La nascita dei social network nel panorama mediale ha creato nuovi modi di informarsi, donando ai lettori e agli spettatori la facoltà di poter interagire con i contenuti, creando opportunità di confronto tra pari, condivisione di informazioni con la propria rete di conoscenti e in alcuni casi offrendo la possibilità di contribuire ad arricchire le informazioni rielaborandole e diffondendole sui propri canali, dal momento che i social offrono spazi espressivi personali e personalizzabili.
Ciò ha portato a un’aggregazione spontanea tra coloro che condividono interessi simili, generando così delle vere e proprie tribù, i cui membri condividono opinioni e comportamenti. È altrettanto interessante che, in certi casi, le tribù si scontrino on line, dando vita a discussioni che si diffondono a macchia d’olio, fino ad entrare nella nostra stessa vita quotidiana.
Facciamo qualche esempio:
il fenomeno “Ferragnez” ha radicalmente diviso in due schieramenti contrapposti chi seguiva Chiara Ferragni e Federico Lucia, in arte Fedez, ponendo da una parte i difensori a spada tratta del lifestyle della coppia, dall’altra coloro i quali, invece, con scherno, li giudicava negativamente, portando i primi ad acquistare prodotti della nota influencer per mostrare solidarietà in stima. Ecco quindi che una discussione online si è trasformata in comportamento d’acquisto.
Ancora, come dimenticare il tormentone generato e diffusosi nella cultura popolare a seguito dell’intervento di Giorgia Meloni circa i titoli di “Genitore uno” e “Genitore due” nel 2019, che ha creato, da un lato (quello dei millennial e della gen z), una valanga di meme al riguardo e, dall’altro (quello di molte persone appartenenti a gen x, y, z), una critica alle nuove generazioni, colpevoli di essere superficiali e di sdrammatizzare temi importanti. Tutte informazioni riutilizzate dagli spin doctors durante le ultime elezioni che hanno visto performare sui vari social molti politici in uno spettacolo di politica pop che ha dominato il dibattito pubblico.
Insomma, on line co-esistono gruppi di persone in rapporto diretto con fonti mediatiche condivise che assorbono input, li elaborano e, alla fine, mettono in atto una serie di comportamenti che si riverberano sul tessuto sociale dando vita a comportamenti d’acquisto, preferenze politiche, movimenti di aggregazione e in alcuni casi resistenza sociale.
A questo punto possiamo tracciare il profilo di un’audience attraverso le sue tre più importanti caratteristiche:
– Medialità: il gruppo di persone è in rapporto diretto con una fonte mediatica (Social, Tv, giornali, radio).
– Attivismo: le stesse persone processano, assorbono e, in certi casi, rielaborano i contenuti distribuiti da tali fonti, dando vita, a volte, a una loro risemantizzazione (meme, post, articoli di blog).
– Diffusività: grazie agli smartphone e alla loro portabilità, i membri di un’audience sono connessi “Everywhere” e “Anytime” al punto che la relazione diventa un flusso costante di informazioni alle quali anche membri esterni a tale gruppo sono poi esposti.
I membri di un’audience sono in grado di percepire l’esistenza di un gruppo coeso, connesso da interessi e un registro comunicativo comune e quando poi un’audience si espande e il sentire comune si traduce in comportamenti visibili, ecco che si generano fenomeni sociali che vengono discussi dai media di massa: radio, TV, cinema, giornali.
Ma sorge una domanda: cosa succede quando due o più audience coesistono e si relazionano? Questa è una domanda che ci interessa particolarmente, poiché è la condizione in cui si trovano le audience della canapa e quelle che non conoscono l’argomento.
La crescente diffusione di contenuti riguardanti la canapa ha portato gruppi di persone ad aggregarsi attorno ad essi e a generare discussioni, gruppi, eventi sul tema che si sono pian piano inseriti nella cultura popolare generando reazioni della più varia natura. C’è stato chi ha reagito con paura, associando la pianta a una droga dalla quale tenersi alla larga, chi si è incuriosito, chi è rimasto indifferente e chi si è schierato apertamente contro, generando così, gradualmente delle subculture con proprie convinzioni e comportamenti che, per chi è interessato a diffondere una cultura della canapa, a promuovere prodotti e servizi è importante conoscere.
Per capire meglio il contesto, ho svolto, nel corso di due anni, attività di ricerca sociale presso il Dipartimento di “Comunicazione e Ricerca Sociale” dell’Università La Sapienza di Roma analizzando il comportamento di tutte le subculture della canapa oggi esistenti in Italia, ciascuna con valori e comportamenti unici.
Prima di procedere, una piccola precisazione: la nostra espressività e i nostri comportamenti sono influenzati anche dai mezzi a nostra disposizione. Per questo diciamo che un’audience è definita a partire anche dalle caratteristiche del mezzo espressivo che ha a disposizione, poiché le possibilità di relazione offerte dalla TV (Sms, sondaggi con telecomando) sono diverse da quelle offerte da Facebook (like, commento, condivisione, reactions, partecipazione a gruppi, creazione post) così come quest’ultimo offre a sua volta possibilità differenti da Instagram (assenza di reactions ridotte a un semplice cuore, commenti, condivisione, inesistenza di gruppi), di conseguenza le caratteristiche di un’audience sono il risultato delle features inserite nella piattaforma.
