Il lungo percorso della nuova legge sulla canapa industriale iniziato con le audizioni alla camera dei deputati di associazioni ed esperti di settore ha avuto un primo epilogo con l’approvazione del testo definitivo in commissione Agricoltura (QUI il testo definitivo). Ora il prossimo passaggio sarà quello in Senato e, se non verranno fatte ulteriore modifiche, è possibile che la legge venga promulgata definitivamente entro dicembre.
Il testo approvato è un’unificazione di quattro precedenti proposte, che erano state presentate da Loredana Lupo (Movimento 5 Stelle), Adriano Zaccagnini (Sel), Nicodemo Oliverio (Pd) e Dorina Bianchi (Area Popolare). Noi ne abbiamo parlato con Loredana Lupo, deputato del M5S, agronomo e prima firmataria del progetto di legge.
Ha detto che non si tratta solo dell’approvazione di una legge, ma di una vera e propria rivoluzione…
E’ una rivoluzione più che altro culturale: le persone devono ricominciare a pensare in un altro modo. Sembra una cosa piccola, ma si tratta di una rivoluzione di pensiero, una strada alternativa e soprattutto ecosostenibile, con un modello diverso da quello che c’è stato fino ad oggi.
Quali sono i punti forti della legge nell’ottica di rilanciare una filiera moderna della canapa italiana?
Intanto il fatto che ci sia una dotazione economica che è di 700mila euro l’anno che servono innanzitutto per la filiera e la trasformazione. Fino ad oggi erano presenti solo due impianti di prima trasformazione a Torino e in provincia di Taranto. In principio la proposta era diversa: io avevo pensato a 5 impianti pilota, ora è stata modificata e in teoria ogni territorio avrà la possibilità di potersi dotare di un proprio impianto se riescono a sfruttare bene le risorse disponibili. La cosa importante è dare la possibilità di farlo a chiunque ne abbia l’intenzione, perché se no si rischiava di creare un monopolio, che, al di là del fatto che fosse gestito nel migliore dei modi doveva invece essere una possibilità per tutti. Questo serve a far sviluppare una filiera che cresca sempre di più, anche perché essendo stati dei grandi produttori di canapa – eravamo arrivati a produrre in Italia circa 90mila ettari nel ‘900 quando oggi in tutti il mondo ne vengono coltivati 85mila – la cosa fa molto riflettere. Ai tempi fu dismessa sia per motivi tecnici come l’assenza di industrializzazione della lavorazione, che per una questione lobbistica.
Quali altri errori abbiamo fatto?
Con il fatto che la canapa è stata dismessa si sono perse le varietà locali e qui si dovrà lavorare parecchio soprattutto al sud visto che ci sono molte problematiche relative alle sementi sia per la disponibilità stessa dei semi, che per l’adattabilità degli stessi in questi territori. Inoltre il fatto di aver mirato ad avere livelli di THC pari allo zero si è rivelato un problema perché il THC è legato anche alla resistenza della pianta e quindi l’oscillazione che siamo arrivati ad avere nell’atto in cui si va a fare un controllo in campo può essere un problema.
Per questo sono stati riscritti gli articoli sui controlli ed è stato aumentato il livello di THC?
Ci sarebbe piaciuto portarlo all’1% invece che allo 0,6% ma il pregiudizio su questa pianta è altissimo. Una delle cose che ci hanno sempre segnalato gli agricoltori è quella di essere stati molto vessati dai controlli. Spesso questi controlli venivano effettuati non in maniera del tutto corretta anche perché il livello di THC cambia molto all’interno del campo. Ad esempio a volte le piante venivano prese dai lati del campo, non considerando che la piante in bordura possono avere livelli di THC più alti per l’esposizione e gli elementi nutritivi, diversi da quelli di una pianta al centro del campo. Da questo punto di vista abbiamo lavorato bene aumentando il limite di THC da 0,2 a 0,6%, aggiungendo il fatto che sarà solo il corpo forestale ad effettuare questi controlli con un vademecum ben specificato e con la possibilità per l’agricoltore di tenere un campione e di poter fare una contro-analisi.
Quindi magari si eviteranno esperienze come quella recente che ha portato all’arresto e alla detenzione per 21 giorni di coltivatore?
Esattamente. L’obiettivo era proprio questo: far passare il canapicoltore non come un produttore di stupefacenti ma come un coltivatore di una pianta di natura industriale che non deve temere nulla. Non è concepibile che gli agricoltori fossero spaventati quando l’obiettivo comune dovrebbe essere proprio quello di trovare specie sostenibili, biodegradabili e riadattare il sistema di produzione.
Abbiamo avuto delle lamentele da parte di alcuni agricoltori perché dall’ultima versione del testo, nell’articolo dedicato alla liceità della coltivazione, non è più specificata la produzione di fiori e foglie…
Sì lo so. A questo proposito abbiamo prodotto un ordine del giorno per tentare di far capire al governo l’importanza delle infiorescenze. Abbiamo lottato fino all’ultimo da questo punto di vista ma ci sono stati diversi problemi. Come quello in generale del campo erboristico (in erboristica, relativamente alla cannabis è possibile solo il trattamento dei semi, ndr) che andrebbe normato nuovamente. Noi stiamo tentando di fare una risoluzione per aggiustare una normativa internazionale e nazionale, ci stiamo provando e al momento ci spiace perché avremmo voluto aprire anche al campo erboristico.
E per quanto riguarda l’estrazione di CBD?
Da quel punto di vista non è la commissione Agricoltura che potrà dare l’avvallo ma la commissione Affari sociali: ci sono un paio di proposte di legge con le quali stiamo tentando di smuovere la situazione ma non sarà una cosa immediata. Spesso il problema non è di natura tecnica, ma culturale.
Cosa dobbiamo aspettarci dal passaggio in Senato?
E’ una legge di 10 articoli che finalmente dà una normativa di riferimento dopo tanto tempo e che darà respiro al settore, che è quello che ci interessava. E’ stata veramente una fatica enorme. Molto spesso ci siamo scontrati con colleghi che, non essendo dei tecnici, continuavano ad essere reticenti sull’argomento. E’ stata una bella lotta anche solo metterla in commissione. Normalmente quando si fa una legge è difficile che all’interno della stessa legislatura una legge venga trattata e approvata. In questo momento manca soltanto un piccolo passaggio al Senato, che un po’ mi spaventa, ma se tutto va come deve andare e non viene deciso di mettersi di traverso politicamente potrebbe essere promulgata entro dicembre.
Mario Catania