“Abbiamo da poco depositato il brevetto: si tratta di un materiale termoplastico che abbiamo ottenuto dai materiali di scarto di 3 processi industriali di trasformazione di altrettante piante, di cui la principale è la canapa. E’ un materiale biodegradabile e compostabile“.
Sono queste le parole con le quali Giovanni Milazzo, giovane studente siciliano di ingegneria dei materiali e fondatore di Kanèsis, ci ha comunicato di aver mantenuto la promessa che vi avevamo raccontato tempo fa. Ovvero quella di fare un primo passo verso un’industria più sostenibile grazie ad un materiale di derivazione vegetale, che può però competere con i materiali plastici, più costosi ed inquinanti.
Quali sono le caratteristiche?
La termoplastica, che ribadiamo deriva principalmente dagli scarti di lavorazione della canapa, ha le stesse proprietà della plastica petrolchimica; per fare un esempio, è simile al polipropilene (la plastica utilizzata per i tappi di bottiglia), ma è più leggera, oltre ad essere biodegradabile, compostabile, rigida e assolutamente 100% green. Inoltre, cosa da non sottovalutare, ha anche una buona elasticità.
Come può essere utilizzata?
E’ l’ideale per essere utilizzata nell’innovativo sistema della stampa 3D. Prima di creare questo materiale abbiamo infatti realizzato una ricerca di mercato. Se la materia più acquistata è risultata appunto essere la plastica, all’interno di questo mercato, la fetta che cresce più velocemente è proprio quella delle plastiche per la stampa 3D. In questo settore attualmente si utilizza per il 95% una plastica biodegradabile chiamata PLA (acido polilattico) che ha un prezzo molto più elevato della plastica petrolchimica, intorno ai 5 euro al chilo. L’ulteriore vantaggio del nostro prodotto, oltre a quelli di essere di origine vegetale, e che secondo i nostri prospetti potremo proporlo ad un prezzo molto vantaggioso rispetto al PLA e cioè circa la metà, ovvero 2,5 euro al chilogrammo, in un mercato in cui, per i volumi di merce trattata che equivalgono a milioni di tonnellate, anche solo 10 centesimi di differenza su un chilo significano moltissimi soldi per un’azienda.
Avete già avuto contatti con aziende?
Stiamo interloquendo con alcune aziende. La cosa interessate è che, a livello europeo, alcune norme obbligheranno in questo 2015 diverse aziende, in particolare nel settore automobilistico, ad aumentare la percentuale utilizzata nei propri prodotti di bio-plastiche derivate da elementi naturali, il che rappresenta per noi un’enorme opportunità.
Trova impiego anche in altri settori?
Si può utilizzare, ad esempio, per il confezionamento di prodotti alimentari e simili. Il costo è anche in questo caso concorrenziale rispetto al polipropilene (circa 1,8 euro al chilogrammo) e ha molti vantaggi. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) , ha già riscontrato che la plastica a contatto con alimenti e liquidi, può rilasciare sostanze tossiche. Ad esempio nel 2011 sono stati vietati i biberon in policarbonato perché, a variazione di temperatura, potevano rilasciare diossina nelle bevande contenute. In quanto al PET (il polietilene tereftalato, la plastica usata comunemente per le bottiglie contenenti acqua e altre bevande, ndr), si è stabilito che abbia un utilizzo massimo di 18 mesi, poiché a variazione di temperatura o in presenza di raggi UV può rilasciare sostanze tossiche negli alimenti. Capita di trovare al supermercato offerte di acqua in bottiglia: in scadenza è il contenitore e non l’acqua in sé. Problema che non si pone con la bio-plastica.
Mario Catania