Per una nuova filiera della canapa tessile: “Ci vuole testa, cuore e portafoglio”

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1 / Il tentativo di rilanciare la canapa tessile italiana

Quella che ci aveva reso primi al mondo per qualità della nostra canapa, era proprio la fibra, dalla quale si ottenevano ad esempio corde e vele per le navi, ma anche corredi per le spose, biancheria, tende e rivestimenti per materassi e poltrone. Le navi della famosa ed imbattibile flotta britannica avevano le vele realizzate in canapa italiana, così come l’Amerigo Vespucci, ancora oggi, per statuto deve avere le vele di canapa di Carmagnola. La stessa fibra tessile che in passato era considerata “oro verde”: un prodotto dal forte valore aggiunto lavorato in modo artigianale. La successiva diminuzione delle coltivazioni ha purtroppo impedito, tra le altre cose, anche il passaggio da una lavorazione artigianale a quella industriale meccanizzando i processi di lavorazione come la stigliatura o la macerazione. Il risultato è che oggi in Italia non esiste più una filiera per la canapa tessile.

Il tentativo di rilanciare la canapa tessile italiana

Ne abbiamo parlato con Pierluigi Fusco Girard, amministratore del Linificio e Canapificio Nazionale del gruppo Marzotto.

«La nostra canapa è al 100% di produzione europea ed italiana», ci ha raccontato spiegando che: «Questo non significa che oggi esista una filiera della canapa tessile in Italia, ma qualche anno fa era stato lanciato un progetto in Emilia Romagna per crescere e coltivare canapa ad uso tessile. Come linificio abbiamo ritirato una quantità di 300/400 tonnellate che stiamo continuando a lavorare ancora oggi per la nostra produzione. Produciamo circa 50/60 tonnellate di filato di canapa all’anno tutto proveniente da quella materia prima. È una quantità irrisoria rispetto ai 5milioni di chili che produciamo di lino».

La canapa viene prodotta in tutti e 3 gli stabilimenti del Linificio e Canapificio Nazionale che sono in Italia, Lituania e Tunisia a seconda del titolo. «L’interesse per la canapa è sempre molto forte è il mercato sembra che si stia muovendo in questa direzione per la sua alta sostenibilità: un materiale del passato che potrebbe diventare anche il materiale del futuro». C’è però una problematica di filiera: «Ad oggi la canapa ad uso tessile in Europa praticamente non esiste. Ci sono sperimentazioni in Francia, in est Europa ed in particolare in Bielorussia ma anche Polonia, Ucraina ed anche in Italia, però al momento siamo ben lontani dall’ottenere una canapa di qualità ad uso tessile che possa essere lavorata per ottenere dei filati interessanti».

Secondo l’amministratore i problemi fondamentali sono due: il know how ed i macchinari necessari: «Abbiamo perso la capacità delle persone di lavorarla, ma c’è anche un problema di macchinari: non abbiamo più quelli che servono ad estrarre la fibra lunga e quindi stigliarla. Ricreare una filiera italiana significa anche ricreare i macchinari per andare a tagliarla sul campo che presuppone investimenti molto importanti ed è il limite che oggi tutti incontrano. Si parla di 4 o 5 milioni di euro di investimenti che spaventano chi si avvicina. Poi resta il problema della macerazione. Ci sono delle università come quelle di Bologna che con il professor Stefano Amaducci stanno facendo sperimentazione in tal senso per cui diciamo che le conoscenze si sta cercando di recuperarle per fare una canapa che rimanga sostenibile anche nel processo di macerazione. Un altro limite è il prezzo: tutto deve rientrare in costi che sono più o meno quelli del lino, e non è una cosa semplice vista la necessita di recuperare l’eventuale investimento».

«Noi come Linificio – continua a raccontare Pierluigi Fusco Girard – siamo interessatissimi a tutto ciò che si muove intorno alla filiera della canapa italiana ed europea e siamo dentro a diversi progetti che vanno in questa direzione. Ma ad oggi siamo ancora lontani».

«Ci vorrebbe qualcuno che ci metta testa, cuore e portafoglio. La testa per aumentare la redditività di fibra del campo, scegliere il seme e come fare la macerazione, cuore e passione per avere la voglia di rimettersi in gioco e non fermarsi alle prime difficoltà e portafoglio perché servirà tutta la fase di industrializzazione. Non solo per la stigliatrice, ma servono i macchinari per tagliarla in campo con il punto di domanda della macerazione. A livello mondiale ci sono molte cose che si stanno muovendo: qualche paese sarà più veloce rispetto agli altri e riuscirà a proporre canapa filabile che spiazzerà tutti gli altri. Se saranno paesi dell’est Europa o del Far East come Cina, India o Pakistan, a trovare la quadra, un eventuale progetto italiano sarà probabilmente messo fuorigioco».

Mario Catania

Pubblicato su Canapa Industriale n°5 – speciale inverno 2017/2018

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