Le mani della ‘Ndrangheta sulla cannabis light

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“Il mercato della cannabis light sta attirando l’attenzione e gli interessi della criminalità organizzata”. Sono le parole di Alessandra Dolci, capo della Dda di Milano, che dovrebbero far destare più di una preoccupazione e spingere una volta di più le nostre istituzioni a regolamentare il fenomeno.

Lo riporta Calabria 7 sottolineando il commento del magistrato che fa riferimento all’operazione “Quadrato 2”, che ha portato all’esecuzione di 17 misure cautelari per spaccio e traffico di droga, nei confronti di affiliati del clan di ‘Ndrangheta, Barbaro-Papalia di Corsico-Buccinasco, nell’hinterland sud del capoluogo lombardo.

L’indagine ha infatti rivelato che gli arrestati avevano messo gli occhi sulla coltivazione indoor di cannabis light, manifestando la volontà della ‘Ndrangheta di investire importanti somme di denaro e ha portato al sequestro di un capannone di una ditta di Gaggiano, formalmente impegnata nella coltivazione di cannabis light, ma che in realtà aveva livelli di THC ben superiori ai limiti consentiti.

Capannone che, secondo gli inquirenti, era nelle mire di nomi noti della criminalità calabrese come Giuffrido Tagliavia (uno dei partecipanti al famoso summit di Paderno Dugnano, che diede il via alla storia operazione Crimine-Infinito) e un rappresentante della famiglia Barranca, pronti a mettersi in società per acquisirlo.

Redazione di Canapaindustriale.it

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