La Bast Fibre Technologies Inc. (BFTi), azienda canadese specializzata in fibre naturali, annuncia l’apertura di una sede di produzione in Europa focalizzata sulla lavorazione e la produzione di fibra di canapa per sostituire i materiali sintetici. Ecco di cosa si tratta.
Dopo l’ultimo round di investimenti che ha permesso di raccogliere 7 milioni di dollari e che ha coinvolto anche la private equity newyorkese Merida Capital Holdings, la Bast Fibre Technologies punta a sviluppare un nuovo sito produttivo in Europa, nello specifico in Ungheria. L’obiettivo dell’azienda è ora superare la fase iniziale di ricerca e sviluppo per raggiungere la piena commercializzazione dei prodotti derivati dalla lavorazione della fibra naturale per ottenere nuovi tessuti e rimpiazzare i materiali sintetici entrando così nella commercializzazione su vasta scala.
“Dal nostro ultimo finanziamento di 12 mesi fa abbiamo registrato un aumento in termini di clienti che utilizzano le nostre fibre naturali all’interno delle loro linee produttive, quindi è fondamentale investire nella capacità di produzione per soddisfare la forte domanda del mercato”, ha affermato Noel Hall, CEO della Bast Fibre Technologies.
La Bast Fibre Technologies, che produce fibre naturali con il 100% di base vegetale ed è nota a livello internazionale per la lavorazione in particolare di rafia, canapa, juta e lino, già nel 2020 aveva raccolto 3,3 milioni di dollari vendendo un pacchetto azionario all’investitore Natural Products Canada (NPC) per finanziare la ricerca e avviare la produzione di salviette detergenti compostabili a base di canapa. Grazie al più recente round di investimenti, ora la produzione coinvolgerà anche la nuova sede ungherese, che sarà dedicata prevalentemente a questo scopo e utilizzerà canapa di provenienza europea.
Le fibre vegetali, in particolare quelle della canapa, supportano la struttura della pianta durante la crescita e per questo sono naturalmente assorbenti e robuste anche quando sono bagnate: una caratteristica fondamentale, questa, quando si parla di prodotti come salviette detergenti, pannolini, dischetti struccanti, camici e mascherine, come quelle già prodotte da piccole aziende italiane e utilizzate anche durante l’emergenza sanitaria.
“Solo parlando di oggetti monouso, ogni anno vengono utilizzate quasi sei milioni di tonnellate di fibra plastica. Noi di BFT vogliamo scendere in prima linea per ridurre la tradizionale dipendenza dell’industria del tessuto-non-tessuto ricavato da materiale sintetico”, ha affermato il presidente di BFT Jim Posa dalla sede canadese di Victoria, in British Columbia.
L’impegno di Bast Fibre Technologies potrebbe quindi avere un importante impatto positivo sull’ambiente. Attualmente, infatti, la maggior parte dei prodotti in tessuto-non-tessuto sono realizzati con materiali sintetici o semisintetici e quindi contribuiscono in modo determinante all’aumento dei rifiuti non compostabili e riciclabili e alla contaminazione da microplastiche. Al contrario, i tessuti-non-tessuti a base di fibre di canapa o naturali sono privi di plastica, compostabili e provengono da colture rinnovabili che forniscono riduzioni nette delle emissioni di gas serra.
Il progetto andrebbe quindi a inserirsi in un’industria globale che attualmente supera i 50 miliardi di dollari e che è al centro di un lungo dibattito in merito alla possibilità o meno di classificare le fibre artificiali al pari della plastica, così da stimolare la transizione sostenibile delle maggiori aziende coinvolte, molte delle quali si stanno impegnando a eliminare materiali derivati dal petrolio dai propri prodotti entro il 2030.
BFTi, dal canto suo, ha affermato di poter indirizzare le vendite di prodotti finiti realizzati in tessuto-non-tessuto naturale a giganti produttori globali di beni di consumo come Procter & Gamble e Johnson & Johnson, nonché ai principali punti vendita nordamericani come Walmart e Costco.
Martina Sgorlon