Avere a disposizione la possibilità di creare gruppi rende più semplice realizzare eventi, per esempio, rendendo le audience di Facebook più affiatate rispetto a Instagram, un social più rapido, immediato, in cui è più difficile stabilire delle relazioni durature online e offline.
Vediamo ora più nel dettaglio le caratteristiche delle tribù che compongono l’audience della canapa, analizzando i contesti mediali per il momento più densi di contenuti al riguardo: Facebook, Instagram e Twitter, anche se le cose sono destinate a cambiare per via della nascita di nuovi social e le modifiche agli algoritmi di categorizzazione.
I critici sono mediamente più giovani, studenti e professionisti che si schierano apertamente a favore della cannabis e la utilizzano come simulacro per testimoniare una forte insoddisfazione nei confronti della classe politica e del sistema educativo che spesso ritengono essere anche responsabili di una scarsa informazione sulle differenze tra canapa e marijuana. Sono digitalmente competenti e informati in diversi settori, tant’è che spesso utilizzano riferimenti interdisciplinari per creare collegamenti intertestuali e citazionisti ad altri contesti (sport gaming e giornalismo principalmente). I critici sono soliti interagire tra loro facendo fronte comune contro i fobici, a volte realizzando veri e propri raid nella sezione commenti dei contenuti pubblicati da pagine contro la cannabis, sono in grado di ibridare i propri commenti con opinioni diffuse da fonti giornalistiche (delle quali riprendono il linguaggio) con osservazioni personali, argomentando in modo originale ed eterogeneo, seppur sempre molto passionale e coinvolto. Si interessano di politica e la usano spesso nelle loro argomentazioni.
I fobici sono uomini e donne di età compresa per lo più tra i 55 e i 70 anni, condividono articoli senza argomentare o fornire opinioni personali in merito, risultano spesso poco propensi al dialogo. Associano la canapa alla marijuana e non conoscono la differenza tra l’uso ricreativo e quello industriale. Sono molto interessati a temi come la ricerca di lavoro e di fonti di guadagno, non dimostrano forti connessioni relazionali tra loro. Quella dei fobici è un’intelligenza collettiva che potremmo definire latente, la paura per la canapa non è sempre manifesta, ma rimane sopita finché non entrano in contatto con fonti argomentative che citano la canapa o la marijuana; solo a quel punto attivano un registro comunicativo che pare spesso essere preimpostato perché poco variegato e ridondante in termini di temi richiamati (disagio giovanile, degrado sociale, crisi dei valori tradizionali)
I bilanciati, principalmente uomini di età compresa tra i 35 e i 60 anni, professionisti che hanno vissuto esperienze a stretto contatto con la canapa industriale, sono meno passionali nel commentare rispetto a fobici e critici, ricorrono di meno alla volgarità e propongono ragionamenti inediti che si discostano dalle informazioni distribuite dai media mainstream. Esprimono apprezzamento per pagine che trattano gli aspetti scientifici della canapa. Elemento che accomuna i bilanciati con i critici e i fobici è lo scontento nei confronti del settore politico, considerato nello specifico inadeguato nel valorizzare un settore in crescita, invece penalizzato da tassazioni eccessive, mancanza di incentivi per i lavoratori e di investimenti in innovazione.
I creator ragazzi tra i 20 e i 35 anni con competenze avanzate nell’uso dei social e di programmi di grafica. Riescono a immaginare contenuti complessi, risemantizzando la realtà e proponendo la canapa come soluzione a problemi contemporanei attraverso le proprie creazioni che propongono riletture che sfruttano le logiche del “what if” e del “what is” tipici della transmedialità. Sono appassionati di musica e arte perché citano cantanti a favore della diffusione di una cultura della canapa e famosi artisti quali Banksy, Dalì, Botero i cui stili li riutilizzano per crearne di propri originali.
Gli hippie sono giovani tra i 16 e i 37 anni, sono appassionati di ciò che richiama il mondo del green e della natura in generale, apprezzano immagini che richiamano allontanamento o rifiuto del consumismo capitalistico della società contemporanea; amano il film V per la cui maschera curiosamente appare con costanza tra i contenuti dei loro profili social in varie rielaborazioni. Nella propria semiotica hanno accumulato conoscenze sul simbolismo rastafariano e nello spiritualismo, interpretandoli come opportunità di fuga dalle preoccupazioni del mondo. Apprezzano contenuti di tipo “motivational” come immagini minimali che ritraggono frasi come “Live your life”, Make the moment count”, “Think in the present”, “Breath”, apprezzano il reggae (67 profili analizzati citano Bob Marley e altri artisti reggae, gli stessi profili rispecchiano due o più delle caratteristiche di cui sopra)
I precursori rispecchiano molte delle caratteristiche dei membri delle altre due tribù, in aggiunta ci tengono a rimarcare il loro “esserci da prima” e spesso prendono le distanze dagli altri fan che accusano di essere appassionati alla canapa o solo per moda o per conformismo. Sono la tribù più veemente e passionale, comunicano forti sentimenti di nostalgia per la loro adolescenza, esprimono astio nei confronti delle immagini più apertamente narcisistiche, criticano la cultura dell’immagine e considerano il movimento della cannabis light come un surrogato della marijuana.
