Con questo articolo dedicato alla tassonomia e alla classificazione della canapa, continuiamo la nostra collaborazione con la dottoressa Maria Teresa Basciano (nella foto sotto), agronoma specializzata in canapa.
Prima di riuscire a dare un inquadramento tassonomico alla Cannabis, occorre fare una breve premessa su cosa sia la Tassonomia e quali siano i criteri che spingono l’uomo a classificare ogni essere vivente. Solo in questo modo possiamo comprendere la lunga diatriba che spesso e volentieri ha coinvolto la Cannabis, date le sue innumerevoli peculiarità anche e soprattutto da un punto di vista botanico oltre che produttivo.
Innanzitutto, per “tassonomia” nell’ambito delle scienze naturali si intende la classificazione dei viventi in base ad un ordine gerarchico, in cui è possibile distinguere gruppi di viventi aventi caratteristiche analoghe e risalire al loro percorso evolutivo attraverso la raffigurazione grafica del cosiddetto albero filogenetico mediante il quale è possibile recuperare le relazioni parentali tra i diversi gruppi tassonomici di organismi viventi, estinti e non.
A tutt’oggi l’inquadramento delle diverse varietà di Cannabis appare ancora nebuloso se ci si riversa sul web alla ricerca di informazioni in merito, soprattutto sulla definizione di quale sia la “specie“. Ed è proprio a questo punto che si crea un nodo rispetto alle principali varietà di Cannabis, ovvero la Cannabis Sativa, la Cannabis Indica e la Cannabis Ruderalis. Tuttavia, se ci soffermiamo sulla definizione specifica del termine “specie”, che ricordiamo essere “l’unità fondamentale su cui si basa tutta la classificazione che raggruppa individui aventi caratteristiche analoghe, in grado di accoppiarsi e di generare prole feconda”, appare evidente che quelle che nel ‘700 venivano considerate specie distinte (poiché appena scoperte e poco conosciute), oggi, a nostro avviso, anche in virtù delle ibridazioni condotte per l’ottenimento delle diverse cultivar, non possono non essere inglobate all’interno di un’unica specie, ovvero la “Sativa”. Pertanto, è opportuno, quando si parla di “indica”, “sativa” e “ruderalis”; riferirsi a sottospecie e/o varietà appartenenti ad un’unica specie.
Quindi, una volta chiarita la questione legata alla tassonomia si può argomentare sia sulle caratteristiche intrinseche della pianta da un punto di vista botanico, sia sulle principali differenze che ci consentono di riconoscere le diverse cultivar presenti sul mercato.
La Cannabis è una pianta erbacea annuale dotata di una elevata biomassa caratterizzata da un apparato radicale fittonante da cui si sviluppa una massa fibrosa di radici avventizie, che prendono parte al sistema vascolare della pianta (essendo deputate all’assorbimento delle sostanze nutritive) oltre che al sistema di ancoraggio al suolo.
La pianta presenta un fusto eretto, più o meno alto, cavo, legnoso e fibroso; un caratteristico fogliame a ventaglio, il cui numero di punte cambia a seconda delle varietà; infiorescenze maschili e femminili disposte a pannocchie che possono presentarsi in forma più o meno compatta e resinosa. La Cannabis è sensibile al fotoperiodo ed è considerata come una “brevidiurna”, ovvero, una pianta che per raggiungere la fioritura necessita un maggiore numero di ore di buio rispetto alle ore di luce e non a caso fiorisce a cavallo tra la stagione estiva e quella autunnale, ossia, quando le giornate si accorciano.
Un ulteriore elemento che occorre porre al centro dell’attenzione, quando ci si cimenta nella conoscenza di questa coltura, è dato dalla differenza tra una varietà monoica e una varietà dioica. Le varietà monoiche sono quelle piante che portano su di se sia i fiori maschili che femminili e vengono per questo definite ermafrodite. Queste sono le tipiche varietà comunemente utilizzate per la produzione di fibra e seme.
Le varietà dioiche invece, sono quelle che sviluppano i fiori maschili e femminili su due piante distinte. E’ stato riscontrato che tali varietà possono essere anche più produttive delle monoiche sia in termini di quantità di seme che in termini di quantità e qualità di fibra. Generalmente vengono coltivate soprattutto per la produzione di infiorescenze femminili da destinare al collezionismo e alla produzione di estratti essendo ricche di cannabinoidi interessanti da un punto di vista cosmetico e farmaceutico.
Una volta conosciute le caratteristiche generali che accomunano tutte le subspecie e varietà di cannabis si può quindi procedere con l’analisi delle differenze.
Partendo dalla Cannabis sativa L. subspecie Sativa, bisogna sapere:
– che si tratta di una pianta originaria dei paesi equatoriali, selezionata da Carl Nilsson Linneus nel 1753 poi diffusasi in diversi areali grazie alle sue spiccate capacità di adattamento e da cui provengono differenti varietà ibride e spontanee, monoiche e dioiche.
– Può raggiungere altezze importanti anche superiori ai 6 metri ed è caratterizzata da ramificazioni lunghe aventi maggiore distanza tra gli internodi, da cui si sviluppa un fogliame lungo e sottile e infiorescenze più o
meno compatte, ricche sia di THC che di CBD.
Per quanto riguarda invece la Cannabis sativa sub. indica è importante sapere:
– che si tratta di una tipica pianta dei paesi subtropicali, selezionata dal biologo Jean-Baptiste Lamarck, alta al massimo 2 mt., più compatta e cespugliosa della precedente, con ramificazioni più dense e internodi più stretti da cui si sviluppa un fogliame verde scuro, fitto e largo, nonché infiorescenze compatte, pesanti e molto ricche di resina e cannabinoidi. Nel corso del tempo la Cannabis indica si è diffusa prima in Afghanistan, in particolare nella catena montuosa dell’Hindu Kush, dove ha subito un processo di adattamento a condizioni climatiche avverse e particolari, per poi raggiungere i paesi occidentali. In questa regione, il clima è secco fino ad ottobre, per poi cedere il passo alla stagione delle piogge (monsoni). Questo passaggio determina un aumento considerevole dell’umidità, che ha spinto le varietà indica a mettere in campo alcuni adattamenti evolutivi ed in particolare la fioritura anticipata. Per questo motivo la sottospecie indica è più precoce della sativa ed appare di dimensioni ridotte rispetto alla precedente, la quale continua la sua crescita di oltre 1/4 della sua altezza nel suddetto periodo.
Infine, relativamente alla Cannabis sativa sub. ruderalis, è opportuno sapere:
– che trattasi di una pianta spontanea tipica dell’areale siberiano, molto meno conosciuta rispetto alle precedenti ma di particolare interesse soprattutto per quanto attiene gli aspetti legati alle ibridazioni.
– E’ più piccola delle sorelle maggiori, difatti raggiunge un’altezza molto contenuta che può oscillare tra gli 80 e 120 cm. e, date le sue origini, si adatta molto bene ai climi estremi. Fiorisce con largo anticipo rispetto anche alla indica, ma ciò che la rende davvero interessante è il fatto che non fiorisce in base al fotoperiodo. Difatti viene detta auto-fiorente, caratteristica che la rende vocata per le ibridazioni con indica e sativa soprattutto se si intende ottenere piante più piccole la cui fioritura sia scollegata dal fotoperiodo ed indipendente dal rapporto tra ore di luce e buio.
Maria Teresa Basciano – Agronoma e docente in Scienze degli alimenti
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