Pubblichiamo qui di seguito il comunicato stampa dell’associazione Canapa Sativa Italia, che chiarisce come il decreto che inserisce le preparazioni orali di CBD nella tabella dei medicinali stupefacenti – del quale chiedono comunque l’annullamento – non dovrebbe aver nessuno effetto sui fiori, a maggior ragione dopo la recente sentenza del Tar.
Va fatta innanzitutto chiarezza: i fiori di cannabis legale non hanno nulla a che fare con il decreto appena emanato dal Ministero della Salute.
La recente sentenza nr. N. 02613/2023 del TAR, emessa come risposta a un ricorso introduttivo presentato dalle nostre associazioni, ha stabilito che la normativa nazionale non può limitare l’uso dell’intera pianta di canapa, quindi anche delle parti apicali come i fiori, senza valide giustificazioni scientifiche.
Anche se molti giornali hanno parlato di “stretta sulla cannabis light”, il decreto in questione riguarda “le composizioni ad uso orale contenenti CBD estratto dalla pianta di Cannabis”. Queste composizioni, inserite tra gli stupefacenti a rischio di abuso, oltre a rendere più complesso e costoso l’approvvigionamento per fini terapeutici, potrebbe portare ulteriori ostacoli al cbd che da anni è prodotto e commercializzato in tutta la Comunità Europea, e in Italia.
Il contesto normativo che regola la commercializzazione di CBD e canapa, fa riferimento a diverse fonti e documenti giuridici, sia a livello internazionale che nazionale.
Nel gennaio del 2019, l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ha raccomandato agli Stati membri di sottrarre le preparazioni a base di cannabidiolo (CBD) al controllo internazionale.
A livello internazionale, la Commissione delle Nazioni Unite sulle Sostanze Stupefacenti (CND) il 2 dicembre 2020 ha rimosso la Cannabis Sativa L., i suoi estratti e le tinture dalla Tabella IV della Single Convention on Narcotic Drugs del 1961. Questo atto ha ridotto il livello di sorveglianza internazionale su tali sostanze.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CJEU), con sentenza C-663-18 del 19 novembre 2020, ha stabilito che gli Stati membri non possano vietare la vendita di CBD legalmente prodotto in un altro Stato membro, sottolineando che il CBD non è uno stupefacente.
La maggior parte degli Stati membri dell’EU ha recepito quest’evoluzione favorendo lo sviluppo di innumerevoli attività imprenditoriali; nei pochi Paesi (Italia inclusa) in cui gli esecutivi hanno contrastato la crescita del settore, gli imprenditori – supportati dalle associazioni di categoria – sono dovuti ricorrere ai rispettivi tribunali nazionali per annullare i provvedimenti che limitavano la commercializzazione di CBD e canapa, ripristinando così la legalità secondo le direttive comunitarie e internazionali.
L’AIFA ha inserito il CBD nell’elenco delle “Molecole fisiologicamente attive” ma non nella lista di quelle stupefacenti e/o a rischio d’abuso. Le molecole attive sono ad esempio il camazulene della camomilla, la vitamina C e molte altre molecole ben note e presenti in prodotti di libera vendita.
Dal 2020 il Ministero della Salute, a prescindere dal governo e dal colore politico, in contrasto con le leggi europee e le raccomandazioni OMS, continua a proporre una regolamentazione che favorisce gli interessi di alcuni a discapito di molti.
I prodotti al CBD non presentano criticità. Ne è un’ulteriore conferma la loro libera circolazione in questi ultimi anni nell’Unione Europea, in Svizzera e nel Regno Unito.
Le associazioni e le aziende del settore hanno già vinto recentemente un ricorso al Tar impugnando un altro decreto che andava in una direzione simile.
Ricordiamo che la filiera canapicola è legittima e le associazioni che la rappresentano siedono al tavolo di filiera presso il MASAF in cui si sta ultimando il piano di settore della canapa.
Il Governo parla di posti di lavoro, di ambiente ed economia circolare e di favorire il Made in Italy, ma con questo provvedimento l’unico risultato che si otterrebbe è un grande danno a un intero comparto produttivo che non è stato minimamente coinvolto nella valutazione delle conseguenze derivanti dall’entrata in vigore del decreto ministeriale.
Chiediamo al Ministero della Salute di ritirare il decreto e invitiamo il governo al dialogo, coinvolgendo le associazioni di categoria nelle scelte normative che verranno adottate per regolamentare il settore sulla base di dati e studi scientifici che vorremmo condividere.
Diversamente saremo costretti a tutelarci nelle diverse sedi, giurisdizionale e comunitaria.
Confidando in un serio impegno da parte del governo nel porre la giusta attenzione al comparto canapicolo, auspichiamo di avere presto la possibilità di un confronto proficuo con l’esecutivo.