Il futuro della terra brindisina oggi più che mai ha l’aspetto di un seme di canapa. Ci troviamo vicino alla centrale Enel di Cerano e al polo petrolchimico, dove il tasso di inquinamento ambientale ha causato non pochi problemi agli agricoltori della zona.
Là dove c’erano prodotti agricoli e terre coltivate, oggi uno dei problemi principali è l’inquinamento. Domani, con la canapa potrebbe tornare la vita. O almeno è l’idea che ha mosso Tommaso Picella, 70 anni e il nipote 34enne Andrea Sylos Calò, proprietari della masseria Villanova a Brindisi, a seminare canapa nei 27 ettari di terreno dell’azienda di famiglia in collaborazione con Assocanapa, che proprio in Puglia inaugurerà il secondo centro di prima trasformazione della canapa, e alla presenza del presidente della regione Puglia Nichi Vendola.
La masseria sorge infatti nei pressi del parco naturale Punta della Contessa, a ridosso della centrale Enel di Cerano e il polo petrolchimico, zona ad alto tasso di inquinamento ambientale in buona parte della quale una ordinanza datata 2007 vieta la coltivazione di prodotti food.
“Siamo all’inizio di una rivoluzione, perché la canapa – ha spiegato Vendola – povera pianta diffamata per ragioni politiche ed economiche, diffamata perché poteva rappresentare l’alternativa alla civiltà della plastica, è una pianta sorprendente per tutto ciò che può dare. In più tra le tante caratteristiche c’è la capacità di assorbire i metalli pesanti, quindi di essere ideale nei territori inquinati per le bonifiche, e quindi la piantagione di canapa a ridosso di insediamenti industriali che hanno una forte storia di impatto ambientale inquinante, ha anche un significato di riqualificazione dei terreni”.
E come ci ha raccontato Andrea Carletti, presindete di Assocanapa Puglia e della società agricola Terra del sole, che avevamo intervistato in occasione della coltivazione sperimentale effettuata l’anno scorso, “il progetto proseguirà probabilmente anche a Priolo Gargallo, nei pressi di Siracusa, dove sorge un importante polo petrolchimico. Abbiamo avuto i primi contatti con la Syndial, società del gruppo Eni che gestisce l’impianto, per utilizzare la canapa per bonificare i terreni. E’ un’area di 5mila metri quadrati e stiamo valutando la fattibilità del progetto”.
Tra le varie doti della canapa che possono favorire l’ambiente in cui cresce, la pianta, che radica in profondità, contribuisce a migliorare il terreno in vista delle coltivazioni future, anche a rotazione. Inoltre, come altri vegetali, ha doti di fitorimediazione, un processo per il quale, tramite l’azione di assorbimento dell’apparato radicale della pianta, vengono estratti dal terreni componenti organici o inquinanti come i metalli pesanti.
Proprio per questo motivo un anno fa CanaPuglia, partendo proprio dalle campagne brindisine, ha avviato il progetto C.A.N.A.P.A. (Coltiviamo Azioni per Nutrire Abitare e Pulire l’Aria), convincendo vari agricoltori della zona ed arrivando a coltivare più di 50 ettari di canapa (nella zona, secondo l’associazione il totale ammonta a più di 100 ettari).
Come aveva spiegato Marcello Colao, membro del Team CanaPuglia nonché ingegnere ambientale socio dell’Abap, durante l’incontro di presentazione a fine 2013, il progetto mira, nel periodo di pochi anni, a circondare il polo siderurgico (Taranto) e quello petrolchimico (Brindisi) con una green belt (cintura verde) di canapa. L’idea è di coinvolgere le diverse aziende agricole vicine per avviare la fitodepurazione, tecnica e meccanismo naturale grazie al quale diverse piante (canapa, cotone, lino, etc.) contribuiscono alla bonifica di siti contaminati, producendo nel contempo materia prima utile nel settore non alimentare (edilizia, energia, biocompositi, etc.).
Il progetto di CanaPuglia dal punto di vista scientifico e di analisi dei dati è stato seguito dal CRA (Centro Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura) di Bari e finanziato da Pietro Paolo Crocetta, amministratore unico di Ikaros Power, azienda pugliese specializzata nelle energie rinnovabili e di Società Agricola Eletta, che mira a favorire la disponibilità, per gli agricoltori pugliesi e di tutto il meridione, di sementa idonea al sud, e cioè la varietà Eletta Campana, una cultivar antica coltivata su 20mila ettari in Campania fino agli anni ’50 che assicurava un’alta qualità della produzione agricola e compatibilità con le condizioni pedoclimatiche del sud.
La canapa che crescerà su questi territori, prima di essere utilizzata, sarà analizzata in ogni sua parte come lo stesso suolo. È proprio questo il fulcro del progetto: verificare quali inquinanti sequestra la pianta, in che quantità e in quale parte. Il progetto era poi stato presentato, non a caso, presso la Masseria del Carmine di Taranto che sorge nei pressi dell’Ilva, dove nel 2008 furono abbattuti tutti gli animali allevati perché contaminati da diossina. Lo scorso 5 aprile la canapa è stata seminata nei terreni della masseria, diventando il simbolo di una possibile rinascita per l’ambiente, l’uomo e un’economia sostenibile.
Redazione Canapaindustriale.it