La canapa è una risorsa importantissima per il settore edile. A confermarlo non solo i soddisfatti inquilini delle prime case italiane in canapa, ma anche le testimonianze che arrivano a noi dal passato, come quella perfettamente integra dell’antica dimora di Miasa-Mura, in Giappone, costruita nel 1698.
La canapa (asa, 麻, in giapponese) viene coltivata in Giappone fin dalla preistoria e a confermarlo sono le testimonianze giunte fino a noi dal periodo Jōmon, un’ampissima pagina della storia del Paese che va dal 10.000 a.C. al 300 a.C.. Fin da subito la pianta si è rivelata un importante tassello della cultura locale — tanto da essere in parte offerta agli dei al termine del raccolto —, una materia prima eclettica che si prestava, come si presta ancora oggi, all’utilizzo nei settori più disparati e, in particolare, in quello tessile; basti pensare che in passato la canapa in Giappone era nota come kingusa, un termine traducibile letteralmente con “erba per i vestiti”.
Importante prodotto commerciale fin dal Medioevo, anche se con il tempo è stata sostituita prima dal cotone e poi dalle fibre sintetiche, nel Paese del Sol Levante la canapa non ha mai smesso di essere utilizzata per realizzare reti, abiti e tatami, i tradizionali tappetini giapponesi; il tutto seguendo un processo di “cotonizzazione” che in Europa è apparso solo nei primi anni del Ventesimo secolo.
Dopo secoli di sviluppo, però, il settore della canapa rallentò rapidamente dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando, nel 1947, gli Stati Uniti vincitori del conflitto imposero il Taima Torishimari Hô (The Hemp Control Act), che trasformò la coltivazione senza licenza in un reato.
Tra le maggiori aree di produzione, che hanno rallentano ma non arrestato la coltivazione anche dopo il 1947, spicca in particolare la regione di Hokuriku, un territorio con inverni freddi e nevosi ed estati calde e afose. È qui che si trova Miasa-Mura (美麻村) o semplicemente Miasa, un piccolo paesino delle Alpi Giapponesi che nel 2003 contava meno di 1.500 persone e che oggi è stato unito all’altrettanto piccolo villaggio Yasaka per formare la città di Ōmachi.
A sottolineare il legame tra Miasa e la canapa non solo i documenti e gli oggetti che testimoniano gli oltre duemila anni di coltivazione e utilizzo della pianta, conosciuta in queste aree come yamanaka asa, ossia “canapa delle montagne”, ma anche il nome stesso della località risalente alla seconda metà del Diciannovesimo secolo e traducibile letteralmente con “bellissimo villaggio in canapa”.
Per preservare la lunga storia e tradizione del luogo, l’ex capo del villaggio, il signor Nakamura, ha deciso di dare vita all’Asa no Yakata, il Museo della Canapa, e, in questo contesto, di donare la propria casa, appartenuta per decenni alla sua famiglia, realizzata in canapa e costruita oltre 300 anni fa.
La storica casa in canapa di Miasa, oggi riconosciuta come uno dei siti del patrimonio nazionale giapponese, fu infatti costruita nel 1698 e nel periodo Edo, che ha caratterizzato la storia del Paese dal 1603 al 1868, metteva alcune delle sue stanze a disposizione dei samurai in visita. Oggi a visitarla sono invece i numerosi turisti che decidono di scoprire più a fondo la sua storia e che al suo interno possono ammirare da vicino gli antichi utensili utilizzati per la lavorazione della materia prima, ma anche prodotti finiti come reti e tessuti.
La caratteristica principale di interesse per i ricercatori sulla canapa è la costruzione del tetto, per il quale venivano usati gli steli di canapa pelati come strato di supporto sotto i tetti di paglia a spiovente. Durante i secoli XVII e XVIII, gli steli di canapa pelati erano comunemente usati per i tetti in questa regione montuosa, poiché erano un sottoprodotto dell’industria locale di fibre di canapa e fornivano un importante rinforzo quando i tetti erano coperti da neve pesante durante l’inverno.
La dimora di Miasa-Mura oggi non è solo un’importantissima testimonianza storica del Giappone più antico e autentico — una voce dal passato più unica che rara se si pensa che a causa dei numerosi incendi e dopo la Seconda Guerra Mondiale gran parte degli antichi edifici del Paese è stata distrutta —, ma anche una conferma di ciò che nel settore edile si afferma da tempo: la canapa è un materiale adattabile e, soprattutto, resistente, in grado di sopravvivere al passare dei secoli e al cambio delle stagioni. Lo confermano anche le grotte indiane di Ellora, ad Aurangabad, protette per oltre 1.500 anni da questa pianta.
Se la casa in canapa in Miasa, costruita nel 1698 con le conoscenze e le tecniche dell’epoca, è ancora in grado di raccontare la sua storia, la pianta può e deve essere sfruttata nello stesso settore anche oggi, arrivando al massimo delle sue potenzialità grazie alle conoscenze e alle tecniche del Ventunesimo secolo.
Martina Sgorlon