Matteo Venturini è un agricoltore deluso. Deluso da uno stato che per il settore canapa sta creando più problemi che soluzioni, mentre del resto del mondo a livello industriale viene regolamentata e soprattutto incentivata, con dati e coltivazioni da record dal Canada agli Stati Uniti, passando per Sud America, Europa del nord e dell’est, arrivando fino alla Cina.
Deluso dal fatto che, nonostante tutto e tutti, lui i sacrifici li ha fatti lo stesso in prima persona, coltivando per anni grandi estensioni, e oggi è costretto a fermarsi per un problema burocratico.
Proprio lui, che aveva abbracciato la coltivazione anteponendo la passione per questa pianta agli interessi economici, riuscendo comunque a sviluppare un progetto di qualità, creando una rete di agricoltori e prodotti a base di canapa made in Italy. Proprio lui che alla canapa si era dedicato con tutto se stesso, oggi scrive che sconsiglia di coltivarla per questa stagione. Ed è una sconfitta di tutti, nessuno escluso, a partire dai governi che si sono succeduti in questi anni di grandi cambiamenti.
Questo il messaggio che oggi campeggia sul sito di Canapa delle Marche: “Abbiamo investito soldi e tanta passione, siamo riusciti in poco tempo a realizzare una impresa importante in termini di impegno sociale e giro di affari. Abbiamo assunto 14 ragazzi e raccolto a mano fino 12 ettari di Canapa. Abbiamo vinto premi e ottenuto riconoscimenti, abbiamo restituito tanto all’ambito sociale organizzando fiere ed eventi. La nostra associazione ha divulgato la coltivazione di Canapa fino a raggiungere 100 associati, 60 ettari coltivati solo nelle Marche. Nonostante tutto, l’ingoranza e la determinazione politica nel abbattere il settore, ci obbliga a chiudere l’attività di trasformazione alimentare della Canapa”.
Il problema è semplice e brevemente riassumibile: parliamo dei limiti di THC negli alimenti. Un decreto che il ministero della Salute avrebbe dovuto emanare 6 mesi dopo l’approvazione della legge 242 del 2016, e quindi in teoria a giugno 2017, e che invece è arrivato nel novembre del 2019. Il ritardo non sarebbe stato un problema, mentre invece sembrano esserlo le percentuali indicate. La stessa EIHA, in una discussione a livello europeo che va avanti da tempo, aveva chiesto limiti più alti sia per permettere agli agricoltori di lavorare in tranquillità, sia perché, anche con i limiti più alti, si parla di poche parti per milione. Significa che, anche con le percentuali più alte, per avere un minimo di effetto stupefacente una persone avrebbe dovuto ingurgitare più di 4 litri di olio di canapa in poco tempo.
Ora arriva la prima stagione agricola in cui saranno applicati i nuovi controlli, che rischiano di creare non pochi problemi alle aziende italiane coinvolte nel settore alimentare.
Dopo anni di attesa sono stati pubblicati i limiti di THC negli alimenti, cosa non va secondo voi?
I limiti imposti sono estremamente bassi, 2 mg di THC per kg coincide ad una concentrazione dello 0,0002%. Questo limite è 5 volte inferiore alla tolleranza di glutine nei prodotti “gluten free”, giusto per dare una idea… A nostro parere è insensato considerare pericoloso per la salute una soglia di THC così bassa, non c’è nulla di tossico o tanto meno psicotropo, è semplicemente assurdo.
Anche la EIHA aveva chiesto dei limiti più alti, credi che ci sia lo spazio per una discussione?
Purtroppo abbiamo perso la speranza, la canapa è stata martoriata di proibizioni continue negli ultimi mesi. Sembra che lo scopo sia quello di abbattere tutti i piccoli agricoltori per far spazio ai prodotti di importazione o di grande distribuzione. Canapa e Marijuana sono la stessa pianta, è evidente che, se lasciata in mano di tutti, diventa difficile (impossibile) per un organo di controllo garantire l’equilibrio con il proibizionismo che ancora domina in Italia.
Ci sono aziende i cui prodotti risultano in linea con i valori di legge. Da cosa credi possa dipendere?
Tanto dipende da fattori ambientali come clima e siccità, è impossibile determinare con sicurezza la legalità dei prodotti italiani a priori, cioè al momento della semina. E’ vero che ci sono delle varietà di Canapa che di regola esprimono meno di altre ma ogni stagione ha le sue caratteristiche. Se pensiamo che da un vitigno permanente, ogni anno si raccoglie uva con gradi zuccherini (quindi alcol) diversi, come possiamo pretendere di mantenere dei valori precisi su una pianta stagionale? La Canapa si semina a primavera e matura in estate, quando le variabili climatiche sono più critiche e anomali, sforare certi limiti così bassi è molto probabile.
Cosa farete ora? Appronterete nuove coltivazioni per vedere se riuscite a stare nei limiti?
No, quest’anno non coltiveremo canapa. E’ una scelta molto difficile ma purtroppo necessaria. Oltre alla questione “limiti di THC” va detto che ci sono palesi rischi di trovare addetti al controllo impreparati con possibili conseguenze gravi: nelle Marche ci sono stati perfino arresti di agricoltori poi risultati assolutamente innocenti. Abbiamo raschiato il fondo della intolleranza e questi limiti di THC sugli alimenti ne sono la prova. Canapa delle Marche con la sua associazione ha duplicato ogni anno gli ettari seminati in Canapa, nel 2019 erano 60 ettari. Quest’anno ci troviamo costretti a sconsigliare di coltivarla.
I prodotti che sono fuori soglia, da quali varietà di canapa sono stati ottenuti?
La farina esaminata derivava dal raccolto di Futura 75 coltivata con seminatrice da grano, senza irrigazione. Il seme è stato trebbiato e essiccato con aria forzata a temperatura controllata, poi vagliato con un vaglio meccanico, quello che si usa per il grano o girasole. Quindi una coltivazione assolutamente tradizionale e industriale. Nel corso degli anni abbiamo sperimentato altre varietà e la Futura 75 è quella che più si adatta ai nostri territori. Sappiamo che la USO 31 in genere esprime meno principi attivi ma va facilmente in stress idrico e si può compromettere la produzione. Sappiamo anche che la Carmagnola e la Villanova (due rare varietà nazionali molto produttive) possono sforare con molta facilità, quindi sono da considerare molto rischiose. Non c’è mai stata alcuna nostra intenzione di ottenere dei prodotti “più spinti” di principi attivi, abbiamo sempre ricercato la qualità come dimostrato dai premi ricevuti. E’ opinione comune, anche tra gli addetti al lavoro, considerare i prodotti derivati dal seme privi di THC, invece l’Asur ne ha trovato 3,421mg per kg, quasi il doppio del consentito.
Mario Catania