“Sono nato nella canapa, letteralmente, nel senso che sono nato in casa, in un letto con lenzuola di canapa. Mia madre, così come i miei nonni, lavorava questa pianta e io ho il ricordo degli attrezzi per la canapa ed in particolare del telaio che si utilizzava per tessere le fibre”.
Olver Zaccanti (nella foto) racconta così i sui primi ricordi riguardo alla canapa. Lui che da oltre 20 è socio attivo e tecnico di ANAB (Associazione Nazionale Architettura Biologica, che ha portato in Italia la “bioedilizia”), vede i contadini capaci di valorizzare le colture come vero perno dello sviluppo della filiera della canapa nostrana. Nel 2009 ha progettato e realizzato la prima casa interamente in canapa e calce in Italia e dal 2009 al 2012, ha promosso ed è stato il coordinatore per l’Italia del programma della Unione Europea denominato “INATER Isolanti Naturali e Terra Cruda” (www.it.inater.net); oltre a nuovi progetti di cui vi racconteremo più avanti svolge attività di docenza e formazione in “Cantieri scuola” e “Seminari di approfondimento” su tecniche e materiali naturali.
Abbiamo approfittato della sua disponibilità per una chiacchierata che spazia dalle possibilità della bioedilizia alla necessità di utilizzare tutta la pianta di canapa nelle varie lavorazioni, “per mantenerne intatte le virtù, e fare in modo che non diventi una semplice coltura come le altre”
Lei è stato uno dei pionieri moderni della canapa, soprattutto per ciò che riguarda la bioedilizia…
Ho iniziato a studiare le virtù della canapa in edilizia – il termine bioedilizia non mi piace, bisognerebbe superarlo parlando di edilizia di qualità – in tempi non sospetti, intorno ai primi anni 2000 in Francia, Bretagna e Belgio. Nel 2002 abbiamo tenuto i primi convegni a Modena con la Provincia e la Camera di Commercio sull’utilizzo in edilizia dei materiali naturali e, nel 2008, ho progettato la prima casa, costruita poi nel 2009/10, interamente in canapa e calce in Italia, a San Giovanni in Persiceto (BO). Non è un edificio “passivo” ma è in classe energetica A e non è collegato alla rete del gas metano, che in pianura padana non è poco. A distanza di 5 anni dalla costruzione due famiglie la abitano e sono molto soddisfatte della scelta per il comfort degli ambienti sia in inverno, che in estate.
Avete poi realizzato altri progetti?
I progetti e le realizzazioni effettuate con la canapa (sia con canapulo e calce, che con pannelli in fibra di canapa) durante questi anni sono numerosi, uno dei più importanti è stata la ristrutturazione con riqualificazione energetica di un edificio di una cooperativa sociale dove lavorano ragazzi autistici e down. Li abbiamo coinvolti nel progetto e abbiamo realizzato il “cappotto interno” con canapa e calce facendoci aiutare dagli stessi ragazzi. Inoltre dal 2009, insieme ad ANAB, siamo stati protagonisti del progetto INATER’, di cui si può vedere ancora il sito www.inater.net, che si proponeva di diffondere i materiali naturali e le virtù costruttive della canapa e della calce, insieme ad un gruppo di architetti e formatori francesi e belgi. In Italia invece con ANAB ci dedichiamo per lo più al lavoro di ricerca e formazione con i “Seminari di Approfondimento” e “Cantieri Scuola” sia sulla canapa che su altri materiali naturali. Le doti della canapa unita alla calce possono aiutare a risolvere molti dei problemi che affliggono l’edilizia moderna, dall’isolamento alla creazione di processi sostenibili in edilizia, settore fra i più “inquinanti”. Vi sono poi altri progetti attualmente in corso, soprattutto nell’area della ricostruzione post-sisma in Emilia.
E’ un materiale che anche in Italia è sempre più utilizzato, come lo vede nel futuro?
La prima casa in Italia nel 2009/10 ha vinto il 1° premio “Ortofabbrica-GreenEconomy” nel 2010. E’ stata realizzata con materiali e artigiani provenienti dalla Bretagna (non proprio a km zero), ma in Italia non si conosceva neppure l’esistenza di tale tecnica costruttiva e nel settore ci si è accorti delle proprietà e delle sue potenzialità e diversi operatori si sono adoperati per sviluppare prodotti e materiali a base di canapa.
Occorre precisare una cosa molto importante. La miscela di canapa e calce è un composto semplice da realizzare, ma per la quale bisogna utilizzare i giusti materiali. Ad esempio non vanno utilizzati componenti cementizi o leganti non naturali perché le performance del materiale in opera poi possono essere assai diverse e conseguentemente il grado di comfort dell’edificio sarà sostanzialmente differente. Il pericolo è che usando materiali impropri o non idonei, miscelati con la canapa, possano poi crearsi problemi di insufficiente traspirabilità, condense e condensazioni interne, ecc. che certamente non risulterebbero idonee al comfort abitativo e non farebbero una buona pubblicità al sistema costruttivo con la canapa, anche se non sarebbe per nulla “colpa della canapa” ma del suo errato utilizzo.
