Pubblichiamo qui di seguito un articolo a firma dell’ingegnere Daniele Coppa di J Energy, azienda che si dedica alla realizzazione di impianti per la coltivazione indoor di canapa a basso consumo energetico con l’utilizzo del controllo statistico.
Il “successo” è già successo. Se ieri abbiamo conseguito un successo non è garantito che oggi lo raggiungeremo, vi esorto pertanto ad inseguirlo, oggi, con volontà e entusiasmo cercando nuovi spunti di miglioramento.
Un assioma che descrive l’attuale situazione del mondo agricolo italiano ed in particolare del settore della canapa industriale. In tutti i settori industriali l’azienda Italia ha sempre dimostrato negli anni della crescita innovazione e dinamicità che scaturiva dalla voglia imprenditoriale italiana di affermarsi e primeggiare nel resto del mondo. La “fame” di successo costringeva gli imprenditori a viaggiare nel mondo nella ansiosa ricerca di nuovi mercati e di idee per poter sviluppare i propri processi/prodotti, rubando l’arte dagli altri e mettendola da parte. Non esistevano chiusure nel ricercare in settori tecnologicamente distanti soluzioni e idee da trasferire, opportunamente declinate, nei propri settori. Questo scambio di esperienze ha sempre generato innovazione e progresso.
La domanda a cui dobbiamo rispondere è in sostanza: siamo pronti a cambiare le nostre certezze aziendali e a sperimentare e provare nuove logiche produttive? Einstein diceva che “La mente è come un paracadute, funziona solo se si apre.” Partendo da queste considerazioni ci siamo posti l’obiettivo di definire un protocollo di controllo della produzione agricola utilizzando le metodologie applicate in settori caratterizzati da grandi numeri di prodotti che devono avere caratteristiche stabili e certe e contenute in bassissimi valori di tolleranza, pena la perdita di credibilità presso il mercato.
Caratteristiche che ogni giorno le normative vigenti, il mercato e i consumatori finali pretendono anche nel settore della produzione della canapa in quanto primo ingranaggio di un sistema che sta cercando ogni giorno credibilità, stabilità e professionalità. Ogni processo che trasformi delle materie prime in prodotto necessita dei controlli che ne garantiscano la
conformità ai requisiti del cliente ed alle norme vigenti.
Il controllo statistico di processo (SPC) e di prodotto risponde a queste esigenze perché ha come obiettivo quello di controllare tramite un campione statisticamente rilevante l’intero lotto di produzione nel tempo garantendo:
– il miglioramento continuo della qualità del processo produttivo utilizzando i dati i raccolti (che sono il vero e unico patrimonio di ogni azienda manifatturiera).
– La tracciabilità e la rintracciabilità del prodotto.
– La qualità del prodotto e quindi il mercato.
– Il rispetto dei limiti normativi riducendo di conseguenza il rischio penale (che è il chiaro e presente problema che accomuna l’intera filiera).
La fase principale della definizione di un SPC è quello di individuare le variabili che possono influenzare il processo/prodotto nelle sue caratteristiche che sono generate da valori differenti di ogni variabile.
Il vantaggio di questo tipo di controlli è insito nel fatto che viene demandato allo studio di un numero limitato di elementi che essendo rappresentativi, danno indicazioni attendibili riguardo l’intero lotto di produzione. Lo studio dei dati e della loro distribuzione permette di capire immediatamente come tutto l’universo produttivo sta “crescendo” andando a gestire e correggere preventivamente le variabili al fine di garantire l’intera produzione.
L’utilizzo del controllo statistico è nato in America nel settore automotive che è caratterizzato da produzioni di tanti “cloni” in serie, con molteplici variabili da gestire e con caratteristiche di sicurezza con tolleranze bassissime da rispettare. Il mancato rispetto di una caratteristica di critica di sicurezza determina il pericolo di vita per gli utenti con tutte le tragiche conseguenze che il mancato rispetto può nel tempo causare. Io vedo delle similitudini tra il mondo meccanico e il settore “industriale” della canapa che necessariamente deve acquisire maggiore professionalità dovendo colmare una mancanza di conoscenza e presenza nel mercato rispetto a player stranieri come i grandi produttori canadesi e americani.
Comprendo la preoccupazione degli imprenditori agricoli ad approcciarsi a queste tematiche ogni volta che iniziamo ad implementare questo sistema di gestione della qualità del processo, e quindi del prodotto, d’altro canto le evidenze numeriche ci permettono di affermare che questa metodologia riduce la variabilità dei macrovalori di THC e CBD del 40%, oltre alla riduzione dei costi produzione del 18%.
I laboratori italiani (quelli esteri ormai da anni) pretendono valori contenuti di variabilità o varianza chiedendo inoltre la condivisione della metodologia di controllo per ottimizzare internamente i propri processi di estrazione; la riduzione i costi e la standardizzazione dei propri processi produttivi è l’unica via per garantire al proprio mercato di riferimento (prevalentemente quello farmaceutico) costi e qualità.
Ing. Daniele Coppa – J Energy srl/HASP Relief