Studiare la canapa per aprire squarci sul futuro dei biomateriali e delle tecnologie estrattive.
È il lavoro che sta guidando Giancarlo Cravotto professore ordinario di Chimica organica presso l’Università degli Studi di Torino e che rientrano nell’ambito del progetto Canapa New Tech, finanziato con i fondi del PSR Regione Sicilia e che vede l’azienda Millasensi come capofila e noi di Canapaindustriuale.it come media partner.
L’infiorescenza di canapa è uno scrigno che contiene centinaia di principi attivi che del quale non abbiamo ancora compreso a fondo le potenzialità. Al Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco (Università di Torino) si stanno esplorando nuove tecniche a basso impatto ambientale per estrarne oli essenziali, metaboliti primari (olio, proteine e fibre solubili) e metaboliti secondari biologicamente attivi.
Tali studi spaziano dalle infiorescenze ai semi, utilizzandoli, in un’ottica di sostenibilità, con processi estrattivi selettivi e sequenziali. Perché è proprio vero che della canapa non si butta via nulla, e anche gli scarti possono essere utilizzati per creare nuove filiere produttive ed economiche, così come si propone il progetto Canapa New Tech.
Per esplorare questi nuovi confini e capire dove la ricerca si stia spingendo ne abbiamo parlato proprio con il professor Cravotto in questa chiacchierata.
Cos’è l’idrodistillazione e a cosa serve?
L’idrodistillazione è una tecnologia antica che sfruttava gli alambicchi. Oggi grazie all’impiego di reattori a microonde ha avuto una importante evoluzione in termini qualitativi e quantitativi. Sono infatti disponibili apparecchiature di dimensioni da laboratorio ma anche per impianti pilota, delle dimensioni di una grossa lavatrice, nella quale si inseriscono dei sacchi di cotone o di iuta, pieni di pianta umida. Nella base c’è uno strato di acqua che rende l’ambiente umido e, irradiando con microonde, la distillazione è molto rapida ed efficiente, con un grande risparmio energetico perché si scalda direttamente la pianta e non grandi volumi di acqua. È una tecnica consolidata con cui è possibile produrre anche grandi quantitativi di olio essenziale. È un metodo rapido per raccogliere l’olio essenziale ma anche l’idrolato, che è l’acqua di distillazione è comunque abbastanza profumata e può essere d’interesse per il settore cosmetico.
C’è anche un’altra tecnologia che state utilizzando?
Sì, sempre per le varie parti della canapa, che possono essere i fiori, la pianta in toto o i germogli, abbiamo un’altra tecnologia su scala laboratorio, pilota e semi-industriale, dove tutto ciò che l’industria estrae con la percolazione idroalcolica, e quindi soluzioni con 60/70/80% di etanolo e 20/30/40% di acqua, noi lo estraiamo senza l’etanolo, che è infiammabile, costoso e ha tutta una normativa dedicata, e spesso richiede l’uso di impianti speciali. Per farlo utilizziamo l’acqua subcritica andando a utilizzare la matrice usata in precedenza per l’idrodistillazione, estraendo tutto quello che rimane. Volendo è una tecnica che si potrebbe utilizzare anche per i semi. La peculiarità è che si tratta di una tecnica, di cui abbiamo anche un brevetto, che permette di estrarre in elevata resa senza uso di alcol e con costi minori.
Che tipo di estratti si ottengono?
Gli estratti ottenuti con acqua subcritica sono estratti totali: sali minerali, proteine, grassi, fibre solubili, tutti i metaboliti secondari, come i polifenoli contenuti nella pianta: si ottiene un fitocomplesso in cui tutto ciò che è contenuto nella pianta, passa nel mio estratto, a parte lignina e cellulosa. È una peculiarità quasi unica di questa tecnologia, che non si trova in altre.
Altro vantaggio, più tecnico, è che l’estratto in acqua subcritica, si manda velocemente in camera di espansione in cui si ha una flash evaporazione, viene poi concentrato e poi passa in uno spray dryer, che ci consente di avere l’estratto secco, senza aggiungere maltodestrine. Questa tipologia di estratto non ha bisogno di additivi, si mette tal quale e io ho un estratto puro al 100%. La caratteristica, come detto, è che non ho selettività, viene estratto tutto.
Avete testato anche la CO2 supercritica?
L’altro processo estrattivo che stiamo studiando è quello con la CO2 supercritica: se l’acqua subcritica non è selettiva, ma è molto efficiente, la CO2 supercritica è invece estremamente selettiva. Come uso industriale è più comune, ad esempio per estrarre selettivamente la caffeina e ottenere il caffè decaffeinato. Noi però abbiamo sviluppato un reattore che combina la CO2 supercritica agli ultrasuoni, con il vantaggio di ridurre enormemente i tempi di estrazione. Noi l’abbiamo utilizzata per estrarre olio dai semi di canapa, anche qui senza solventi organici.
Una volta che i semi sono stati delipidati, e quindi dopo l’estrazione dell’olio, mi rimangono le proteine, che possono essere estratte ad esempio con la tecnica degli ultrasuoni, che per questo scopo è la tecnica migliore in assoluto e della quale in università siamo esperti perché ci lavoriamo da oltre 30 anni.
Le proteine della canapa sono di elevato valore nutrizionale perché sono albumine e globuline facilmente digeribili, con tutti gli aminoacidi essenziali, non è una cosa comune in una proteina vegetale, tenendo presente che sono quelli che il nostro corpo non riesce a sintetizzare. Quindi per un vegano o un vegetariano sono l’ideale.
E dal punto di vista della ricerca sui biomateriali?
Sulla canapa stiamo lavorando sia sulla fibra che sul canapulo micronizzato. Quando è micronizzata si può usare come filler – additivo – anche fino al 50% su polimeri anche di origine naturale, per ottenere materiali più leggeri, economici, e mantenendo ottime caratteristiche di resistenza e funzionalità. Stiamo pubblicando un lavoro proprio su questo utilizzo.
Vicino al settore tessile sono altresì i nostri studi su tessuto-non-tessuto in cui si sfuttano tecnologie di miscelazione a caldo con polimeri basso-fondenti suguita da estrusione e pressatura. Il tessuto-non-tessuto non ha trama ed ordito ma con una specie di pannello molto sottile in cui la canapa può dare un grosso contributo di leggerezza, resistenza, isolamento termico e resistenza al fuoco. Abbiamo estrusori e presse che ci permettono di ottenere dei manufatti che possono inserirsi nei cicli produttivi dell’industria dei biomateriali – che è in espansione – e i pannelli in canapa che resistono al fuoco e sono ottimi dal punto di vista dell’isolamento e potrebbero sostituire materiali come poliuretani e polistiroli espansi.
Mario Catania