La versione definitiva della legge sulla canapa industriale è stata approvata alla Camera dei deputati. Sicuramente un buon risultato per tutto il settore con norme più chiare sui controlli, la previsione di finanziamenti per rilanciare la filiera e l’aumento del THC allo 0,6%. Dalla versione precedente del testo è stato però eliminato un articolo che ha fatto storcere il naso a non pochi agricoltori. Dall’articolo 2 infatti, quello sulla liceità della coltivazione, è stato eliminato il comma numero 2 che prevedeva “la produzione di infiorescenze fresche ed essiccate per scopo floreale ed erboristico”.
Ne avevamo parlato con l’esperto di settore Valerio Zucchini, che ci aveva raccontato che: “Il punto critico è l’articolo sulla liceità di coltivazione dal quale è stata tolta la produzione di foglie e fiori allo stato verde e secco. Se io prima potevo coltivarla per vendere foglie e fiori all’estero o alle case farmaceutiche in grado di estrarre i principi attivi, oggi direi che non lo posso più fare. In erboristeria, attualmente, nell’elenco delle erbe ammesse per trattarne foglie e fiori, la cannabis sativa è compresa solo per i semi. Quindi, quando la legge sarà approvata, io non avrò spazi per poterlo fare: lo trovo incredibile. Secondo me è una pressione delle case farmaceutiche, una spinta lobbistica per riuscire a gestire tutti i principi attivi della canapa. Se è ammissibile che i principi attivi vengano trattati dai laboratori, non si vede perché io non possa vendere i fiori e le foglie di una canapa perfettamente legale a qualcuno che le tratti, che sia un laboratorio o un’altra struttura e che li trasformerà nei termini di legge”. Per un piccolo coltivatore di canapa infatti, vendere le foglie ed i fiori, dopo aver ad esempio raccolto il seme, può rappresentare un introito in più e Zucchini non è stato l’unico a pensarla in questo modo. Bisogna però specificare che nell’ultima versione della legge non è presente nessuna limitazione o divieto, non c’è scritto nulla in merito.
Noi ne avevamo chiesto conto all’onorevole Loredana Lupo del M5S, prima firmataria del progetto di legge, che aveva ammesso il problema spiegando che: “A questo proposito abbiamo prodotto un ordine del giorno per tentare di far capire al governo l’importanza delle infiorescenze. Abbiamo lottato fino all’ultimo da questo punto di vista ma ci sono stati diversi problemi. Come quello in generale del campo erboristico (in erboristica, relativamente alla cannabis è possibile solo il trattamento dei semi, ndr) che andrebbe normato nuovamente. Noi stiamo tentando di fare una risoluzione per aggiustare una normativa internazionale e nazionale, ci stiamo provando e al momento ci spiace perché avremmo voluto aprire anche al campo erboristico”. A questo proposito alcuni esponenti del settore hanno inviato una lettera aperta ai 4 parlamentari autori delle diverse proposte di legge sulla canapa che sono poi state unificate nel testo approvato. Tra i primi firmatari Gianpaolo Grassi, primo ricercatore del CRA-CIN di Rovigo, Beppe Croce, responsabile agricoltura Legambiente e direttore Chimica Verde bionet, Alessandro Bozzini, presidente AGRFOR (Agronomi e Forestali senza Frontiere) e Giovanni Appendino, Professore Ordinario di Chimica Organica, Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università del Piemonte Orientale.
Qui sotto il testo della lettera inviata di recente ai parlamentari oltre che ai presidenti delle commissioni Agricoltura, Affari Sociali e Ambiente.
“Onorevoli deputati,
ci rivolgiamo a voi in quanto promotori del ddl “Norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera agroalimentare della canapa”. Dichiariamo apprezzamento per il lavoro da voi fin qui compiuto per questa legge che potrebbe finalmente reintrodurre a pieno titolo la canapa negli ordinamenti colturali e nelle filiere agroindustriali italiane. Segnaliamo tuttavia una menomazione del provvedimento, avvenuta con gli emendamenti accolti l’8 ottobre scorso. E’ stata infatti depennata dall’elenco di prodotti che si possono ottenere dalla coltivazione della canapa (art.2, comma 2) “la produzione di infiorescenze, fresche ed essiccate per scopo floreale o erboristico”. Tale cancellazione ci risulta incongrua non solo con lo spirito della legge, ma con la normativa di altri Paesi europei e con quella relativa ad altre colture e rischia di restringere la sostenibilità ambientale ed economica della coltura. Le infiorescenze della canapa coprono infatti quasi un terzo dell’intero stelo della pianta e anche nelle varietà conformi alla legislazione europea, con THC inferiore allo 0,2%, concentrano oltre al seme, le molecole a più alto valore aggiunto della pianta: flavonoidi, terpenoidi, acidi grassi, altri cannabinoidi, ecc. Riservare esclusivamente alle aziende farmaceutiche questo patrimonio di molecole che possono trovare applicazioni in svariati campi, dalla cosmesi all’alimentazione, ci sembra del tutto contrario a una logica di uso efficiente delle risorse. Se la preoccupazione del legislatore è legata al fatto che alcune di queste sostanze possono trovare importanti impieghi anche in campo farmacologico, ci sembra sufficiente esplicitare i limiti di concentrazione per la libera coltivazione anziché depennare tout court il loro uso. Del resto non ci risulta che analoghe restrizioni siano state adottate per le parti di altre specie contenenti principi attivi di forte interesse farmacologico, quali ad es. la buccia degli acini di vite da cui si può estrarre il resveratrolo o la radice e il rizoma della curcuma da cui si estrae la curcumina o il peperoncino da cui si estrae la capsaicina. Vi raccomandiamo pertanto di rivedere questo aspetto prima che si concluda definitivamente l’iter di approvazione della legge, onde disporre finalmente di un testo di legge chiaro ed evitare che ancora una volta i coltivatori italiani di canapa risultino penalizzati rispetto ai loro colleghi di altri Paesi dell’Unione Europea”.
Mario Catania