Cannabis light: un giro da 44 milioni l’anno e 1000 posti di lavoro

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Un fatturato annuo di 44 milioni di euro, 960 posti di lavoro stabili e 6 milioni l’anno di entrate fiscali per lo Stato: sono i numeri del mercato che la cannabis light può creare in Italia, contenuti in uno studio preliminare molto recente.

Parliamo di fiori di canapa ottenuti da varietà di canapa assolutamente legali anche in Italia, che sono registrate e certificate a livello europeo e che, dopo la crescita esponenziale del mercato svizzero, sono approdate anche nel nostro Paese.

I numeri del possibile giro di affari che si potrebbe creare arrivano da uno studio di mercato commissionato da Easyjoint, brand italiano che produce e commercializza infiorescenze di canapa a basso livello di THC, che, proponendo sul mercato un prodotto che contribuisse alla normalizzazione della canapa in atto in tutto il mondo, grazie alle continue richieste in poco più di due mesi ne ha venduti circa 100mila barattoli con un fatturato di 600mila euro in pochi mesi. Ancora niente rispetto alle stime di ciò che potrebbe generare un mercato regolamentato che funzioni a regime. Almeno secondo le stime di Davide Fortin, ricercatore italiano e dottorando alla Sorbona, nonché collaboratore del Marijuana Policy Project, che ha svolto lo studio.

Secondo il ricercatore “con una resa media per ettaro tra i 5 ed i 10 quintali, un coltivatore potrà avere ricavi medi di 50mila euro per ettaro coltivato”, calcolando un prezzo minimo per le infiorescenze vendute dagli agricoltori di circa 100 euro al chilogrammo. “Questo giro d’affari”, spiega, “serve principalmente a coprire i costi della manodopera necessaria al raccolto e il rischio d’impresa tipico delle aziende agricole. Considerando quindi che l’investimento  iniziale non supera i 1000 euro ad ettaro – tra letto di semina, acquisto semi e controllo di qualità – i potenziali profitti per gli agricoltori che riusciranno a coltivare il prodotto sono davvero importanti, specialmente per quelle aziende agricole che riescono ad internalizzare i costi di raccolto all’interno del nucleo familiare”.

Complice il successo che questo tipo di infiorescenze stanno avendo sul mercato elvetico, dove le sigarette alla canapa in pacchetti come quelle dell cugine al tabacco vengono da poco distribuite anche nei supermercati, il fenomeno non sembra essere assolutamente una moda passeggera con una richiesta che sembra destinata a durare, visto che, nonostante i bassi livelli di THC, diversi prodotti contengono livelli di cannabionoidi non psicoattivi ma dalle diverse virtù terapeutiche.

Le prime due aziende che le hanno immesse sul mercato italiano sono Mary Moonlight ed Easy Joint, con packaging differenti ma sponsorizzando entrambe l’“alto” contenuto di CBD ed altri cannabinoidi nelle proprie infiorescenze e quello basso di THC, ma sulla stessa onda ne sono nate diverse.

Ad ogni modo entrambe le aziende hanno scelto produttori italiani, dando oggettivamente una mano agli agricoltori che possono dare in questo modo un nuovo valore alle infiorescenze, fino ad oggi bistrattate. Soprattutto dalla legge, visto che quella nazionale entrata in vigore a gennaio, non accenna nulla riguardo a questo prodotto della pianta. Dalla versione preliminare della legge infatti, durante l’iter di approvazione, l’articolo che doveva regolamentare questo prodotto è stato tolto. Quindi ad oggi non c’è nessun normativa. Fino a ieri le infiorescenze di canapa erano spesso vendute per farne tisane o per condire i cibi: le due aziende di cui abbiamo parlato sopra, oltre ad un’abile operazione di marketing, hanno probabilmente fatto capire a tutti che possano essere destinate anche ad altri utilizzi, nonostante per legge attuale debbano essere considerate come prodotto ad uso tecnico.

E qui sta l’intento politico e sociale dell’iniziativa: quello di “forzare” la legge, stando completamente all’interno della legalità ma mostrando in piccolo anche quali potrebbero essere gli effetti della legalizzazione. Tanto che i decreti attuativi della legge sulla canapa industriale, attesi per luglio, non sono ancora stati pubblicati, mentre è già stato richiesto un incontro al ministero dell’Agricoltura tramite contatti con i parlamentari per esporre la situazione e provare a tracciare gli sviluppi seguendo anche questo mercato, oltre alla necessità di stabilire i limiti di THC nei prodotti alimentari.

Mario Catania

 

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