In Toscana, Canapafiliera vuole rilanciare la coltivazione e la lavorazione della canapa grazie a un innovativo impianto dedicato in particolare alla lavorazione di materia prima destinata alla bioedilizia, al settore tessile e a quello cartario. Ecco tutti i dettagli.
Canapafiliera è una filiera industriale della canapa da fibra con sede a Migliarino Pisano, in Toscana. Esteso su un’area complessiva di 1.700 metri quadrati, l’impianto di trasformazione è stato progettato per trattare fino a 10.000 tonnellate di sostanza secca ogni anno e ha come obiettivo la produzione di canapulo destinato alla bioedilizia e di fibra di canapa (macerata microbiologicamente) per uso edile, tessile e cartario. Per saperne di più abbiamo intervistato l’Ingegnere Giuseppe Vitiello, Amministratore delegato e direttore tecnico di Canapafiliera SRL., e il Dott. Agr. Trop. Domenico Vitiello, Amministratore e direttore agronomico dell’azienda.
Quando e come è nata l’idea di creare un centro di lavorazione di canapa da fibra?
L’idea è nata nel mese di novembre 2020, durante un incontro tra noi e gli altri soci. Eravamo tutti consapevoli che nella filiera italiana della canapa sativa mancava un anello importante costituito da un impianto di lavorazione e macerazione della canapa sativa per produrre, oltre che al tradizionale canapulo per l’edilizia, anche fibra macerata per i settori cartarie tessili.
Ora il centro di Canapafiliera è già operativo?
Siamo in fase di collaudo finale; sarà definitivamente operativo entro il mese di giugno 2022.
L’obiettivo è produrre canapulo destinato alla bioedilizia e fibra di canapa per uso edile, tessile e cartario. Ci può parlare più nel dettaglio delle lavorazioni delle quali vi occupate?
L’impianto è sostanzialmente diviso in due sezioni. La prima sezione è quella dove le rotoballe e le balle prismatiche di canapa vengono tagliate e stigliate per separare la corteccia esterna, costituita dalla fibra, dal canapulo interno. Questa sezione è stata progettata da noi e mira a salvaguardare al massimo la qualità della fibra per poi conservarla durante le lavorazioni successive. Il canapulo prodotto viene stoccato in appositi big bag, mentre la fibra viene inviata alla successiva sezione di macerazione. Questa sezione è la seconda parte dell’impianto. La fibra viene pressata in appositi cestelli forati di acciaio che vengono poi immersi in una vasca di macerazione anaerobica, operante in termofilia, per il periodo necessario al distacco delle fibre dalle pectine. Una volta macerata, la fibra di canapa viene sciacquata e immessa in una cabina di asciugatura con ambiente freddo e deumidificato. Tutto il processo è oggetto di una domanda di brevetto depositata nel 2020.
Dal punto di vista delle aziende agricole, che riscontro avete avuto in termini di adesioni al consorzio?
Purtroppo dobbiamo evidenziare quanto sia stato difficile, e lo sia tuttora, il confronto con le aziende agricole. Ciò sostanzialmente per due motivi: il primo è costituito dalle delusioni che negli anni scorsi hanno subito le aziende che si sono impegnate nelle coltivazioni di canapa in un contesto che non vedeva la certezza del ritiro e del riconoscimento del giusto reddito all’impresa; per superare questo scetticismo abbiamo voluto appositamente realizzare dapprima l’impianto per dimostrare la solidità della nostra proposta. Il secondo motivo è costituito da una diffusa poca conoscenza delle tecniche agronomiche necessarie per la coltivazione della canapa dovute all’abbandono delle coltivazioni di canapa sin dagli anni “60 del secolo scorso e che stiamo cercando di colmare con appositi incontri di formazione organizzati con gli agricoltori interessati presso una sala incontri appositamente allestita negli uffici del nostro stabilimento in via del Fischione 17.
