I canapicoltori italiani sono in fermento dopo che il ministero della Salute ha presentato la bozza di decreto per regolamentare le soglie massime di THC contenute nei prodotti alimentari derivati dalla canapa.
Per il momento si tratta solo di una bozza ma sono diverse le criticità che sono state evidenziate dalle associazioni di categoria, in un dibattito che ha comunque coinvolto anche moltissimi agricoltori e canapicoltori italiani.
Sfruttando le nuove tecnologie come smartphone e social network, si sono ritrovati a decine per decidere come si potrebbe intervenire per cambiare la bozza e quali potrebbero essere le prossime mosse per dare vitalità alla filiera italiana. Noi ne abbiamo parlato con Andrea Spurio, coltivatore di canapa nonché fondatore del gruppo Facebook “Canapa Sativa Italia“, che raccoglie migliaia di utenti molti dei quali fanno del parte del settore della canapa italiana a vario titolo.
“Quello che noi stiamo facendo è un percorso parallelo a quello ufficiale, perché noi non siamo al tavolo del ministero”, racconta Spurio a canapaindustriale.it spiegando che: “Nasce tutto dal gruppo Facebook che riunisce diversi esperti ed operatori del settore ed è un gruppo molto attivo. Stanno nascendo diverse discussioni interessanti e parallelamente al gruppo Facebook ne è nato anche uno su WhatsApp“.
Dalla discussione, ancora in corso, “è stato creato un documento condiviso che stiamo creando tutti insieme e che consegneremo al ministero. Il concetto è che non ci si può fermare alla farina, all’olio ed ai semi, ma secondo noi tutta la pianta deve essere considerata alimento, con tutti i riferimenti normativi possibili e che sia inserita tra i prodotti erboristici”.
Una delle basi normative è che la commissione europea si è già espressa nel 1998 sulla birra (bevanda aromatizzata che senza l’uso di foglie ed infiorescenze non si può realizzare). “Quella risoluzione è molto particolare perché cita tutta la pianta senza considerarla un novel food e viene considerata alla stregua del luppolo”.
Uno degli altri usi non contemplati dalla bozza di legge, oltre a quello delle infiorescenze, potrebbe essere quello delle radici, attualmente sotto studio per le loro proprietà. “Stiamo discutendo perché sembra tutto fermo e gli operatori ufficiali hanno le nostre stesse posizioni ma non si muovono, oppure più semplicemente non trapela nulla”.
“Sui limiti di THC nell’olio bisogna dire che sono bassissimi. Forse lavorando bene e seguendo tutte le procedure alla lettera ci si potrebbe anche stare dentro, ma ad oggi molti dei prodotti italiani non rispetterebbero la normativa”.
Il momento è molto importante ed i canapicoltori italiani vorrebbero un maggior confronto con le associazioni di categoria e con le istituzioni. “Si parla tanto di filiera e poi quando ci sono le occasioni per poterla avviare davvero stiamo tutti fermi. E’ vero anche che siamo a fine legislatura e magari non accadrà nulla ma abbiamo ritenuto opportuno attivarci e far vedere che ci siamo”.
“Per promuovere questa discussione abbiamo pensato di promuovere un comitato focalizzato con questo obiettivo”, conclude Spurio. Si tratta del Comitato Nazionale Capana Sativa Italia Social Group nato proprio per richiedere che tutta la pianta, dalle radici ai fiori, sia considerata come alimento.
Mario Catania