I politicamente impegnati: sono coloro che strumentalizzano il tema della canapa per esprimere il proprio disappunto sul sistema politico italiano. Sui loro profili appaiono retweet dei programmi “L’aria che tira”, “Radio news”, “Fratelli di Crozza”, “Coffee break”, “Di martedì”. Utilizzano un registro comunicativo che alterna il citazionismo giornalistico alla satira televisiva, facendo anche frequente uso di frasi brevi e sagaci: “#canapa”, La battaglia navale diventa campo minato…ma gli unici che perdono siamo noi”).
I virtuosi: sono utenti che citano articoli attinenti al mondo della canapa, usano la funzionalità di retweet come un’attività con scopo informativo, favorendo contenuti che riportano parole come “#giustizia”, “#educazione”, “#informazione”, “#libertà. Altri interessi sono relativi al mondo del fitness, della corretta alimentazione, energie rinnovabili e frasi motivazionali associate all’ecosostenibilità (“#go green“), usano come fonti d’informazione testate come il Times, il Guardian e Internazionale (130 su 240 profili analizzati). Usano un linguaggio moderato ed esprimono commenti positivi a contenuti che propongono argomenti con cognizione di causa proponendo tesi, antitesi e sintesi. Sono ponderati nel rispondere anche a commenti critici ed espressi con passionale veemenza.
Gli specialisti: a metà tra politologi e virtuosi, sono più creativi e a volte accade che i profili dei membri di questa tribù fungano da hub poiché i loro post vengono retwittati da membri di altre tribù. Sono creatori di articoli da loro stessi ri-condivisi, fanno uso di terminologia specialistica e spaziano dall’informazione tecnico-scientifica ad articoli politicizzati.
Elemento comune a tutte le tribù che compongono la più ampia audience della canapa sul web è il fatto che ognuna ha dei modi specifici di utilizzarlo. I più creativi frequentano soprattutto Instagram, potendo esprimere la propria fantasia liberamente ottenendo facilmente feedback numerosi grazie all’immediatezza con la quale si può esprimere gradimento. Le tribù di Instagram sono inoltre più narcisiste poiché tendono a mettere in mostra il sé ottenendo reazioni immediate, piuttosto che comunicare l'”Io” e attendere confronto. Su Facebook troviamo uno scenario più complesso, siccome la piattaforma offre molte più funzioni e modi di esprimersi. Gli utenti che utilizzano Facebook per esprimersi riguardo la canapa sono più disponibili al confronto, nel senso che rispondono più spesso usando argomentazioni complesse e non si accontentano di usare emoticon, basti pensare che a differenza di Instagram che concede solo un simbolo per esprimere le diverse sfumature possibili di apprezzamenti (il cuore) il social blu mette invece a disposizione dei suoi utenti ben sei possibili reactions che rendono possibile specificare il proprio punto di vista accedendo a uno spettro più ampio di sentimenti e interpretazioni dei testi circolanti. Questa complessità motiva l’esistenza di un ecosistema molto più variegato nel quale sono compresenti linee di pensiero diverse che si incontrano e rendono possibile generare appropriazione e rielaborazione dei contenuti fruiti. Le pratiche creative e interpretative di Twitter premiano soprattutto l’istituzionalità terminologica e l’ironia dei contenuti. Sono meno apprezzati prodotti di grafica come disegni, poster etc. Le tribù della canapa presenti su quest’ultima piattaforma in ogni caso fanno poco ricorso a meme e GIF, probabilmente anche perché più adulte e dunque più vicine al modo di esprimersi tipico dei media tradizionali.
Possiamo a questo punto comprendere come sia indiscutibilmente vero che esista un’audience della canapa composta da varie tribù, ma la sicurezza cade se pensiamo che ci sia coesione e standardizzazione di valori e credenze.
Questa situazione crea due fenomeni:
Ciò va da un lato a svantaggio di una diffusione di un’immagine universalmente riconoscibile della canapa creando nella cultura di massa che si avvicina ad essa quell’ambiguità che si traduce nella generale associazione della pianta all’immaginario diffuso dalla disinformazione sulla pianta iniziata negli anni ’20 del secolo scorso i cui messaggi oggi ancora tormentano il settore.
L’altro lato della medaglia però mostra che esiste un terreno fertile che trova nella creatività e nelle conversazioni presenti nell’ecosistema delle piattaforme social i semi per una nascita di progetti di comunicazione che possano fungere da volano per una graduale riqualificazione della pianta nell’immaginario collettivo qualora si riuscisse a convogliare in una standardizzazione e sistematizzazione informativa coerente con i trend più seguiti dalla cultura popolare.
Giuseppe Fiorenza