Erano i primi anni 2000 quando Giacomo Masioli, insieme al socio Massimiliano Spinelli, pensò di creare un posto dove la canapa potesse far bella mostra di sé e delle sue molteplici virtù tramite un parte di quelle migliaia di prodotti che si possono ottenere lavorandola. Ci troviamo in Emilia Romagna, la Regione italiana in cui probabilmente la canapa è stata coltivata di più: l’anno scorso in tutta Italia sono stati coltivati circa 3mila ettari di canapa; agli inizi del 1900, a Ferrara e provincia, se ne coltivavano 30mila, altri 11mila a Bologna, 2400 a Modena e 1800 a Ravenna (la seconda Regione italiana era la Campania con i 15.800 di Caserta e gli 11.800 di Napoli). Ed erano gli anni in cui, per la mala interpretazione della legge antidroga, solo nel 1998 arrivò la circolare del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali contente disposizioni relative alla coltivazione della Cannabis sativa, integrata poi della circolare n.1 dell’ 8 maggio2002. Ma è proprio la tradizione locale ed il ricordo dei nonni che coltivavano questa pianta dai mille usi, ad aver acceso la scintilla che ha portato alla nascita di Bottega della Canapa nel 2003, il primo franchising interamente dedicato a questa pianta presente oggi a Cesena, Bologna, Ferrara e Faenza (RA).
Come è nata quest’idea nel 2003?
E’ iniziato tutto nel 2002 e in Italia di canapa ancora se ne parlava poco. In realtà in Emilia Romagna c’era una grande tradizione legata a questa pianta: ad esempio i miei nonni in campagna coltivavano diversi ettari e avevano i telai per filarla. Quindi l’idea era di riportare questa pianta in Romagna ma con una veste moderna. Siamo andati in Germania e in giro per l’Europa sia a visitare fiere di settore che a conoscere aziende che già la lavoravano e così sono nate le prime collaborazioni.
E da lì è partito tutto…
Sì, con passione e chiaramente tanta voglia di fare partendo dal punto di vista che secondo noi, proprio per la grande tradizione, ci sarebbe potuto essere l’interesse di riabbracciare questa pianta ed i prodotti che ne possono derivare. All’inizio siamo partiti dall’abbigliamento perché in passato il prodotto con il più alto valore aggiunto era sicuramente la fibra tessile ed era quindi anche un prodotto già conosciuto. Poi da lì abbiamo continuato ad indagarne i vari aspetti positivi, come l’incredibile valore nutrizionale dei semi e dei derivati alimentari e di conseguenza abbiamo legato un discorso legato a cibo e poi cosmesi e prodotti per il corpo. Io ad esempio nel mio piccolo ho sempre avuto problemi legati ai prodotti chimici per il corpo che mi davano fastidio e quindi la scelta di realizzare la linea di cosmetica è partita anche per questo motivo.
A differenza del tessile che, non producendo fibra in Italia, è d’importazione, le linee cosmetiche e alimentari che proponete sono creata da voi?
Anche l’abbigliamento è una linea nostra, che però viene realizzata fuori dall’Italia. Mentre appunto la cosmetica e la linea alimentare sono creati con delle ricette nostre e realizzate qui in Emilia Romagna da aziende del territorio che fanno prodotti biologici in modo artigianale.
Dai primi passi sono passati ormai 15 anni, che bilancio fai in generale?
La situazione in Italia si sta finalmente muovendo a livello governativo, come già successo in altri Paesi europei (il riferimento è alla legge per promuovere la filiera della canapa industriale in discussione al Senato, ndr). Però siamo ancora indietro. Se mi guardo indietro sicuramente oggi se ne parla di più e quindi c’è anche più sensibilità ma a livello per esempio di abbigliamento ho forse meno competitori di prima; probabilmente credere nella canapa, come azienda, è più difficile o forse per alcuni di settori di produzione si devono affrontare degli investimenti troppo elevati e per periodi medio lunghi; comunque quando siamo partiti c’erano sicuramente più aziende che trattavano prodotti in canapa come facciamo noi rispetto ad oggi.
Quindi paradossalmente sono diminuiti i concorrenti?
Sì. Quando andavo al SANA in fiera a Bologna c’erano almeno altre 5 realtà che vendevano abbigliamento. Oggi siamo noi e pochi altri. Forse perché il ministero non ha ancora chiarito il da farsi e quindi siccome ad esempio per l’abbigliamento bisogna investire parecchio, probabilmente si è tutti in attesa di più certezze.
Sicuramente il problema è che a parte il settore alimentare e quello della bioediliza, non abbiamo al momento chiuso altre filiere di produzione…
Sarebbe ora di smuovere le cose per creare una bella filiera tessile e fare tessuti di canapa con taglie modelli made in Italy.
Unendo la qualità della fibra italiana a quella della moda rinomata in tutto il mondo, credi che sia una cosa fattibile? E in che tempi?
Secondo me è una cosa da fare da qui a dieci anni. Se ci sono imprenditori e istituzioni che collaborano si riesce a creare una bella filiera e probabilmente a vendere anche bene. Un altro settore sul quale secondo me vale la pena puntare è sicuramente quello delle bioplastiche per esempio. Alla Indica Sativa Trade ho visto i ragazzi di Kanèsis che hanno creato il filamento con la canapa per la stampa 3D che è una cosa che mi ha colpito molto. Oltre a recuperare terreni incolti e far del bene all’ambiente coltivandola, si possono creare moltissimi posti di lavoro dalle varie filiere che si possono attivare.
E guardando al futuro?
Il futuro lo vedo roseo semplicemente perché penso che chi è in questo settore, come in quello del biologico in generale, possa solo crescere, perché comunque in Italia la consapevolezza è ancora molto bassa e quindi sempre più presone si convinceranno dei benefici di questa pianta.
E voi che progetti avete?
Ci piacerebbe unirci trovando altre aziende che possano avere idee comuni perché pensiamo che per crescere in un certo modo bisogna coalizzarsi, ognuno con le proprie capacità. E poi andremo avanti con quello che stiamo facendo: allargheremo un po’ le linee con più prodotti alimentari e per il corpo e cercheremo di far conoscere i nostri prodotti anche all’estero perché sicuramente i prodotti di qualità e made in Italy fanno gola. Il livello di gradimento verso i nostri prodotti, grazie anche al mercato online, è in continua crescita e stiamo ottenendo discreti risultati in termini di vendita e di soddisfazione della nostra clientela. Non torneremo indietro: con tutti i problemi che abbiamo avuto in passato e con le difficoltà che abbiamo dovuto superare negli anni bui a cui speriamo di aver voltato le spalle, guardiamo al futuro lasciando stimolare dalle persone creando problemi che possano soddisfare anche qualche problema come la celiachia o qualche problema alla pelle, sapendo che proporre questo stile di vita non può che fare bene a tutti quanti. Visto che siamo tutti sulla stessa barca, vale la pena spendere qualcosa in più per prodotti di qualità, piuttosto che risparmiare acquistando prodotti scarsi che magari sono prodotti con metodi discutibili e largo uso di pesticidi e diserbanti con i danni ambientali che ne derivano e vanno sulle spalle di quelle persone che quei prodotti non li acquistano nemmeno.
Mario Catania