Mentre continua la mattanza di animali contaminati dalla diossina nei terreni vicini all’Ilva di Taranto, cittadini ed associazioni cercano di trovare delle soluzioni concrete a partire dal quel nobile vegetale chiamato canapa.
La canapa infatti, così come altre vegetali presenti in natura, ha delle spiccate doti di fitorimediazione, e cioè la capacità di estrarre dal terreno agenti inquinanti come la diossina e i metalli pesanti, affiancando a questa proprietà l’estrazione di Co2 in media 4 volte superiore a piante come i pioppi, quantificabile in 2 tonnellate di Co2 sequestrata dall’atmosfera per ogni ettaro di canapa coltivato. Mentre l’uomo contribuisce a devastare l’ambiente che lo ospita in nome del profitto e a scapito della salute di tutti, c’è una pianta, che l’uomo ha umiliato e perseguitato e che era quasi scomparsa dai nostri campi nonostante ne fossimo il secondo produttore mondiale non più tardi di 70/80 anni fa, che può aiutare a depurare l’ambiente proprio da quelle sostanze inquinanti che produciamo noi.
La canapa può dunque aiutare i terreni vicini all’Ilva di Taranto nella depurazione dalla diossina dalla quale sono contaminati? E in quale percentuale? Sono queste alcune delle domande alle quali l’Abap (Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi) sta cercando di rispondere in un lavoro partito in sinergia con l’associazione CanaPuglia e il Cra (Centro di Ricerca per l’Agricoltura). Intanto in Sardegna sono stati appena stanziati 450mila euro in 3 anni per bonificare terreni a rischio con la canapa e rilanciare in generale la coltura nell’isola. In Puglia, invece, dopo la prima coltivazione e relativa raccolta presso la masseria di Vincenzo Fornaro, si è in attesa degli esami scientifici per quantificare l’azione depurativa della pianta. Per saperne di più abbiamo fatto qualche domanda a Marcello Colao, ingegnere ambientale di Abap per capire come stia proseguendo l’iniziativa.
Quando saranno effettuate le analisi?
Le analisi della canapa cresciuta alla masseria di Vincenzo Fornaro saranno effettuate a breve dal CRA. Il problema è che si tratta di esami molto costosi e stiamo cercando di raccogliere i fondi per farli eseguire da un laboratorio certificato. C’è da sottolineare che nonostante la valenza scientifica e ambientale il progetto non ha avuto nessun sostegno regionale, motivo per cui ci stiamo sobbarcando tutte le spese. Nonostante la molta disinformazione in generale che persiste ancora su questa pianta, vogliamo portare avanti la nostra lotta con umiltà e serietà nel tentativo di ridare alla canapa la dignità che merita.
Qual è intanto la situazione dei terreni intorno all’Ilva?
La situazione è che continua la mattanza di bestiame: 54 bovini saranno abbattuti a breve nel territorio del comune di Massafra perché l’inquinamento continua ad imperversare. Ammesso e concesso che la canapa possa prelevare la diossina dai terreni, la bonifica ha senso se viene bloccata la fonte dell’inquinamento, non se, come in questo caso, si continua ad inquinare. Si rischia di combattere contro i mulini a vento di Don Chisciotte. Ad ogni modo noi stiamo provando a proporre delle soluzioni fattive.
Il progetto presso la masseria Fornaro intanto continua?
La semina presso la masseria Fornaro è stato un progetto sperimentale e un atto di protesta contro l’industria ad alto impatto ambientale e a breve si procederà a breve con una nuova semina. Ma la nostra idea è quella di circondare i terreni inquinati intorno all’Ilva con una “cintura verde” costituita da campi di canapa, coinvolgendo le aziende agricole vicine.
Quali possono essere i prossimi passi?
I prossimi passi sono quelli di continuare ad investire energie e risorse in questo settore. Ancora oggi i campi di grano che crescono intorno all’Ilva viene mangiato dagli animali. In questi giorni ci troveremo alla masseria per fare il punto della situazione. Il nostro rimane un progetto open source che vuole dare un esempio e far capire che la pianta non appartiene a nessuno: il messaggio che vogliamo far passare è quello di un rinnovamento vero, concreto, che parta dal basso con etica e trasparenza.
Mario Catania