Pierluigi Santoro è un agronomo, da sempre appassionato di agricoltura e che da anni lavora nel settore a livello internazionale. Il mondo della cannabis lo conosceva bene già prima, avendo vissuto ad Amsterdam per 9 anni, e quindi quando ha intuito che la canapa industriale in Italia fosse in crescita grazie all’esplosione della cannabis light, ha deciso, forte delle esperienze già avute, di investire in questa attivista nel suo paese.
“Per me è una pianta come tutte le altre, che però dà una responsabilità maggiore per le sue enormi potenzialità. Vista la situazione in Italia, e anche cosa sta accadendo in diversi paesi americani e in Canada, ho scelto di tornare in Italia per investire tempo e denaro nel mio progetto, ritagliandomi uno spazio nel settore del florovivaismo”.
Il progetto parte dal sud Italia, a Grottaglie, dove aveva già un’azienda agricola, e così nasce Fioridoro che si occupa della produzione di piantine di canapa. L’azienda si è evoluta in fretta e per questa stagione ha venduto piantine per un totale di 90 ettari di coltivazioni in outdoor e greenhouse, e poi ha sviluppato una collaborazione con l’Università di Bari e il CNR, per il miglioramento genetico di nuove varietà più performanti dal punto di vista dell’estrazione di principi attivi. Il passo successivo, una volta che le genetiche saranno stabilizzate, sarà quello di registrarle.
Ma, secondo Santoro, è un processo che va velocizzato ed anche per questo motivo che sarà lui, come rappresentante dell’associazione Canapa Sativa Italia, a partecipare al tavolo tecnico sulla canapa previsto per settembre indetto dal Mipaaf.
Le problematiche ad oggi per il settore sono diverse e la speranza è che vengano affrontato i nodi principali. “Innanzitutto la possibilità che vengano riconosciute nuove genetiche e agevolata la registrazione, poi chiediamo la regolamentazione della biomassa e infine una norma chiara sulla produzione di talee, che, tramite i cloni, permettono di avere coltivazioni con profili identici nei valori e aiuterebbero gli agricoltori e i controlli sviluppando un nuovo mercato”. Resta la questione che, nonostante i tentativi, ad oggi resta il problema della commercializzazione della cannabis light. “Deve essere una questione da affrontare al tavolo tecnico, dal quale dovranno derivare le nuove normative per sviluppare pienamente il settore”, sottolinea Santoro.
Durante il lockdown le vendite di cannabis light sono aumentate parecchio e anche all’estero il prodotto italiano inizia a fare gola. “Abbiamo inventato un mercato che negli altri paesi è ancora agli inizi e quindi abbiamo la possibilità di diventare esportatori in paesi come Francia, Germania e UK. Non solo, perché non si tratta solamente di fiori e piantine: dietro c’è tutto un mercato che riguarda macchinari e tecnologie per la lavorazione del fiore, della biomassa e per l’estrazione. Tencologie che oggi compriamo da Stati Uniti e Canada, ma che potremmo produrre noi. Ad esempio come Fioridoro alcuni macchinari li stiamo facendo costruire, come ad esempio macchine strippatrici per lavorare la biomassa, separando il fiore dalle foglie”.
Sulla possibilità del cosiddetto “triple use”, l’idea di utilizzare le stesse piante per 3 diverse lavorazioni (foglie per estrazione, seme per alimentare e fusto per altre lavorazioni), Santoro ha le idee chiare. “Io penso che o fai carne o fai pesce. Le varietà di Fioridoro sono pensate per la produzione di fiore, e lo stelo è molto sottile, raramente più alto di un metro. Noi siamo specializzati nel vivaismo e nel settore della biomassa per estrazioni è una filiera moderna che si discosta in termini genetici e di lavorazione dagli altri settori e ha sbocchi nel settore farmaceutico e in quello cosmetico. E’ una filiera che può seguire quella del vino, con diverse produzioni peculiari a seconda della zona e delle condizioni pedoclimatiche”.
Mario Catania