suoi pregi fondamentali di solidità, di convenienza e finezza di lavorazione si sta rivelando la vera amica della donna moderna. Questo fascicolo, a Lei dedicato, entrerà nella sua casa come un prezioso ‘vademecum’ capace di ispirarla e di guidarla nei suoi acquisti e in quei suoi tradizionali gesti casalinghi che, noi uomini, amiamo e desideriamo veder perpetuati in ogni tipo di donna. Tenga dunque in considerazione queste pagine: in esse troverà utili suggerimenti per Lei, per la bellezza della sua casa e per la preparazione o per il rinnovo del suo corredo”.
A destra, è possibile notare le testimonianze delle quali vi abbiamo accennato sopra, su tutte quella del grande Totò: ”Tutto di canapa mi voglio vestire”. Poi quella di Isa Barzizza, famosa attrice cinematografica e televisiva italiana: ”La CANAPA? E’ la mia migliore amica: la voglio presente in tutta la casa, dalla cucina al salotto”. Errol Flynn, attore e regista statunitense esalta le qualità della canapa italiana, afferma che “oltre ad essere utilissima abbellisce la casa”, mentre Carla Del Poggio, attrice italiana di teatro, cinema e televisione dichiara: “Nella casa preferisco biancheria di canapa: mi da un senso di intimità e di freschezza che il tempo non riesce a sbiadire”.
A pag. 4 si parla della coltivazione della pianta della canapa: l’articolo,che si intitola “Nasce a primavera, è poesia pura e si apre con una bellissima foto d’epoca nei campi che mostra la sarchiatura della canapa da parte di donne e uomini. Riportiamo il testo di Giuseppe Fabbri:
” Quando la natura si sveglia dal torpore invernale e le primule punteggiano di bianco i prati e le violette appaiono sui cigli dei fossi, è allora che con la primavera nasce la canapa nei campi di Carmagnola, nelle piane del Polesine, nelle distese del Bolognese, del Ferrarese, del Modenese, del Casertano e del Napoletano. Ma dovranno sbocciare le rose e maturare fragole e ciliege, ed albicocche e pesche, e la falce dovrà recidere le spighe d’oro al canto delle cicale e dei grilli: e già l’estate morente dovrà arrossare i chicchi dell’uva nello smeraldo delle vigne perché la canapa superi la statura dell’uomo e sia pronta per il taglio.
Quella stessa moltitudine di uomini e donne che avevano arato, concimato, seminato, sarchiato, diradato piantine è ora di nuovo in moto in un formicolare incessante. La canapa tagliata, in enormi ventagli, è distesa, essiccata e battuta e raccolta in coni; poi su rudimentali tralicci di legno viene tirata e ripulita, legata in “manelle”, che raccolte a fasci e caricate su plaustri vengono trasportate al macero.
Nei piccoli laghi artificiali, dove la canapa viene gettata e affondata con l’ausilio di macigni, l’acqua fermenta e i pesci, privati dell’ossigeno, emergono mentre le rane si ritirano a gracidare sulla riva nell’attesa che la canapa, da verde divenuta bianca per essersi compiutamente macerata, venga dall’uomo riportata all’asciutto ed esposta al sole.
Si vedono allora teorie di grottesche e stecchite gonnelle popolare le campagne dell’ Emilia, del basso Veneto e del Napoletano. E’ la canapa che sarà poi gramolata, accanto alla casa, dalle braccia robuste delle donne e degli uomini con l’ossessionante tam-tam del lavoro di decanapulazione per separare le bacchette dalla fibra. E i frammenti di steli si ammucchiano sotto i piedi di chi gramola mentre i bimbi, assuefatti al fragore e all’odore acre, siedono lieti sugli incomodi tappeti di canàpuli.
Dopo la gramolature le ispide chiome di canapa sono apparecchiate in “chioppe” e disposte a “morelli” nel magazzino. Nuove fasi di lavorazione si preparano: dalla cardatura alla pettinatura artigianale o meccanica, dalla filatura a mano o a macchina alla tessitura con millenari telai e con modernissimi impianti che la tecnica perfeziona di anno in anno. Ed avremo spaghi e corte e tessuti di ogni specie, di incontrastata supremazia perché nessuna fibra possiede tante qualità.
Basti considerare che il terreno dove la pianta della canapa deve crescere sente il bisogno di una elevata quota di fosforo e di considerevoli presenze di altri elementi nutritivi, per comprendere come la natura conferisca a questa fibra quelle virtù di funzionalità e di durata proprie degli oggetti che dalla canapa si ricavano.
Come l’abbondanza del fosforo ed un’alta nutrizione determinano la sanità ed il vigore dell’organismo umano, così gli stessi principii naturali caratterizzano la robustezza e la durevolezza dei filati e dei tessuti di canapa. L’igiene della “costituzione fisica” di questi tessuti non potrà mai essere donata da alcuna scienza alle svariate fibre artificiali, per il semplice fatto che l’uomo, per quanto geniale, non è dotato di virtù tali da imitare la creazione divina.
L’ articolo si chiude con altre due stupende foto d’epoca raffiguranti in una alcune donne durante la preparazione del terreno e concimazione e nell’altra i contadini che trasportano i fasci di canapa con la didascalia “Lunghi e minuziosi lavori in ogni stagione portano la fibra di canapa al suo alto grado di qualità.”
