Con questo articolo continua la nostra collaborazione con il dottor Giampaolo Grassi, già primo ricercatore del CREA-CIN di Rovigo, esplorando le potenzialità dei semi di canapa femminizzati e i motivi per i quali oggi non sono permessi.
Con i termini femminilizzati e talvolta indicati con femminizzati si intende indicare l’insieme di semi di canapa che danno origine ad una popolazione totalmente composta di piante femminili. L’aggettivo femminizzato, deriva dalla parola anglosassone feminized, mentre femminilizzati è tipicamente il termine in italiano, più comunemente usato per descrivere una cosa associata al carattere femminile.
A partire dagli anni Settanta, l’autore Mohan Ram si dedicò a studiare l’effetto degli ormoni sulle piante dioiche ed in particolare sulla canapa. Quando si intuì che alterando l’equilibrio dell’etilene nella pianta si poteva indurre la produzione dei fiori del sesso opposto al carattere geneticamente presente nella stessa, accelerò sensibilmente il progresso nella selezione e nella produzione di piante unisessuate.
Infatti, applicando un prodotto che favorisce la maturazione del pomodoro il cui principio attivo è l’ethephon e che fa aumentare il contenuto di etilene, la pianta se è maschile produce fiori femminili, ma più interessante è invece fare l’opposto e applicare sali d’argento che sequestrano etilene e ne limitano la produzione nei tessuti di una pianta femminile, così che si vengono a formare fiori maschili, quasi sempre fertili e capaci di fecondare i fiori femminili. In questo modo si ottengono i semi femminizzati che daranno una discendenza con il 100% di piante femminili. Una popolazione di canapa con solo piante femminili non allegherà seme, se mantenuta ben isolata da polline proveniente dall’esterno, e quando la pianta non deve dedicarsi alla formazione e maturazione del seme, arriva ad accumulare quasi il doppio di metaboliti secondari tra cui proprio i cannabinoidi e terpeni. L’unica possibilità che si abbia una certa formazione di semi in una popolazione derivata da semi femminizzati è che ci siano fiori ermafroditi che si originano a seguito di stress ambientali (alternanza di disponibilità di acqua, sbalzi di temperatura), concimazioni favorenti questo fenomeno, ferite e potatura e soprattutto una predisposizione genetica che si esprime quando certi caratteri sono portati all’omozigosi a seguito di autofecondazione.
Se non sono disponibili i semi femminizzati, l’unico modo per ottenere una popolazione composta di sole piante femminili è quello di seminare una varietà di canapa dioica e cercare di eliminare tutte le piante maschili prima che i fiori si aprano ed impollinino i fiori delle piante femminili. L’operazione sembra fattibile avendo un po’ di dimestichezza nel riconoscere le piante maschili prima dell’antesi, ma vi assicuro che è un’operazione estremamente difficile e costosa in termini di manodopera necessaria. Una prima condizione per rendere fattibile questa operazione è quella di seminare con una seminatrice di precisione in maniera che le piante vengano a trovarsi singole e ben distanti. Questo per evitare che ci sia eccessiva competizione tra semi vicini che inducono una ancora maggiore scalarità di fioritura che può durare oltre un mese. Inoltre, con la competizione fra le piante ci saranno individui di altezze molto variabili perciò nella fase di controllo risulta più difficile individuare le piante maschili. La frequenza con cui le piante devono essere esaminate non deve superare i due o tre giorni come massimo, altrimenti è facilissimo che luna pianta maschile sfugga e la si trovi con i fiori completamente aperti nel passaggio seguente. Una singola pianta produce milioni di granuli pollinici che possono essere distribuiti in un raggio di 3-4 km di distanza. Credetemi, l’operazione indicata come “smaschiatura” è decisamente complessa, costosa e quasi sempre incompleta.
Ma come mai non c’è neppure una varietà certificata ed inclusa nell’elenco europeo delle varietà di canapa certificate?
Semplicemente perché non c’è la norma che preveda questa possibilità. Si possono registrare i semi ibridi, quelli triploidi, quelli monogerme o plurigerme (non nella canapa), le varietà a riproduzione vegetativa (quelle destinate alla coltivazione standardizzata o ornamentale), persino gli OGM (fuori Europa), ma non è previsto che ci siano varietà con il 100% di semi femminili. Non si capisce il perché, ma “a pensar male non si fa peccato” ed io credo che non sia una distrazione del nostro legislatore, ma piuttosto una reazione avversa ai semi di questo tipo che da quasi vent’anni sono distribuiti in tutto il mondo dal sistema parallelo delle aziende sementiere di varietà ad elevato contenuto di THC, per impiego ricreativo. Oggi, da un ettaro in campo aperto in cui sono coltivate 10mila piante destinate a produrre fiori di buona qualità, si possono ottenere fino a 1.000 kg secchi, che ad un prezzo che può andare da 200 a 1.000 euro/kg, possono dare un ricavo di 200.000 -1.000.000 di euro.
Come si può immaginare che in una situazione economica come quella attuale, un agricoltore di fronte ad una prospettiva simile, si lasci fermare dalla indifferenza e insensibilità di un funzionario ministeriale che per evitare di irritare qualcuno che gli può creare problemi, si gira dall’altra parte?
E come volevasi dimostrare, negando una possibilità logica, utile e sicura, si ottiene l’effetto opposto a da ciò che poteva emergere, essere tracciato, tassato, vigilato e valorizzato, si passa al mondo parallelo dell’illegalità, clandestinità, in cui le aziende sementiere non sono individuabili, non operano in Italia, non assumono personale, non fanno ricerca e non operano alla luce del sole. Anche in questi giorni girano proposte di modifica delle legge 242/2016, ma all’interno di questi provvedimenti non sempre sono al primo posto modifiche e proposte che possono rimediare a questa assurda situazione.
Giampaolo Grassi – Canavsalus Srl