ENEA: “La canapa può portare nuova occupazione”

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enea-canapaLa canapa come isolante “migliora l’isolamento termico del laterizio, attenuando di circa il 30% il flusso termico e diminuendo del 20% la trasmittanza termica”. E’ uno dei risultati del recente studio effettuato dal centro ricerche ENEA di Brindisi che ha portato avanti il progetto Effedil. Sempre secondo lo studio, la canapa come isolante in bioediliza fa “diminuire del 20% la trasmittanza termica, vale a dire la facilità con cui un materiale si lascia attraversare dal calore. Inoltre la canapa ha una buona permeabilità al vapore acqueo, permettendo così di evitare la formazione di condensa”.
Abbiamo contattato la dottoressa Vincenza Luprano dell’ENEA per saperne di più riguardo alle attività di ricerca che l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile sta svolgendo sulla canapa

Nel progetto Effedil la canapa è stata studiata solo come isolante?
Uno degli obiettivi del nostro progetto era quello di mettere a punto un materiale di origine vegetale, prodotto localmente, da utilizzare come riempimento di laterizi per migliorarne le prestazioni energetiche sia dal punto di vista termico, che della traspirabilità, affinché potesse essere usato in ambienti a clima mediterraneo. Per questo abbiamo testato la canapa come isolante termico. Ne abbiamo comunque verificato in laboratorio le sue proprietà dal punto di vista di resistenza alla diffusione di funghi e muffe, di resistenza alla propagazione della fiamma e dal punto di vista acustico.

Quali altri studi avete fatto?
Nell’ambito del progetto, sono stati effettuati trattamenti con sostanze naturali, antimuffa e idrorepellenti in soluzioni acquose. Dopo l’immersione per 24 ore il materiale vegetale è stato essiccato a 40 °C per 96 ore.
I trattamenti chimici sulla fibra osservati al microscopio elettronico a scansione ad emissione di campo, non ne hanno alterato la morfologia, mentre con la tecnica di diffrazione dei raggi x, sono state rilevate alcune differenze sulla struttura che sono ancora allo studio.
Le prove di reazione con calorimetro a cono hanno evidenziato che la canapa trattata è in grado di ridurre la velocità di propagazione del fuoco in caso di incendio. Successivamente sono stati effettuati test sulla resistenza alle muffe che spesso causano il deterioramento del materiale isolante.
Per studiare la sensibilità e la resistenza delle fibre di canapa alla contaminazione da parte di funghi, alcuni materassini di canapa sono stati artificialmente contaminati con due diversi microrganismi fungini.
Per valutare gli effetti sulle caratteristiche termiche e di deterioramento biologico, chimico e meccanico, i cuscinetti sono stati sottoposti a cicli di invecchiamento accelerato in camera climatica. Con ottimi risultati dal punto di vista microbiologico.
Ciò che si evince dai test di invecchiamento in camera climatica è innanzitutto che le due tipologie di canapa trattata, rilasciano l’umidità in misura maggiore rispetto a quanto faccia la canapa non trattata, differenziandosi per la velocità di rilascio. Tale comportamento è da considerarsi favorevole, perché una maggiore velocità di rilascio dell’umidità da parte della canapa è sinonimo di maggiore traspirazione della stessa, con conseguente riduzione del rischio di trattenimento dell’umidità e, quindi, di condensazione interstiziale.  In buona sostanza i test di invecchiamento in camera climatica hanno evidenziato che colore, peso e apparenza del materiale rimane invariato.

Prevedete di fare altri studi sulle altre capacità di questo materiale in bioediliza?
Visti i risultati interessanti del progetto proseguiremo negli studi per esplorare altri utilizzi della canapa sempre in bioedilizia. Ci stiamo già attivando per scrivere altri progetti di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo con pmi locali.

Secondo dati recenti l’edilizia tradizionale incide per il 30/40% sulle emissioni totali di CO2. La filiera della canapa in bioediliza è invece completamente carbon negative, cioè, dalla coltivazione al prodotto finito viene “sequestrata” dall’ambiente più CO2 di quella che viene immessa. Pensa possa essere una valida soluzione per l’edilizia del futuro?
Credo che la ricerca si debba spingere sempre di più nel cercare di rendere i cicli produttivi, anche nel settore edile, più sostenibili. Inoltre è quanto mai importante procedere con la riqualificazione edilizia dei nostri edifici anni ’50/’60 che sono dei veri e proprio colabrodo dal punto di vista energetico. Non abbiamo alternative se vogliamo preservare il nostro pianeta da un eccessivo inquinamento. Sicuramente l’uso di materiali vegetali in edilizia può aiutare molto questo processo nell’intero ciclo di vita di un prodotto, dalla culla alla dismissione.

In passato l’oro verde di questa coltivazione era la fibra tessile, ma oggi in Italia non esistono impianti di filatura a umido della canapa, che, a livello tessile, viene prodotta in Cina ed est Europa. Come si pone l’ENEA rispetto alla canapa tessile? Con i giusti investimenti è una filiera sulla quale secondo lei è giusto puntare?
Noi come centro di Ricerca di Brindisi stiamo puntando allo studio dell’utilizzo della canapa nel settore edile, in particolare al settore della riqualificazione energetica. Non le nascondo che vediamo l’avvicinamento al settore tessile, anche per utilizzi in edilizia, molto interessante.

Ho letto che intendete creare una rete tra istituzioni, università, piccole e medie imprese locali e agricoltori, per aumentare il numero di occupati nella nostra terra e per migliorare la qualità della vita in maniera sostenibile. Quali saranno i primi passi concreti?
Come dicevo prima, ci stiamo adoperando per scrivere progetti di ricerca e sviluppo da sottoporre ai vari Ministeri (Sviluppo Economico e Ricerca Scientifica) e alla Regione Puglia, per cercare di creare una rete a livello locale che permetta un reale sviluppo del territorio. Un progetto di ricerca scritto insieme alle aziende, partendo dalle loro esigenze di mercato, ascoltando il parere delle associazioni di categoria, è sicuramente un buon legante per creare un rapporto di fiducia tra tutti gli attori dell‘innovazione ed inoltre permette ovviamente di ottenere delle agevolazioni fondamentali per tutti, in un momento di crisi come questo. Se poi il progetto ha successo è un passo in più verso l’innovazione dei prodotti, il che non può che portare nuova occupazione. Comunque stiamo finalizzando anche accordi con le varie parti sociali per svolgere attività di interesse pubblico in autofinanziamento. La strategia vincente per la ripresa di un territorio non può che passare dal lavorare insieme e confrontarsi sui vari temi di interesse.

Sono stati avviati inoltre dei processi di fitorimediazione con la canapa in diversi territori inquinati, come ad esempio nei dintorni dell’Ilva, e anche nelle vicinanze di Brindisi, ma uno dei problemi è la canapa utilizzata per le bonifiche, risulterebbe inutilizzabile ad andrebbe bruciata in inceneritori con filtri particolari. Ne siete a conoscenza? La canapa può essere adatta per la fitorimediazione? E come può essere utilizzata in seguito?
Questo è un punto di grande interesse per noi di Brindisi. Proprio per questo, studiare la capacità di fitorimediazione della canapa nelle bonifiche nei nostri terreni, sarà oggetto di una di quelle linee di ricerca per cui chiederemo un finanziamento. E ovviamente oltre a studiarne i meccanismi, andremo a valutarne anche i possibili utilizzi successivi e le eventuali criticità. Per svolgere questa attività al meglio, ci siamo già attivati a creare sinergia con colleghi ENEA di altri Centri.

 Mario Catania

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