La Polonia crede nella canapa e punta a guidare la nuova rivoluzione agricola europea basata sulle colture e la produzione di una pianta che sta cambiando i settori più disparati, dall’edilizia alla cosmetica.
Dai finanziamenti governativi alle attività degli agricoltori, ecco una panoramica sul paese del vecchio continente che più di tutti crede e investe nel mercato a cinque punte.
Entro la fine del 2021 la coltivazione di canapa all’interno dei confini polacchi potrebbe raggiungere i 5mila ettari, il tutto grazie al sempre maggior numero di agricoltori, produttori e investitori che affluiranno nel settore. Nel 2020, grazie al finanziamento governativo da 14,5 milioni di zloty ricevuto dall’Istituto di fibre naturali e piante medicinali (IWNiRZ) per espandere la produzione di lino e canapa, gli ettari registrati erano stati “appena” 3600.
Non solo, se da una parte i campi di canapa all’interno del paese potrebbero crescere fino al 40% entro dicembre, dall’altra abbattere il sistema delle colture polacco ormai obsoleto potrebbe portare a una crescita ancora più rapida. È questa l’ipotesi formulata Kombinat Konopny, azienda leader polacca nel settore della canapa.
“Tutte le analisi mostrano che se la legislazione non ponesse ostacoli significativi nei confronti degli agricoltori, l’agricoltura e la lavorazione della canapa si svilupperebbero a un ritmo impressionante”, spiega Maciej Kowalski (nella foto), fondatore e CEO di Kombinat Konopny. “Gli agricoltori potrebbero giocare senza dubbio il ruolo più importante in questo scenario, perché sono i responsabili e la base della filiera locale delle materie prime”.
Il programma polacco lanciato nel 2018 prevedeva un totale di 8mila ettari coltivati a canapa al termine del 2020, ma, a causa dei limiti burocratici e dei problemi derivati dalla pandemia, l’obiettivo non è stato raggiungo.
Attualmente, infatti, secondo le normative polacche vigenti, i governi locali, prima di concedere eventuali autorizzazioni, sono obbligati a tenere conto della “domanda di materie prime, delle tradizioni e del livello di rischio di tossicodipendenza nelle loro aree di competenza”. Su queste basi, 210 delle 2477 municipalità polacche hanno deciso di non rilasciare le autorizzazioni per la coltivazione della canapa.
Da parte loro, invece, gli agricoltori devono dichiarare alle autorità la percentuale dei loro campi coltivati a canapa in base alla superficie totale e devono farlo in autunno, ossia prima della stagione di semina dell’anno successivo. Non solo, dopo la dichiarazione, i produttori poi non sono realmente obbligati a piantare canapa, ma possono dedicare gli ettari a disposizione anche ad altre colture. Per questo motivo, nel 2021, degli oltre 100mila ettari dichiarati a canapa lo scorso autunno, solo 5.000 dovrebbero effettivamente essere dedicati a questa coltura. Il sistema, quindi, non è affidabile e non consente di fare previsioni corrette e per questo viene considerato obsoleto dalle aziende e dai coltivatori coinvolti nella nuova rivoluzione agricola.
In questo scenario, però, emerge un dato positivo: l’elevato interesse da parte dei coltivatori di inserirsi in un settore emergente nonostante i pregiudizi incontrati a livello nazionale e locale. Nel 2020, infatti, sono stati 472, contro gli 85 del 2015, i coltivatori di canapa che hanno chiesto sussidi all’agricoltura.
Sulla base di questi dati e dei finanziamenti concessi, la Polonia è quindi la nazione europea che più di tutte crede nel business della canapa e gli obiettivi sono ben precisi.
Da una parte il paese punta sviluppare nuove ricerche e macchinari, dall’altra punta a inserirsi in un mercato industriale globale che potrebbe raggiungere i 27 miliardi di dollari entro il 2028. A questi si aggiunge uno scopo che guarda verso l’interno: produrre, entro il 2025, il 30% del fabbisogno energetico nazionale sfruttando le biomasse. Numeri, cifre e obiettivi che posizionano la Polonia alla guida della nuova onda verde che sta invadendo l’intero continente europeo.
Martina Sgorlon