E poi in Italia occorre utilizzare canapulo di canapa coltivata e lavorata nel nostro paese, altrimenti che senso ha parlare di edilizia a km zero? E’ stato detto che il canapulo prodotto in Italia non andrebbe bene perché “non certificato”. A parte che nel caso francese si tratta di “autocertificazione del produttore”, domando: come si fa a certificare un prodotto di una pianta che a secondo del luogo in cui nasce e si sviluppa e le condizioni climatiche fanno si che ogni anno vi sono produzioni fortemente differenti? L’altra accusa sarebbe che il canapulo Italiano sarebbe “troppo poco pulito”, e quindi con presenza di fibra. Per la mia esperienza la fibra – non troppa – non fa male alla miscela di canapa e calce, anzi. Conosco addirittura aziende francesi che non separano il canapulo dalla fibra prima di miscelarlo con la calce. Ad ogni modo mi sento di sponsorizzare il canapulo e la fibra prodotti con canapa italiana, pari o nettamente migliore per qualità rispetto a quelli francesi, come del resto è anche la coltura da cui si ricava; in genere le piante cresciute in Italia sono molto più resistenti e tenaci di quelle di altri paesi Europei, lo dice anche la storia della canapa.
E’ il materiale da costruzione del futuro?
Credo sia un ottimo materiale e soprattutto un’ottima opportunità per il settore edile che deve assolutamente evolversi e migliorare. Quindi la canapa non solo dal punto di vista della nutraceutica, farmaceutica, settori nei quali si stanno affacciando molte giovani realtà, oppure in quelli “storici” carta-imballaggi, tessile, bioplastiche, ecc. E’ però necessario guardare sempre alla pianta nel suo insieme e pensare all’intera filiera. Non occorrono a mio parere grandi estensioni di poche proprietà, anche perché si rischierebbe un monopolio; sarebbe molto meglio che la canapa entrasse nelle rotazioni colturali delle normali aziende agricole che potrebbero valorizzare le loro produzioni. Il secondo passaggio necessario sono i trasformatori, come in ogni settore e il terzo i consumatori che devono chiedere i prodotti realizzati con la canapa italiana e preferirli agli altri anche per il beneficio ambientale diretti che si hanno utilizzandoli: se non si ha questa consapevolezza il mercato farà molta fatica a svilupparsi. Solo così il sistema può funzionare dando alla canapa il valore che merita, come ha avuto nella storia dell’uomo. Per l’edilizia, non solo per la “bioedilizia”, è un ottima opportunità. Infatti se per costruire o meglio ancora per recuperare, restaurare, riqualificare, riammodernare, ristrutturare l’enorme patrimonio edilizio esistente, spesso obsoleto, energivoro, insicuro e poco confortevole che abbiamo si utilizzasse la canapa, si avrebbe un notevole abbassamento dell’impatto ambientale del settore edile (oggi uno dei più alti) con una notevole riduzione della CO2 (come è noto un muro di canapa contiene al suo interno molta più CO2 di quella prodotta durante la sua realizzazione) produzione di ossigeno e possibilità di miglioramento del settore dell’agricoltura di qualità, a cui l nostro Paese deve aspirare.
Abbiamo coniato questo slogan: edilizia sostenibile = 0+0+0+0 e cioè: a km zero, a impatto ambientale zero, a rifiuti zero, a consumi zero ed alto comfort. E’ indispensabile però che le agevolazioni sulle ristrutturazioni e riqualificazione energetica tengano conto non solo del risparmio energetico che si avrà nell’edificio oggetto dei lavori ma anche dei consumi e dell’effetto ambientale che hanno taluni materiali durante la produzione e dismissione. Mi riferisco in particolare a quelli che se venisse esaminato l’intero ciclo di vita si potrebbe scoprire che sono “fortemente energivori”, produttori di CO2, dissipatori di materie prime non rinnovabili. Ne vale la pena? Non forse è meglio usare la canapa?
Molti indicano nell’assenza di centri di trasformazione il problema cruciale, secondo lei?
Secondo me è un falso problema, anche perché le macchine per la trasformazione della canapa ci sono già, quello che manca sono gli investimenti. Il perno è lo sviluppo di una vera “agricoltura di qualità” imperniata sull’azienda agricola (biologica o biodinamica) che è anche sentinella nella salvaguardia dell’ambiente e non dell’agricoltura come mero investimento finanziario, che sfrutta una coltura e terreni finché rendono per poi passare ad altre colture o attività. Si può pensare alla costituzione di cooperative o consorzi affinché i macchinari vengano acquistati e si possa procedere alla lavorazione della canapa direttamente in loco. Insomma delle “filiere corte” (regionali, provinciali, locali), come del resto erano i “canapai” in Emila sino al primo dopoguerra e come sono ancora tutt’ora in alcuni casi i centri di trasformazione di altri prodotti agricoli (cantine sociali, caseifici, oleifici, ecc. ). Se veramente vogliamo un nuovo sviluppo della canapa in Italia dobbiamo favorire la massima diffusione di tutte le fasi della filiera. Ma soprattutto non si può produrre canapa per bruciarla o per produrre energia, sarebbe la fine del ‘nuovo rinascimento’ della canapa”.
Mario Catania