Inoltre, c’è stato anche il perdurare di un tentativo che negli ultimi anni ha caratterizzato la ricerca: quello di prevedere una contemporanea attività di mietitura per il seme e di falciatura per la paglia. Noi abbiamo chiarito fin da subito che la coltivazione della canapa per produrre fibra di qualità deve rispondere ad un preciso protocollo associato al marchio di qualità della fibra (Italian Hemp Fiber), che prevede chiaramente di falciare la pianta al momento della fioritura, quando cioè le fibre possiedono la migliore caratteristica per gli usi tessili previsti. Se la pianta viene portata alla maturazione del seme le fibre finiscono per perdere queste caratteristiche. Quindi o si sceglie di produrre fibra di qualità o si sceglie di produrre seme. Da diverse varietà monoiche di seme di canapa sono possibili entrambe le attività, ma non contemporaneamente.
Quali caratteristiche devono avere le aziende agricole per entrare nel consorzio?
Il Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione della Canapa sativa della Tradizione Italiana, in sigla CON.CANAPA TU.VAL.I. è stato costituito recentemente per relazionare tutti i soggetti interessati allo sviluppo della filiera della canapa (imprenditori agricoli e non) e ottenere il riconoscimento della prima O.P. (Organizzazione di Produttori) della canapa a livello nazionale. Il Consorzio in particolare, partecipando ai bandi pubblici, sarà in grado di attingere a tutti quei finanziamenti necessari per lo sviluppo della filiera Food e No food e quindi per l’acquisto di macchinari specifici sia per la raccolta e l’imballaggio della canapa da fibra che per la raccolta e trasformazione dei semi o anche strutture per lo stoccaggio del materiale e, non ultimo, per lo sviluppo delle attività di ricerca, come per esempio il miglioramento genetico per la selezione e costituzione di ecotipi locali maggiormente produttivi, di buona qualità e più adatti alle particolari condizioni edafiche e climatiche.
Quindi la caratteristica principale che devono avere le aziende agricole consorziate è avere il possesso di terreni a seminativi, proprio perché la canapa, essendo una pianta da rinnovo, va inserita nell’avvicendamento colturale triennale insieme a una miglioratrice (leguminosa) e una depauperante (cereale): è risaputo che la canapa coltivata in precessione col grano migliora la resa di quest’ultimo anche fino al 40%, senza tener conto dei miglioramenti del suolo sia in termini di struttura che di fertilità.
Parlando invece nello specifico della fibra di canapa per uso tessile e cartario, come vi state muovendo in questo senso? Canapafiliera ha già iniziato la produzione?
La nostra attività di ricerca, cominciata nel 2018, è stata sempre orientata a individuare precisi mercati per le nostre fibre macerate. Abbiamo avviato un progetto di ricerca con Lucense, la società di ricerca del settore cartario di Lucca, per evidenziare come la fibra macerata possa essere utilizzata immediatamente nei circuiti produttivi di carta e cartone riciclati, con ottimi risultati anche sulle caratteristiche tecniche del prodotto. Abbiamo poi avviato una seconda ricerca nel settore tessile, arrivando a produrre un filato misto lana e canapa. Il secondo obiettivo è di arrivare a produrre a breve filato di sola canapa. Abbiamo pertanto deciso di avviare la produzione in funzione delle richieste che avremo da entrambi i settori.
E per ora che tipo di riscontro avete ricevuto dalle aziende di questi settori? C’è dell’interesse?
L’interesse nel settore cartario è rilevante, come evidenziato dai rappresentanti di Assocarta. Abbiamo in corso trattative con aziende cartarie, anche multinazionali, per contratti di fornitura rilevanti, che prevederanno sicuramente il potenziamento delle coltivazioni anche in altre regioni. Analogo interesse è stato evidenziato dal settore tessile.
E dal punto di vista dei prodotti? Sono già stati creati i primi prodotti tessili o cartari utilizzando la fibra di canapa di Canapafiliera?
