È qualche anno che si sta provando a rilanciare la canapa tessile. «Una quindicina d’anni fa un primo consorzio, Canapa Italia, con Armani di mezzo e un’azienda per la filatura alla quale dovrebbe essere subentrato il Linificio Canapificio nazionale è stato avviato un progetto che è finito praticamente in nulla», ci ha raccontato Clemente Sironi, titolare della storica Tessitura Enrico Sironi fondata nel 1892.
«Oggi mi risulta che il discorso canapa tessile stia ripartendo nuovamente. Quello che posso dire è che la canapa sul mercato c’è, dal punto di vista della qualità la fibra è completamente differente dalla canapa di una volta ed il problema più grosso è che quando la si traduce in tessuto e quindi in prodotto finito il prezzo è il 30% in più di un prodotto di lino e quindi il mercato non è disponibile a pagarlo».
Per il signor Sironi «il problema principale è che oggi si sente molto parlare di canapa tessile ma nel momento in cui un’azienda decide di portare avanti il discorso ed investire per creare una gamma di prodotti, ma poi fa fatica a reperirla sul mercato. Più aumento i volumi, più si abbassano i costi, però a volte non c’è nemmeno il volume per fare un minimo di produzione e quando le produzioni sono limitate i prezzi sono troppo alti».
C’entra anche il fatto che la manodopera cinese ha un costo limitato?
Se così fosse avremmo la canapa cinese che costerebbe meno, ma in realtà alla fine costa come quella europea.
Secondo lei il valore di una canapa italiana unita ad una fabbricazione italiana ed al made in Italy nella moda non potrebbe portare il valore aggiunto necessario?
Il problema è che si è lavorato anni ed anni per dire che il lino era meglio della canapa e di altre fibre per cui il consumatore oggi vede il lino come il top di gamma, la canapa è vista come una fibra resistente, ma non di élite. Avendo un tiglio lungo la canapa avrebbe caratteristiche di resistenza e trazione superiori al lino, il problema è che oggi la canapa viene lavorata con le stesse macchine che si utilizzano per il lino quindi viene tagliata in fasci tra i 70 cm ed 1,20 metri, non più a 4 metri come avveniva in passato. Il tiglio di una pianta di 4 metri potrà magari rompersi ogni 70/80 cm, ma se prendo un tiglio di 90 cm, per bene che mi vada si rompe 4 volte ed ho pezzi di 20 cm. Quindi ogni 20 cm nel momento in cui vado a filare ho comunque dei nodi o delle imperfezioni. E ne risulta un tessuto che in quanto a resistenza è simile al lino.
Servirebbero dunque delle macchine dedicate alla lavorazione tessile della canapa?
Sì, ad oggi non i ci sono i macchinari adatti per questo tipo di lavorazione. Ed andrebbe studiato meglio anche come operare sulla macerazione, anche se io di solito parto a lavorare dal filo che mi viene dato.
Quale può essere quindi la soluzione?
Bisogna pensare alla canapa tessile e posizionarla in una fascia di mercato idonea perché io penso che ci sono gli spazi per crescere. Se invece si vuole fare della canapa una fibra d’èlite ho la sensazione che nel mercato di oggi non andiamo da nessuna parte. Bisognerebbe arrivare ad un prezzo idoneo che non superi quello dello lino: idealmente la canapa dovrebbe posizionarsi ad un 20% in meno del lino. Si possono però trovare spazi in cui lavorare con la canapa, sia nel campo tecnologico che in quello dell’abbigliamento. C’è anche un mercato nuovo che è quello dei consumatori particolarmente attenti ai prodotti biologici che la canapa la accettano già e sarebbero disposti a pagarla un pochino di più, anche se si tratta di una nicchia di mercato. Chi opera nel campo dell’abbigliamento lavora dicendo “più di tanto io non pago” e allora il tessitore non lavora più di tanto sul prodotto, ma per il tessitore lavorare lino, canapa o altri filati, non sarebbe una grande differenza.
Lei come vedrebbe il ritorno della canapa sul mercato?
Ben venga una reimmissione della canapa nel mercato, che però metta gli operatori in condizione di lavorare. Si potrebbe pensare a dei finissaggi diversi perché comunque la canapa lavorandola ha una fibra che viene più morbida, più bella e più lanosa. Il prodotto verrebbe fuori molto bello, il problema rimane il costo. È una fibra bellissima e gli spazi ci sono, e noi siamo qua disponibili a poterla mettere sul mercato.
Mario Catania
Pubblicato su Canapa Industriale n°5 – speciale inverno 2017/2018