La cannabis light fuori dal decreto ristori, mentre spunta un accordo tra ministero dell’agricoltura e Philip Morris per incentivare la coltivazione del tabacco. Con il benestare di Coldiretti, che ha sottolineato l’importanza dell’investimento e che pochi giorni fa, parlando di cannabis light, aveva suggerito la possibilità del monopolio di Stato.
Secondo il comunicato, infatti, “La multinazionale mette in campo numeri importanti nel nostro Paese con investimenti fino a 500 milioni nella filiera tabacchicola per i prossimi cinque anni”.
E’ l’ennesima azione in controtendenza a livello mondiale: mentre diversi paesi abbandonano le coltivazioni di tabacco per convertirle a canapa, da noi non regolamentiamo la canapa e favoriamo la coltivazione del tabacco. Un controsenso a livello economico, e anche di salute, visto che nel caso del tabacco parliamo di una sostanza che causa oltre 90mila morti l’anno solo in Italia, mentre la cannabis, nonostante la demonizzazione subita, non ha mai ucciso nessuno nelle migliaia di anni in cui è stata utilizzata in mille modi.
Dall’altro lato Agrinsime, che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari (rappresentando oltre i 2/3 delle aziende agricole italiane), è tornata di recente a chiedere che si concretizzi il tavolo di filiera della canapa previsto al ministero dell’Agricoltura. Manca solo la firma per la convocazione della ministra Teresa Bellanova, mentre i tempi stringono. Di recente infatti, dopo il ritiro del decreto sul CBD del ministero della Salute, abbiamo assistito alla sentenza della Corte di Giustizia europea, che ha stabilito che il CBD non può essere considerato come uno stupefacente e che i prodotti che contengono il cannabinoide devono poter essere commercializzati nell’Unione Europea.
Se da una parte è fallito l’ennesimo tentativo di regolarizzare la filiera della light con l’emendamento al decreto Ristori che non è passato, dall’altra è sempre più urgente che le istituzioni diano risposte alle migliaia di aziende nate in questi anni, che rappresentano migliaia di lavoratori onesti e un fatturato di oltre 150 milioni di euro nel 2019.
Se la ragione della soddisfazione per l’accordo raggiunto in tema di tabacco è proprio la crisi economica che stiamo vivendo, non capiamo perché lo stesso identico ragionamento non possa essere fatto con la cannabis light, prodotto agricolo del quale andrebbe solo inquadrato l’uso umano, e che in anni di utilizzo massimo da parte di diverse fasce della popolazione (professionisti, anziani e anche pazienti) non ha causato un singolo problema sociale o di salute.
Mario Catania