Agricoltura rigenerativa: un metodo di coltivazione eco-compatibile, anche per la canapa

Canapicoltura //
In questo articolo
1 / L'agricoltura rigenerativa va oltre il biologico
2 / In che modo le pratiche rigenerative influenzano la qualità della canapa?
3 / Canapa e Korean Natural Farming

Pubblichiamo qui di seguito un articolo che racconta i benefici dell’applicazione delle tecniche proprie dell’agricoltura rigenerativa, applicata alla canapa per rigenerare il terreno e renderlo più fertile, eliminando l’uso di fertilizzanti chimici, pesticidi, erbicidi e agrofarmaci, e promuovendo la biodiversità; a cura di Green Organics. Nell’immagine sopra, il substrato autoprodotte dall’azienda. 

L’agricoltura rigenerativa è un insieme di tecniche agricole antiche e moderne, che hanno l’obiettivo di rigenerare il suolo coltivato, arricchendolo di microrganismi benefici e rendendolo più fertile raccolto dopo raccolto.

Il lavoro principale si sposterà su: minerali, parte organica e microbiologia e si andrà ad eliminare del tutto l’utilizzo di fertilizzanti chimici, pesticidi, erbicidi, agrofarmaci ed aggressive movimentazioni del suolo.

L’approccio non è più quello di dominare la natura ma di comprenderla e lavorare con essa, favorendo le sinergie ed i cicli naturali che possono portare vantaggi benefici.

Il modo in cui coltiviamo le piante non solo incide sulla qualità e resa del raccolto, ma anche sull’ambiente circostante, nel docu-film Kiss the Ground disponibile su Netflix, si può ben capire che la vera lotta al cambiamento climatico e la desertificazione passa dal modo in cui si coltiva: ci sono numerose prove scientifiche e testimonianze dirette di agricoltori, che mostrano come le tecniche di rivitalizzazione del suolo incide in modo significativo nella salvaguardia dell’ecosistema circostante  e nella lotta al surriscaldamento globale.

L’agricoltura rigenerativa va oltre il biologico

Questo concetto di agricoltura va ben oltre l’agricoltura sostenibile, in quanto le tecniche guariscono, migliorano e riparano il suolo, proteggendo anche l’habitat circostante, promuovendo la biodiversità e la sinergia degli elementi autoctoni, favorendo il più possibile l’autoproduzione.

L’agricoltura biologica da sola non è necessariamente rigenerativa o sostenibile. Molto spesso ci sono enormi impatti ambientali dovuti all’utilizzo di prodotti e nutrienti biologici. Molti ammendanti organici vengono estratti e trasportati in modo insostenibile. Prodotti antiparassitari biologici sembrano sicuri per l’ecosistema, ma in realtà sono dannosi per la bio-diversità autoctona, in particolare per le api, che oggi rischiano l’estinzione.

Le tecniche di agricoltura rigenerativa si basano su 3 principi cardine:

1. Diversificazione colturale, l’azione sinergica di più piante, aumenta la biodiversità e migliora la struttura del suolo, riducendo in modo sensibile il rischio di malattie con il vantaggio di evitare fitofarmaci.

2. Riduzione delle lavorazioni meccaniche sul terreno, proteggendo così l’habitat micro-biologico di tutti quegli organismi che popolano il substrato, applicando varie tecniche nel tempo si può arrivare ad eliminare quasi del tutto l’impiego di macchinari, anche su grandi estensioni.

3. Copertura del suolo, che non va mai lasciato nudo, ma si può coprire con pacciamature di paglia o attraverso la semina di erbe buone intorno alle piante, che miglioreranno la struttura del suolo e tratterranno per le piante l’umidità.

In che modo le pratiche rigenerative influenzano la qualità della canapa?

Canapa coltivata con le tecniche dell’agricoltura rigenerativa

La canapa è una potente pianta terapeutica, con molte proprietà rigenerative per la salute, ma se coltivata o trattata con prodotti nocivi può diventa un vettore potenzialmente tossico per l’organismo.