Come anticipato, abbiamo potuto ottenere della carta miscelando fibre di canapa macerata con fibre di cellulosa e per farlo abbiamo usato il laboratorio di Lucense con macchinari che riproducono, in scala, gli impianti industriali esistenti. Questi prodotti sono quindi facilmente ottenibili senza dover modificare le linee di produzione attuali. Abbiamo poi prodotto circa 150 Kg di filato miscelando fibre di lana con fibre di canapa macerata (50% entrambi); i filati ottenuti sono ora stati consegnati ad alcune aziende di tessitura. In sostanza, le fibre macerate hanno già dimostrato la loro utilità in questi settori.
Sul vostro sito si legge che prevedete un ingresso di 10mila tonnellate annue di sostanza secca in rotoballe e balle prismatiche. Quali caratteristiche deve avere la canapa in questo caso?
Come Canapafiliera SRL abbiamo progettato e realizzato un innovativo impianto di prima lavorazione della canapa da fibra (stigliatura e macerazione della fibra) tenendo conto di un materiale in ingresso di sostanza secca prodotto e raccolto con i metodi di lavorazione che si usano ordinariamente nella fienagione, come per esempio semina con seminatrice da grano, falciatura con bilama (anche se a doppia barra falciante) e rotoimballatrici o big-baler per la raccolta e l’imballaggio del materiale, evitando così quelle lavorazioni proposte in passato come la mietilegatura per la raccolta delle piante in fasci, lavorazioni improponibili perché troppo laboriose e dispendiose. Il Disciplinare di coltivazione della canapa da fibra, inoltre, prevede la raccolta della canapa in fioritura, quando cioè vi è il più alto contenuto in fibra nella pianta e soprattutto in fibra primaria più adatta al trattamento di filatura.
Quali sono le cifre di mercato? Quanto pagate la materia prima?
Attualmente il Consorzio sta sottoscrivendo contratti con prezzo di acquisto pari a 150 euro a tonnellata. La nostra intenzione è quella di valorizzare i prodotti ottenuti in modo da portare il valore della produzione agricola almeno a 250 euro a tonnellata.
Tra gli obiettivi che vi siete posti c’è la coltivazione a canapa di 1.000 ettari di terreno tra Lucca e Pisa. A che punto siete? Quali sono, attualmente, le previsioni?
Attualmente siamo riusciti a coltivare circa 150 ettari, tra le zone limitrofe di S. Giuliano Terme (PI) e le province di Siena, Arezzo e Grosseto, ma contiamo nei prossimi anni di aumentare le coltivazioni soprattutto nelle province tra Pisa e Lucca, avendo anche verificato che la coltivazione della canapa non è appetita dalla fauna selvatica (daini, cinghiali, conigli, ecc.), il che potrebbe essere interessante per tutti quei terreni pianeggianti in prossimità dei boschi che sono stati abbandonati proprio per i continui danni subiti in questi ultimi anni.
E quali sono i prossimi obiettivi di Canapafiliera?
Stiamo collaborando con l’azienda agricole Terre Toscane di proprietà della Regione Toscana per partecipare ad un bando di ricerca nell’ambito della misura 16.2 del PSR. Lo scopo è quello di trasferire alle aziende agricole le informazioni necessarie per poter coltivare correttamente la canapa e per sottoscrivere contratti di filiera remunerativi. Inoltre stiamo valutando la possibilità di presentare un progetto di filiera nell’ambito del bando pubblicato dal Ministero dell’Agricoltura.
Personalmente riteniamo di aver dato un contributo fondamentale allo sviluppo della filiera della canapa per la produzione di fibra macerata di qualità. Invitiamo pertanto tutte le aziende agricole interessate a contattarci qualora siano intenzionate a partecipare ai nostri progetti di filiera. Coltivare canapa fa bene all’ambiente, migliora le produzioni agricole successive e, speriamo a breve, anche la redditività delle aziende agricole che la coltivano.
Martina Sgorlon