“Di verde vado vestita e sulla testa porto un vago fiore, dalle donne so’ presa e tradita e nell’acqua buttata in prigione, passo e trapasso punte e chiodi, cavalieri e dame ognuno mi gode”. E’ il celebre indovinello orvietano, riferito alla coltivazione della canapa, con cui si apre la tesi di Liza Binelli, oggi insegnante di lettere presso una scuola media.
Un lavoro discusso in occasione della prima laurea, conseguita nel 2012, in “Filosofia & Comunicazione” presso l’Università del Piemonte Orientale, ateneo di Vercelli, ma ancora molto attuale. La tesi è stato pubblicata all’interno del secondo volume di Canapa in Tesi, progetto nato per raccogliere gli elaborati dei laureati di tutta Italia che in questo modo stanno dando il loro contributo alla rinascita della canapa italiana.
L’elaborato inizia raccontando la storia della canapa italiana raccontandola attraverso le varietà di canapa italiana, e le origini di questa coltivazione, per poi passare ad analizzare il calendario della semina e le varie operazioni che venivano svolte tradizionalmente, come la macerazione e la successiva filatura e tessitura. Il terso capitolo è una panoramica sulla situazione moderna della canapa attraverso l’analisi di prodotti e del settore della bioedilizia e di quello alimentare, terapeutico e la dimensione commerciale del fenomeno, prima di chiudersi con la testimonianza di alcuni musei dedicato a questo vegetale ed alla sua storia.
“La coltura della canapa è stata per anni protagonista della vita contadina della nostra penisola, vanta un lungo e articolato passato e, oggi, solo le persone anziane ne preservano il ricordo”, racconta spiegando che: “Questo ciclo produttivo è proseguito fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, poi è stato abbandonato e dagli anni Novanta è oggetto di una rinnovata attenzione”.
Come è nata l’idea di dedicare alla canapa la sua tesi?
La storia è lunghissima, cercherò di sintetizzare per non tediare i lettori. Nell’anno 2000 seguendo la trasmissione di Raidue “Società e costume” consigliavano di vestirsi con abiti in fibre naturali: cotone, lino e canapa. Intanto scorrevano le immagini con delle borse realizzate con la canapa ed io ne rimasi incantata, le trovai bellissime. Ma all’epoca internet non era diffuso e solo anni dopo presso un negozio del commercio “Equo e solidale” ho iniziato a trovare dei capi d’abbigliamento, ma ahimè, anche lì, eravamo agli inizi per cui c’era poca scelta, gonne bruttissime e carissime. Insomma è un argomento che ho sempre tenuto d’occhio. Poi all’Università, durante il corso di etnologia, il mio professore ha raccontato che questa pianta si coltivava in tutta Italia e dava da lavorare a migliaia di famiglie. Per questo, gli ho chiesto di essere il mio relatore. Mi si è aperto un mondo: ho cercato libri, giornali e nel web, ma ancora una volta il materiale era scarso. Ne parlavano maggiormente siti francesi, tedeschi e americani. Per realizzare un ottimo elaborato ho percorso 1200 chilometri. Ho visitato un canapaio vicino a Carmagnola, ho conosciuto canapicoltori, anziani che la coltivavano, gente che consumava pasti a base di canapa da anni. Ho visitato soprattutto musei che oggi dedicano uno spazio all’argomento. Ero così affascinata che ho scritto la tesi in 51 giorni corredata da una fotogallery molto dettagliata. Purtroppo il mio docente non ha recepito fino in fondo l’importanza della questione, della sua attualità, che bisognava “stare sul pezzo”, e così mi diede della visionaria, che non dovevo dire che fa guarire da molti malanni. Il tempo, invece, mi ha poi dato ragione…ed eccoci qui, a parlarne ancora, dopo 6 anni, dopo l’abolizione della Fini – Giovanardi e l’apertura ormai quotidiana di grow shop.
Cosa ha scoperto scrivendo la sua tesi?
La cosa che mi ha colpita di più sono le proprietà terapeutiche di questa pianta. Anch’io avevo un problema. Nel 1988 sono stata investita da un’auto e mi sono fatta parecchio male. Da quel giorno per 24 anni il mio ginocchio sinistro, ogni qualvolta che doveva piovere, mi faceva un male. Sopportabile, ma fastidioso. Abitando al nord dove piove spesso, il dolore era abbastanza frequente. Se non che, avevo iniziato a consumare olio di canapa, perchè mi piaceva il sapore. Dopo 3 settimane c’era stato un forte temporale e mio papà mi chiese, scherzando: “Come mai questa volta non ci hai annuciato che avrebbe piovuto?”. Non me ne ero nemmeno accorta di non aver ricevuto il “presegnale”. Ero guarita e da allora non ho mai più sentito alcun doloretto.
Poi ho scoperto che la canapa “nasce” dalla metamorfosi dei peli della schiena di Vishnu, uno degli avatar di Krishna, ed io, fervente praticante indo-buddista, ho capito che era la mia strada. E ancora, si dice che, Budda mangiò un seme di canapa al giorno per sei giorni, prima di raggiungere l’Illuminazione. In una leggenda vedica, invece, il dio Shiva, trova riparo all’ombra di una pianta di canapa, ne mangia le foglie e, da allora ne fa il suo cibo preferito. Ed io nello specifico sono shivaista. Ad ogni lettura, era una scoperta continua, che faceva già parte della mia vita, ma ancora non lo sapevo.
Dopo la pubblicazione del suo lavoro le hanno scritto anche dall’Argentina per avere informazioni, cosa le hanno chiesto?
Un imprenditore, Fernando Diego Pergolini mi ha contattata per chiedermi se poteva visionare la mia tesi, in quanto era intenzionato ad avviarne la coltivazione, ma non in Argentina, dove questo non è ancora possibile, bensì in Colombia, dove pensa di trasferirsi con la famiglia. Al momento ha fondato un’associazione che si chiama Proyecto Cáñamo Argentina e con il suo stand gira nelle fiere dove spiega i 1000 usi della canapa, di recente è stato a Expoweed a Santiago in Cile. Ovviamente gli ho mandato il pdf della tesi ed è stato molto contento.
Ma non solo dall’Argentina?
Infatti, dopo la pubblicazione del secondo volume di “Canapa Intesi” mi ha contattata anche una studentessa di Torino, Giulia Schiratti, che frequenta la Facoltà di Management ed Economia, che scriverà una tesi di ricerca/sperimentale per la sua laurea magistrale con un professore che si occupa di economia, ambiente ed ecosostenibilità, ed è stato proprio lui ad averle suggerito l’idea di uno studio sull’origine della Canapa e i suoi usi che ha avuto nella storia, collegabile al turismo. Ovvero come esistono le “Strade dell’olio o del vino”, intende mappare il territorio italiano alla scoperta di strade di canapa. Così, lusingata della scelta, le ho mandato la tesi e lei, molto correttamente inserirà il mio nome nella bibliografia.
Come vede il futuro di questa coltivazione?
Vedo la pianura Padana, il tavoliere delle Puglie, la terra dei Fuochi di un bel…verde canapa.
Mario Catania