In Australia la canapa industriale e i carbon credits applicati al settore agricolo potrebbero dare vita a uno sviluppo economico sostenibile che porterebbe il Paese a raggiungere i suoi obiettivi ambientali entro il 2030. Ecco tutti i dettagli e le opinioni dell’esperto James Vosper, presidente dell’Australian Industrial Hemp Alliance.
I crediti di carbonio (o carbon credits, in inglese) sono dei certificati rilasciati dalle autorità di regolamentazione alle aziende che, acquistandoli come veri e propri titoli di scambio, ottengono così l’autorizzazione per generare un quantitativo prestabilito (espresso in tonnellate) di emissioni di CO2.
Obiettivo finale è quindi limitare il rilascio di gas effetto serra nell’atmosfera terrestre sfruttando un meccanismo economico che premia chi riduce il proprio impatto ambientale. Le realtà industriali, infatti, pagano a seconda della CO2 emessa, ma, nel caso in cui abbiano acquistato più carbon credits di quelli effettivamente utilizzati, sono allo stesso tempo autorizzate a cedere e vendere le loro quote in eccedenza ad altre aziende, innescando così un circolo virtuoso sia dal punto di vista economico che ambientale.
Su scala globale, tra i protagonisti di questo circolo virtuoso ci sono e ci saranno gli agricoltori e i silvicoltori, coltivatori di canapa inclusi, che avranno un ruolo sempre più influente e incisivo nel contrasto al cambiamento climatico.
Le ultime conferme arrivano dall’Australia, dove l’agricoltura contribuisce per circa il 13% alle emissioni di CO2 e dove la canapa potrebbe svolgere un ruolo fondamentale non solo per la riduzione dell’anidride carbonica, ma anche per conservare le sempre più preziose risorse idriche, migliorare la qualità del suolo e, allo stesso tempo, fornire agli agricoltori i preziosi carbon credits.
Ad affermarlo è un documento pubblicato da James Vosper, presidente dell’Australian Industrial Hemp Alliance, convinto che la canapa industriale possa contribuire in modo significativo all’obiettivo del governo australiano di ridurre i quantitativi di CO2 nell’atmosfera entro il 2030, obiettivo che è attualmente fissato a una riduzione del 26-28% rispetto ai livelli registrati nel 2005.
“È stato scientificamente dimostrato che la canapa industriale assorbe più CO2 per ettaro rispetto a qualsiasi coltura forestale o commerciale”, si legge nel documento firmato da Vosper e rilanciato da Hemp Today. “Inoltre, la CO2 viene permanentemente legata all’interno della fibra di canapa che viene utilizzata per qualsiasi cosa: come materia prima per tessuti e carta e come materiale da costruzione. Attualmente, per esempio, è utilizzata da BMW, in Germania, per sostituire la plastica nella costruzione di automobili e si pone quindi come alternativa a ciò che altrimenti sarebbe ricavato dal petrolio. La canapa, inoltre, può essere costantemente ripiantata e come tale soddisfa i criteri di permanenza definiti dal Protocollo di Kyoto”.
Non solo, secondo Vosper, la coltivazione diffusa della canapa può anche favorire lo sviluppo economico e l’occupazione nelle aree rurali più povere del Paese.
“La canapa può essere coltivata su larga scala in tutta l’Australia, su terreni poveri di nutrienti e con quantità d’acqua molto piccole e senza fertilizzanti. La pianta può essere coltivata su terreni agricoli esistenti (a differenza della maggior parte dei progetti forestali) e può essere inclusa come parte della rotazione delle colture di un’azienda agricola con effetti positivi sui raccolti complessivi ricavati dalle colture successive. Può quindi rispettare i piani del governo australiano per aumentare l’occupazione e migliorare la posizione economica delle aree remote. Ciò è particolarmente rilevante per i detentori di terre aborigene e delle isole dello Stretto di Torres”, ha aggiunto Vosper.
È in questo specifico contesto che entrano in gioco i carbon credits. Per gli agricoltori australiani la canapa offre il potenziale per incassare crediti di carbonio certificati che possono essere venduti al governo nell’ambito del Fondo australiano per la riduzione delle emissioni (ERF): uno schema volontario che incentiva lo sviluppo di nuove pratiche e tecnologie volte a ridurre l’impronta di CO2 complessiva dell’Australia.
A questo si affianca l’azione del Clean Energy Regulator (CER), che sta sviluppando un sistema che punta a semplificare e a rendere più economico lo scambio dei carbon credits, che potranno essere venduti inoltre sui mercati secondari. Secondo il CER, sulla base dei dati raccolti, questo nuovo sistema farà risparmiare alle aziende australiane fino a 100 milioni di dollari di costi di transazione entro il 2030.
Con l’enorme potenziale in termini di utilizzo, inoltre, la canapa potrebbe stimolare e incentivare la nascita di nuove industrie su tutto il territorio e ridurre quindi la dipendenza del Paese dalle importazioni dall’estero.
Martina Sgorlon