La canapa è al centro di una sperimentazione per essere utilizzata come rete per le cozze tarantine, presidio Slow Food, che può portare a diversi risvolti produttivi e ambientali.
Primo tra tutti la riduzione dell’inquinamento e dell’impatto ambientale visto che, sostituendo la plastica per contenere le cozze che stanno per mesi sotto l’acqua, è un materiale che si biodegrada senza problemi e senza contaminare le acque e i mitili che, non dimentichiamo, diventeranno cibo per l’uomo.
Poi c’è l’aspetto della crescita delle cozze che, nelle parole dei viticoltori tarantini e dell’assessore allo Sviluppo Economico Fabrizio Manzulli e vicesindaco di Taranto che sta seguendo il progetto, crescono di più rispetto a quelle nelle reti sintetiche o di plastica, moltiplicando il volume anche di 6 volte.
Infine c’è una bella opportunità più in generale, che è quella di creare una filiera sostenibile che, dai campi di canapa, permetta la lavorazione della fibra per ottenere le reti. Ed è anche l’ennesima rivincita della canapa, che, proprio a causa della diffusione del nylon e di altre fibre sintetiche, ha rischiato di sparire dai nostri campi. Senza contare che potrebbe essere un primo passo verso il cambiamento della difficile situazione di Taranto sia dal punto di vista ambientale che da quello dell’occupazione giovanile.
“Abbiamo iniziato questa sperimentazione in collaborazione con Rachele Invernizzi, vicepresidente di Federcanapa e Simona Tempesta, l’artigiana che sta creando i primi prototipi delle reti, insieme a un gruppo di mitilicoltori”, racconta Fabrizio Manzulli a Canapaindustriale.it. E’ una sperimentazione iniziata un anno fa con altri sistemi, come le reti in Mater-Bi, che è un amido di masi, ma vogliamo provare anche altri materiali non inquinanti. Da questo primo test che abbiamo fatto le reti in canapa sembrano funzionare bene. Tra l’altro, nel tempo, in gran parte si sciolgono senza lasciare nessun residuo inquinante nel nostro ecosistema di Mar Piccolo e continueremo con la sperimentazione, che ora è giunta a metà del progetto”.
Nel caso tutto andasse come previsto l’idea è quella di mettere in piedi un “progetto di economia circolare, utilizzando i terreni sulle sponde del Mar Piccolo, soprattutto in quelli abbandonati, per portare avanti la coltivazione di canapa e poi riuscire a realizzare delle infrastrutture che dovrebbero accogliere i macchinari per la filatura e per la realizzazione delle retine. Quindi la nascita di un progetto di economia circolare con una start up che si occupi di questo e dei vari aspetti che la filiera della canapa può esprimere”.
La prima fase sta andando nel migliore dei modi. “Dopo 9 o 10 mesi in mare la rete in canapa si scioglie, dando cibo all’ecosistema, e la cosa importante che abbiamo notato è che le cozze, rispetto a quelle cresciute nelle reti di nylon, crescono 6 volte in più, il che è un ottimo risultato”.
La sperimentazione andrà avanti fino a marzo/aprile, che è il periodo di raccolta, per poi verificare definitivamente le condizioni.
“Queste prime retine sono realizzate completamente a mano, le ho intrecciate con la tecnica del macramè, la particolarità è che sono tubolari e quindi difficili da realizzare”, racconta Simona Tempesta. “L’obiettivo finale, se tutto andrà bene, è quella di ricreare una filiera che possa permetterci di arrivare a creare un filato di canapa a livello industriale. Ora apporteremo delle modifiche alle retine, che saranno rinforzate nella parte centrale per fare in modo che reggano il peso”.
Vi aggiorneremo con i risultati appena ci saranno novità.
Mario Catania