Abbiamo tutte le carte in regola per continuare a crescere, a maggior ragione se pensiamo che uno dei nostri concorrenti a livello mondiale per il mercato della canapa e dei suoi derivati è proprio il Canada. Anche chi non si sia mai avvicinato all’agricoltura, può facilmente immaginare come il sole, la terra e le caratteristiche climatiche che rendono il nostro Paese come il luogo ideale per coltivare la nobile pianta di canapa, siano la base che nei secoli passati ha portato la nostra canapa ad essere considerata la migliore al mondo per qualità. Senza dimenticare il valore aggiunto del made in Italy che può rappresentare una spinta non da poco nell’ottica delle sfide che la rinascita di una filiera della canapa nostrana può offrire in tutti i settori di produzione.
In Canada, come del resto in Italia, la filiera che per prima si è sviluppata è quella della canapa alimentare. Nei primi quattro mesi del 2015 il Canada ha esportato 34 milioni di dollari di semi e olio di canapa, ed è quindi sulla buona strada per superare i 48 milioni dollari esportati nel 2014 e già in crescita rispetto ai 12 milioni di dollari esportati nel 2011.
Per soddisfare la crescente domanda di prodotti alimentari derivati dalla canapa, a Winnipeg, capitale della regione canadese di Manitoba è in fase di costruzione un impianto di trasformazione da 14 milioni dollari per triplicare la propria capacità produttiva. E qui si tocca il tasto dolente che differenzia realmente la politica industriale del Canada da quella italiana relativamente alla canapa: l’appoggio delle istituzioni ai progetti, la qualità e la lungimiranza dei progetti stessi, oltre naturalmente ai finanziamenti pubblici e privati.
In Canada la coltivazione di canapa è tornata legale nel 1998, praticamente come in Italia, con la differenza che a livello di coltivazioni in questo 2015 il Canada dovrebbe superare i 35mila ettari di coltivazioni di canapa, per puntare ai 60mila ettari il 2018. Da noi non ci sono stime precise, ma sicuramente nel 2016 non sono stati superati i 3mila ettari di coltivazioni. E qui sta l’altra grande differenza tra i due Paesi: il Canada ha saputo sfruttare al meglio la propria condizione, soprattutto se si pensa che ancora oggi negli Stati Uniti è illegale coltivare canapa per scopi industriali, a parte qualche stato in cui sono stati avviati progetti sperimentali insieme ad Università ed altri enti di ricerca. Noi invece dopo 17 anni siamo ancora in attesa di una legge unica di settore, che possa dare certezze a produttori e consumatori e di politiche mirate al ripristino di una coltura dal forte valore tradizionale, ambientale, economico e produttivo.
Intanto, mentre negli Stati Uniti è in discussione un progetto di legge che ponga fine al divieto federale di coltivazione di canapa industriale, il Canada sta spingendo sugli altri settori produttivi come quello della canapa da fibra o della bioedilizia. Abbiamo tutte le carte in regola per affrontare le sfide future, tenendo bene a mente una cosa: con delle politiche serie, degli investimenti mirati e tutta la buona volontà e l’esperienza che i canapicoltori italiani hanno già ampiamente dimostrato, chi, avendo canapa nata nel Paese del sole, potrebbe avere paura della canapa canadese?
Mario Catania