Vedrà la luce (di nuovo) anche in Italia una filiera della canapa dal seme al prodotto finito? Se l’è chiesto l’associazione Canapa Sativa Italia spiegando come si massimizza un investimento in canapa industriale per usare tutta la pianta: 1 taglio 4 raccolti, a partire dall’esperienza del ricercatore Vincenzo Guarnieri per creare i materiali del futuro a rifiuti zero.
“E’ un interrogativo cruciale la cui risposta resta purtroppo critica per migliaia di imprenditori, ricercatori e trasformatori che credono in una pianta versatile, importante sia per usi alimentari che medicali le cui fibre possono essere ancora più versatili per l’industria tessile, automobilistica, design, edile e di rivestimenti, finanche per l’industria spaziale o per quella ‘usa e getta’”, raccontano infatti dall’associazione sottolineando che: “La poca chiarezza delle norme esistenti che spesso si contraddicono o spesso vengono contraddette da organi inquirenti (soprattutto in Sardegna dove al contrario delle leggi applicate nelle altre regioni italiane è vietato separare il fiore dal resto della pianta) scoraggia l’attrazione di investimenti esteri e non permette il compattamento di una filiera sana e 100% made in Italy”.
Non solo, perché dall’associazione fanno notare che: “Se le normative acquisissero chiarezza e se gli organismi preposti abbandonassero atteggiamenti contrari alle norme esistenti, una filiera della canapa industriale potrebbe essere già una realtà fruttifera a partire dalla creazione di coltivazioni di piante utili per tutte le quattro doti della Cannabis Sativa Linnaeus: seme (alimentare e agricolo), fiore (benessere, estrattivo, medicale), canapulo, fibra (cellulosa e materiali innovativi) al fine di minimizzare le spese di impianto, lavorazione e ‘mietitura’ e massimizzare il ritorno sull’investimento”.
“La canapa italiana è storicamente la migliore d’Europa grazie a microclima e qualità dei terreni ma a tutt’oggi – mentre si discute su come far decollare la neonata filiera – ad essa vengono preferite qualità più scadenti (da quella francese a quella cinese) perché costano meno”, proseguono a spiegare dall’associazione evidenziando che: “Oggi, potenzialmente e alla luce della bolla speculativa di cui è oggetto in particolare il fiore, la creazione di valore ed economia di scala attorno a cellulosa e fibra rappresenterebbe un volano in grado di rivoluzionare completamente la produzione mondiale di materiali ad alta potenzialità”.
“Il valore della fibra di canapa è stato riconosciuto nel tempo: prima che esistesse la plastica era la fibra di canapa a farla da padrona in più di un’industria. Il nylon è stato creato ‘mimando’ la canapa come la bachelite fu creata mimando l’avorio”, puntualizzano.
Vincenzo Guarnieri, ricercatore e presidente di Policanapa, ha raccontato la sua esperienza sottolineando che: “La cellulosa della canapa ad esempio nel tessile potrebbe dar vita a tessuti fibrati (fibre tessili agugliate) o per trame ad ordito con capacità tecniche particolari permettendo di sostituire già oggi materiali plastici ed altri non compatibili per tendere all’optimum del rifiuto zero. Tra l’altro, a differenza della plastica prodotta dal petrolio, la bio-plastica da canapa non ha alcuna difficoltà e costi correlati al suo fine vita”.
Molte aziende come BMW e Ferrari si sono già accorte delle sue importanti capacità tecniche, due su tutte: la leggerezza specifica e la resistenza strutturale. La canapa produce tanta biomassa in poco tempo e per questo sono molteplici le aziende interessate all’utilizzo di cellulosa da canapa per bio-plastica sia come base (canapa come unico componente) che come filler (canapa come componente addizionale).
“Il processo da noi sviluppato e attuato in Abruzzo nel 2019 su 15 ettari di canapa suddivisi in due specie – Santica 27 e Futura 75 – si può riassumere in 1 taglio 4 raccolti”, sottolinea Guarnieri, che spiega: “Abbiamo utilizzato molti uomini e una mietilega da grano modificata per il raccolto di canapa ma abbiamo studiato e sviluppato le esperienze per la costruzione di una macchina (il cui nome è TCP120) per il raccolto in campo (1 taglio) che taglia e raccoglie piante intere con canne di altezze diverse in una sola volta, lasciando il terreno immediatamente libero e pronto per successive lavorazioni”.
Secondo Guarnieri: “Si tratta di una macchina studiata per recuperare tutta la pianta senza perdere nulla di fiore, foglie, seme e canna. Senza diminuire le qualità di tutti i raccolti, ma preservando le capacità organolettiche del seme per l’agro-alimentare, la predisposizione per l’estrazione da fiore pulito (biomassa con protocollo GMP), fibra e canapulo di altissima qualità perché non mortificati da agenti atmosferici e muffe nelle loro peculiari qualità di tenacia, resistenza e struttura (quattro raccolti). Il trasporto e il compostaggio delle canne intere permette l’essiccazione naturale al coperto: è delicata, preserva (non riduce e non ossida) la preziosa materia prima. Quando la pianta perde fino al 70% di peso (acqua) ed è ad una percentuale di umidità controllata sotto il 15 /12% allora è pronta per essere posta sul nastro trasportatore che la porterà dentro la DS1000 (defioratrice). Qui verrà separato il fiore dal seme ed entrambi saranno privi di insetti: durante l’essiccazione questi abbandonano le piante e pertanto non finiscono insieme al prodotto pulito. Si separa anche la canna, rendendo puliti i vari co-prodotti dalla presenza gli uni dagli altri”.
Fiore e seme, invece, “seguono ancora una strada comune passando attraverso un vibrovaglio a più piani. Oltre ad avere un ulteriore controllo visivo e manuale da parte dell’operatore, verranno divisi gli uni dagli altri rendendo pronti per l’invio all’estrazione i primi ed i secondi pronti per separazione in farina ed olio. La stecca di canapa integra e lunga quanto tutta la pianta ripulita di tutte le parti fogliari, di fiori e semi in uscita dalla DS 1000 (defioratrice) verrà trasportata su nastro e sarà pronta per essere separata dalla STK600 od STK1000 (entrambe stigliatrici) in fibra lunga e canapulo bianco pulito e depolverizzato”.
Infine, “ad attendere i co-prodotti in uscita vi sono due livelli di nastri trasportatori, uno alto a catena per raccogliere la fibra e uno basso a nastro per il canapulo. Sia la DS che le STK sono munite di aspiratori che recuperano le poveri delle relative lavorazioni che sono al loro volta ulteriori materiali di altissima qualità (e con propri comparti di vendita). Le successive lavorazioni della fibra e del canapulo seguiranno le vie definite all’interno della filiera locale per rendere ulteriormente funzionali alla vendita questi prodotti”.
Redazione di Canapaindustriale.it
PER APPROFONDIRE:
Canapa per il settore automotive di largo consumo: sarà finalmente realtà?
Fibra di canapa per rimpiazzare plastica e sintetico: azienda canadese apre fabbrica in Europa
La “cotonizzazione” della fibra corta di canapa per il futuro del tessile made in Italy
Canapa del futuro: la fibra per una “casa spaziale” da utilizzare su Marte
Piatti, stoviglie e posate in canapa biodegradabili:la sostenibilità parte dalla tavola
Super batterie alla canapa: meglio del grafene, saranno prodotte in Usa
Bioplastica dalla canapa per cambiare il mondo: nasce la Hemp Plastic Company