Sono passati alcuni giorni da quando i Nas dei carabinieri, hanno prelevato dei campioni di cannabis light a marchio EasyJoint in diversi growshop italiani per verificare il livello di THC presente nelle infiorescenze.
L’operazione era stata raccontata da Luca Marola, amministratore dell’azienda, in un video in cui spiegava ciò che stava accadendo. “Da questa mattina i Nas su indicazione del ministero della Sanità hanno iniziato i controlli e la campionatura dei prodotti in numerosi negozi nostri rivenditori. L’obiettivo principale di tale visita ai rivenditori è l’analisi dell’effettivo valore di Thc presente nei prodotti EasyJoint che dev’essere, e lo abbiamo ribadito più volte, al di sotto dello o,2 per cento. L’obiezione vera e propria riguarda l’etichettatura del prodotto e le sue possibili destinazioni. Qui, sul modo di presentare l’infiorescenza di cannabis per la sua commercializzazione, si gioca l’intero progetto di provocazione istituzionale su cui si basa EasyJoint”.
Nei giorni successivi, commentando l’operazione con Giornalettismo, Marola ha puntualizzato che: “Benvengano i Nas, così togliamo dal dibattito l’incertezza sul livello di thc della cannabis light: il livello di thc è allo 0,2% e noi ovviamente prima di mettere in commercio delle infiorescenze di cannabis facciamo sempre le analisi e sappiamo che è inferiore. Però è giusto che venga certificato che sia come dichiariamo”.
Il riferimento allo 0,2% di THC è quello fissato dalla legge per le varietà di cannabis ad uso industriale. E’ vero che la legge italiana sulla canapa approvata di recente ha spostato il THC massimo allo 0,6%, ma nella legge si parla di infiorescenze in campo al momento dei controlli, e non fa riferimento al prodotto commercializzato. In realtà in tutto il testo di legge le infiorescenze non sono nominate: era presente un articolo nella prima bozza delle legge che però è stato eliminato prima dell’approvazione finale.
Tanto che nei giorni scorsi 7 deputati del M5S hanno presentato una risoluzione alle Commissioni Affari Sociali e Agricoltura di Montecitorio per consentire da subito l’uso floreale ed erboristico delle infiorescenze da canapa industriale.
Ed è proprio per insistere su questo punto che era nata EasyJoint, cercando di andare al di là del lato meramente commerciale per trasformare l’idea in un’operazione sociale che portasse alla piena accettazione delle infiorescenze dopo aver dimostrato che possono essere un valore aggiunto, e non da poco, per i canapicoltori italiani. “Abbiamo deciso, nell’ambiguità normativa dovuta alla rimozione del concetto stesso di infiorescenza, di prendere il fiore, l’infiorescenza, la cui commercializzazione non è esplicitamente proibita, e di metterla in commercio dandole un effettivo valore economico”, racconta infatti nel video.
“Speriamo che i Nas facciano presto”, ha puntualizzato a Giornalettismo, “così parliamo delle cose serie, ossia regolamentare un mercato che di fatto esiste già, sorretto da una filiera italiana della canapa composta da almeno 500 aziende ben distribuite su tutto il territorio nazionale, che producono canapa per molte destinazioni d’uso”.
Redazione canapaindustriale.it