L’utilizzo di prodotti concentrati o sostanze chimiche per il nutrimento: erbicidi, fungicidi e pesticidi utilizzati in qualsiasi fase del ciclo di vita, possono rendere la pianta potenzialmente pericolosa per l’essere umano.

Evitando terricci estranei, ma autoproducendo il substrato con il giusto equilibrio di ammendanti organici, compost e minerali, andando a far proliferare la micro vita con vari fermentati, a seconda delle esigenze del terreno, andremo non solo a risparmiare nel tempo costi di gestione e manodopera, ma daremo l’opportunità alle piante di crescere in modo veramente naturale, sano e più produttivo, con un controllo non più sui parametri ma sulla sinergia dei vari elementi naturali.

Per la coltivazione della cannabis, le tecniche del Korean Natural Farming si sposano molto bene per aumentare la proliferazione batterica e la qualità dei cannabinoidi, andando a produrre piante di canapa molto più sane e resistenti alle malattie, senza alcun utilizzo di fertilizzanti o correttori di Ph.

In California molti agricoltori di cannabis sono passati all’agricoltura rigenerativa, in quanto si sono resi conto, che la coltivazione intensiva della canapa, anche outdoor, non era per niente eco-sostenibile e potenzialmente pericolosa per la salute. Nel tempo sono talmente cresciuti di numero da arrivare ad avere una competizione riservata ai solo produttori rigenerativi: “Rigenerative cup award”, che si tiene durante la famosa Emerald Cup.

Canapa e Korean Natural Farming

Le tecniche del Korean natural farming, ben si sposano con la rigenerazione del suolo e la coltivazione della cannabis. Queste tecniche agricole sviluppate in Corea nella prima metà del 1900, mirano a far proliferare i microrganismi autoctoni, che vivono nel substrato (i primi 15 cm di suolo) della piantagione, col fine di avviare un circolo virtuoso che aumenta la resa e la salute delle piante, evitando del tutto fertilizzanti, pesticidi.

Le tecniche del KNF si basano sull’autoproduzione, sull’utilizzo di ammendanti organici e fermentati batterici per la crescita, la protezione delle piante e la proliferazione degli IMO, oltre a macerati di erbe come antiparassitari.

Aumentare la fertilità del substrato e la capacità di assorbimento dei nutrienti da parte delle piante, attraverso la proliferazione dei microrganismi indigeni detti (IMO): batteri, funghi, neumatoidi e protozoi, possiamo coltivare la cannabis con un impatto ambientale positivo, poiché saremo quasi costretti all’autoproduzione, per favorire microrganismi che già abbiamo nei nostri campi (fonte Effective role of indigenous microorganisms for sustainable environment)

Secondo Niccolò Baragli, grower della Greenorganics, tra i batteri più interessanti da utilizzare per la coltivazione di canapa per le infiorescenze vi sono sicuramente i LAB, i batteri dell’acido lattico.

I LAB possono essere prodotti dalla semplice fermentazione dell’acqua di risciacquo del riso: una volta messa a fermentare l’acqua in un barattolo e dopo alcuni giorni si aggiunge il latte, i batteri andranno a  produrre un siero giallognolo che può essere facilmente mescolato con l’acqua e irrorato nel substrato o sulle piante.

I LAB migliorano l’aerazione del suolo e promuovono una sana e rapida crescita delle piante (fonte Priming of plant resistance by natural compounds. Hexanoic acid as a model) questi ceppi batterici si nutrono di zucchero e rilasciano nel substrato come loro scarto, l’acido esaonico detto acido capronico: la pianta di cannabis, utilizza questa sostanza per la bio-sintesi dell’acido olivetolico, uno dei due ingredienti principali per la produzione dei cannabinoidi e dei terpeni.

Aumentando i livelli di questa sostanza, avremo una maggior produzione in termini di numero, dei tricomi presenti nelle infiorescenze, con il conseguente aumento della qualità e quantità di cannabinoidi e soprattutto dei terpeni. (fonte The hexanoyl-CoA precursor for cannabinoid biosynthesis is formed by an acyl-activating enzyme in Cannabis sativa trichomes )

A cura di Green Organics

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