A pag. 5 troviamo un articolo dal titolo “L’ANTICA FIBRA dal grande futuro”, sempre di Sandro Cappelletti, che paradossalmente viene scritto pochi anni prima della crisi della produzione di canapa, quando le fibre sintetiche sostituirono a poco a poco le fibre naturali e la canapa fu rimpiazzata totalmente dal nylon ma che, d’altra parte, è anche ’premonitore’ visto il suo ritorno negli ultimi decenni e gli interessanti sviluppi per il futuro. Ecco la trascrizione:
“Si è mai chiesta, gentile lettrice, come e per quali strade quel tal manufatto di canapa che tanta attira la sua attenzione per il candore, la trama, la resistenza, il colore ecc. sia giunto alla vetrina del negoziante?
Diciamo, anzitutto, che nella canapa tutto è esotico: perfino la sua origine si perde nel tempo e nella leggenda! Anche se fu nota ai romani non si può stabilire con sicurezza in quale epoca essa si sia imposta, come coltura, in quella parte umida e bassa della Valle Padana e nella Piana Campana, costituendo, col passare del tempo, la fonte della nostra maggior produzione. Ampie distese di un verde intenso si contrappongono a quelle gialle del grano, creando nel folclore agreste della mezza estate un quadro degno del Millet. E da questo mare intenso che è canapa, si trae quello che, con giustificato orgoglio, si afferma essere l’oro bianca d’Italia.
Ma prima che questa similitudine dia la sua giusta ricompensa al produttore, quanto sudore è stato versato, di quante apprensioni è stata oggetto, quanti sacrifici ha richiesto! Come tutte le cose antiche, la canapa conserva la sua tradizione e, rediviva crudele principessa della leggenda, vuole la sua corte prona, china ai suoi piedi, incurante delle fatiche, dei sacrifici e spesso delle illusioni, prima di essere doma. Quel bel tessuto scozzese che quella pazzerella Dea che si chiama Moda ha lanciato e pare sia lì per essere da lei acquistato, per quante mani è passato e quali trapassi ha subito!
“Dal seme al filato”: la frase rievoca le 200.000 unità lavorative che trovano la loro occupazione e la loro fonte di guadagno lavorando la canapa: oltre 160.000 nella fase agricola ed oltre 30.000 nella fase industriale. Il processo agricolo, il più delicato, faticoso ed aleatorio, inizia in novembre e termina in settembre, occupando tutti i membri della famiglia colonica che collaborano alle lavorazioni collettive che si susseguono dal taglio in poi. (Affianco, il quadro che riassume tutto il ciclo agricolo, ndr). Dal che lei può dedurre quanto faticoso possa essere l’insieme della coltivazione, che trova il suo apice nella macerazione che si svolge ancora con i sistemi dei maceri primitivi.
La canapa grezza si presenta poi assai complessa per la grande varietà delle sue caratteristiche naturali: il colore, la finezza, la purezza, la forza in diretto rapporto con la zona di produzione, il clima, il sistema di coltivazione e di lavorazione e lo stato delle acque di macerazione influiscono sul lavoro merceologico del prodotto, il quale si suddivide in una vasta gamma di marche. E’ un prodotto esclusivamente industriale e commerciale ed è quindi soggetto alle alee del mercato e la produzione segue il ritmo delle sue inevitabili fluttuazioni.
Ma il processo non termina alla fase agricola, esso continua a dar lavoro e le bionde balle di questo italianissimo prodotto sono pronte alla trasformazione industriale. Dai magazzini di raccolta esse raggiungono i canapifici e gli opifici del Sud e del Nord per iniziare la loro complessa trasformazione. A seconda dell’uso cui il filato deve adibirsi variano, naturalmente, i successivi procedimenti di lavorazione, al termine dei quali sia filati che tessuti, garantiti dal nostro marchio, si presentano sul mercato nazionale e internazionale, per la maggior soddisfazione di tutte le massaie.
“Dal seme al tessuto”: la frase riassume un ciclo di lavorazione tra i più interessanti della nostra agricoltura, del quale non vanno trascurati i fattori sociali, economici e finanziari che esso coinvolge. Intere famiglie di contadini vivono sulla produzione della canapa, intere famiglie di operai trovano lavoro nell’industria tessile, mentre i tecnici studiano continuamente per migliorare il tessuto e dare a lei, cara lettrice, la possibilità di fruire, tra la splendida gamma dei manufatti, di quelli che maggiormente sono di suo gusto.
Allorquando, giovane fidanzata, si presenta alla soglia di una nuova vita, ricorderà forse le parole della nonna, che il suo corredo aveva in canapa: “La canapa non si consuma mai, e più la lavi più diventa bella!”. Giovane sposa o mamma, il suo regno è la casa e mi tornano all’orecchio quelle parole semplici e sincere di una massaia che con tanta naturalezza enunciò: “Canapa dice casa felice”. Ora, lei sa tutto su questa nostra fibra, sia pure in forma molto riassuntiva, e sono sicuro che, accarezzando il fresco tessuto di canapa, da oggi lei penserà a quelle verdi distese di campi in cui questa fibra preziosa assimilò linfa di vita!
Fonte: Trame.bottegadellacanapa.it