È attivo nelle Marche, regione che vanta una ricca tradizione in termini di canapicoltura, un nuovo centro per la trasformazione della canapa industriale. Per approfondire lo sviluppo e gli scopi del progetto abbiamo intervistato Matteo Mancinelli, co-fondatore di New Fibra, l’azienda che vuole rivoluzionare il settore marchigiano della canapa.
Così come è avvenuto in altre zone d’Italia, anche nelle Marche la canapa è stata coltivata per secoli e la fibra derivata, nota per la sua pregiata qualità, è stata usata per anni per la realizzazione di filati destinati ai diversi settori, dall’alta moda ai casalinghi. A questo, nel secolo scorso, si sono aggiunti i mercati delle corde e delle reti da pesca, sviluppatisi rispettivamente a Jesi (Ancona) e a San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) e diventati in poco tempo due realtà di eccellenza in Europa per le tecniche applicate lungo tutta la filiera: coltivazione, macerazione, stigliatura e tessitura della canapa.
Dopo il boom della canapa registrato nel Ventesimo secolo e dopo la conclusione del conflitto mondiale, sfortunatamente, le Marche e l’Italia intera abbandonarono lentamente la canapicoltura a favore dei nuovi materiali. Oggi, però, le cose stanno cambiando e non mancano le realtà italiane e marchigiane che stanno investendo in nuovi progetti e in nuove tecnologie legate alla coltivazione e alla lavorazione della canapa. Tra queste New Fibra, azienda nata a Jesi nel 2019.
Per saperne di più e per scoprire più nel dettaglio il nuovo centro di trasformazione della canapa sviluppato da New Fibra abbiamo intervistato Matteo Mancinelli, tra i soci fondatori dell’azienda.
Come è nata New Fibra e quali sono le caratteristiche principali dell’azienda?
New Fibra è una giovane azienda nata nel 2019 dal desiderio di noi soci fondatori di creare una realtà lavorativa basata sulla nostra esperienza personale nella canapicoltura e manifattura di canapa industriale. Negli ultimi due anni, ricostruendo un micro modello di economia circolare efficace e recuperando l’esperienza del passato, abbiamo industrializzato il processo artigianale di produzione dello stelo di canapa, il tutto supportati dalle ricerche delle Università di Ancona e Camerino, convertendo tutto lo storico a nostra disposizione in “moderno”. Per questo ci siamo cimentati in progetti innovativi, abbiamo sviluppato applicazioni per le nostre macchine, in ottica di digitalizzazione 4.0 e carbon negative.
Avete incontrato particolari difficoltà lungo il percorso?
Le difficoltà incontrate nello sviluppo del progetto sono state molteplici e di diversa natura, ma anche grazie alle collaborazioni con Confartigianato e ai partner commerciali del territorio, ora siamo operativi e puntiamo a essere la prima azienda del Centro Italia nella produzione di semilavorati in canapa industriale.
Qual è il motore principale del vostro progetto? Perché proprio la canapa?
Lo scopo imprenditoriale e il sogno di chi si cimenta in un’avventura del genere è far riscoprire al mondo l’eccezionalità e il bisogno impellente di una produzione ecosostenibile, controllata e certificata, che risponda a una visione di produzione a impatto zero. Creare lavoro e indotto da una risorsa tanto preziosa, inesauribile quanto rinnovabile per eccellenza come la canapa industriale, oggi è non solo possibile, ma rappresenta piuttosto un’esigenza alla quale il mondo moderno non può più permettersi di rinunciare.
Come riuscite a garantire il controllo e la certificazione della materia prima?
La nostra materia vegetale viene selezionata in campo e proviene esclusivamente da coltivazioni biologiche e nel pieno rispetto del criterio di tracciabilità. New Fibra infatti richiede ai suoi produttori la compilazione di una scheda , il “passaporto” della pianta, che ne identifica la varietà ed il luogo di provenienza oltre a determinate caratteristiche di conformità ai nostri criteri di accettazione. Inoltre nell’intero ciclo di produzione non vengono usati agenti chimici.
Come è nato invece il progetto legato al nuovo centro di trasformazione?
Anche questo progetto nasce nel 2019, in particolare dal bisogno di recuperare e valorizzare gli scarti agricoli delle coltivazioni di canapa industriale. Da quel momento abbiamo cercato di capire dove si era fermata 70 anni fa la filiera della canapa e da lì siamo ripartiti. Le nuove tecnologie e le molteplici ricerche sul settore hanno dato oggi maggior valore a questo scarto agricolo trasformandolo in una vera e propria risorsa.
Il centro di trasformazione della canapa è già attivo? Dove si trova? E in che cosa consiste la produzione?
Il nostro impianto è operativo ed è in continuo sviluppo, questo perché il nostro percorso nasce dalla ricerca dei vari settori applicativi del nostro semilavorato e poi della personalizzazione in base ad ogni applicazione. La nostra sede si trova a Fabriano e si occupa della prima trasformazione e raffinazione della fibra di canapa e della valorizzazione della parte legnosa di scarto, il canapulo.
Avete intenzione di avviare ulteriori lavorazioni? In caso, quali altri prodotti intendete ottenere?
Attualmente produciamo fibra corta e canapulo di diverse granulometrie. La fibra che produciamo viene utilizzata per carta artistica o per packaging, il canapulo lo utilizziamo come lettiere per animali, per diverse applicazioni in ambito edile. Nei nostri progetti sono presenti aziende per la produzione di bioplastiche dove stanno lavorando appunto per la produzione di una plastica di canapa.
Come vi state ponendo nei confronti del mercato? Avete già aziende che acquistano o che sono in attesa di acquistare i vostri prodotti?
Siamo entrati nel mercato zootecnico e cartario con due prodotti molto innovativi e dalle caratteristiche uniche che inoltre provengono dalla natura e possono anche ritornarci. Abbiamo anche aziende che ci acquistano il semilavorato per utilizzi edili come intonaci, materiali inerti e altro.
Per quanto riguarda la canapa, invece, la materia prima la coltivate direttamente voi o vi viene consegnata da agricoltori locali? Quali aree geografiche coinvolge la coltivazione?
Attualmente stiamo ritirando tutte le paglie di canapa di scarto delle coltivazioni presenti per altri utilizzi. Nel mentre abbiamo già iniziato un processo di ricerca per la selezione di varietà più adatte alle nostre esigenze in termini di qualità e di quantità di fibra e di canapulo. Le coltivazioni coinvolgono attualmente uno spazio che va in un raggio massimo di 100 km dall’impianto.
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Sicuramente tra i nostri progetti, vista la grande richiesta di semilavorato di canapa, c’è quello di sviluppare un impianto industriale per quantitativi idonei a soddisfare alcuni indotti industriali.
Martina Sgorlon