Valutare quattro varietà di canapa (2 monoiche e 2 dioiche), presenti nell’elenco europeo delle varietà ammesse alla coltivazione, sottosposte a trattamento con un biostimolante e un elicitore, per selezionare la miglior combinazione varietà-trattamento con lo scopo di ottimizzare la produzione e qualità dei semi e delle infiorescenze. E’ il cuore del progetto Mitical, intitolato “Miglioramento della coltivazione e produzione della canapa industriale in Lombardia mediante tecniche colturali innovative”, che si è concluso da poco, è che ha visto all’opera i ricercatori dell’Istituto di Biologia e Biotecnologia agraria del CNR.
Nasce per conferire agli agricoltori il “know-how” necessario per la reintroduzione produttiva della canapa nelle provincie lombarde con una precisazione: “I risultati relativi alla produzione di cannabinoidi e di composti fenolici saranno fruibili per l’industria farmaceutica e cosmetica, mentre quelli relativi ai valori nutrizionali dei semi saranno di interesse per l’industria alimentare e mangimistica, contribuendo sia ad una dieta umana più sana che all’integrazione delle diete degli animali da allevamento”.
Il progetto si è sviluppato in 4 fasi:
Fase 1:
valutazione di 4 varietà di canapa sottoposte a 3 trattamenti (controllo, biostimolante, elicitore) in 2 aree pedoclimatiche diverse all’interno della Regione Lombardia, organizzate in un disegno sperimentale a blocchi randomizzati. Lo scopo di questa fase è l’identificazione della migliore combinazione varietà-trattamento.
Fase 2:
caratterizzazione, prima e dopo la coltivazione delle piante, della biodiversità del suolo fino ad una risoluzione a livello di genere, di funghi, batteri e metazoi, mediante analisi di metagenomica con l’obiettivo di valutare un eventuale miglioramento del suolo conseguente alla coltivazione delle varietà di canapa e del trattamento con biostimolante.
Fase 3:
valutazione produttiva e qualitativa dei semi e delle infiorescenze. La qualità nutrizionale dei semi è stata determinata in base al contenuto di proteine, degli acidi grassi e al contenuto di composti antinutrizionali. La qualità delle infiorescenze è stata valutata considerando il contenuto di fenoli totali, l’attività antiossidante e il contenuto di cannabinoidi di interesse, es. CBD. La fase 3 permetterà di identificare la miglior combinazione varietà/trattamento per la qualità del seme e per la resa in cannabinoidi delle infiorescenze.
Fase 4:
analisi trascrittomica sulle infiorescenze femminili trattate con un elicitore tal quale e veicolato da nanoparticelle per evidenziare le vie metaboliche indotte dal trattamento ed identificare eventuali meccanismi di regolazione.
Per capire meglio come sia andata e quali saranno i risvolti pratici di questa ricerca, ne abbiamo parlato con Monica Mattana, ricercatrice del CNR-IBBA e coordinatrice del progetto.
Come è nata l’idea di questo progetto?
Nel 2018 la Regione ha emanato bandi di concorso per progetti in campo agricolo e forestale. In passato il mio gruppo aveva già lavorato con la canapa grazie ad altri progetti finanziati dalla Regione, il progetto Ve.li.ca, che prevedeva uno studio della canapa sia dal punto di vista agronomico che dei diversi prodotti ottenibili: tessuti, cellulosa, materiale per la bioedilizia e estrazione di composti bioattivi, e il progetto Filagro. Nel progetto Ve.li.ca io mi sono occupata della parte relativa al metabolismo secondario delle piante di canapa, confrontando il contenuto di fenilpropanoidi e cannabinoidi nelle 7 varietà e in tessuti diversi
dalle infiorescenze, ad esempio nelle foglie, anche in un’ottica di utilizzo del materiale di
scarto della pianta. Mentre nel progetto Filagro mi sono concentrata sulla produzione di composti bioattivi partendo da di colture cellulari di canapa. Il progetto Mitical, mi ha permesso di unire l’esperienza agronomica acquisita sulla pianta di canapa con quella relativa al metabolismo secondario e quindi l’analisi dei composti bioattivi delle infiorescenze. Abbiamo partecipato come IBBA (Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria) insieme ad altri due ricercatori di un altro istituto CNR di Roma che è l’ISB (Istituto Sistemi Biologici).
E quindi come lo avete sviluppato?
Il progetto è stato sviluppato in pieno campo su 4 varietà di canapa, cresciute in due distretti agrari della provincia di Milano, il distretto Dama con un campo sperimentale a Liscate e il distretto Dinamo con una campo a Ozzero. Le piante dei due campi sono state sottoposte a diversi trattamenti testando delle tecniche colturali innovative. Inoltre abbiamo allestito un campo pilota in cui abbiamo verificato l’efficacia di trattamenti innovativi sulle infiorescenze con lo scopo di aumentare la produzione di fenoli totali
e cannabinoidi, soprattutto CBD. Sui campioni di queste infiorescenze è stato fatto uno studio approfondito di trascrittomica per vedere i geni indotti dai trattamenti. Un altro aspetto che abbiamo considerato nel progetto, e ad oggi poco studiato, è stato lo studio dell’azione della canapa sul microbiota del suolo. Si ritiene infatti che la canapa sia un’ottima coltura da rotazione e allora, nei due terreni dove l’abbiamo coltivata, è stata fatta una caratterizzazione del microbiota prima della coltivazione e dopo la raccolta.
Che tipo di trattamenti avete effettuato?
Il primo è stato un trattamento con biostimolante a base di micorrize dato alla semina e poi dei trattamenti di elicitazione sulle infiorescenze, utilizzando ormoni vegetali per indurre una maggiore produzione di fenilpropanoidi e cannabinoidi (CBD). Il trattamento di elicitazione è stato effettuato con le molecole tal quali ma anche con una tecnica innovativa che prevedeva la produzione di nanoparticelle di chitosano che veicolavano l’elicitore. Il chiotosano è una molecola naturale che di per sé può essere un induttore del metabolismo secondario, quindi la speranza era quella di ottenere una effetto aumentato.
Quali varietà avete utilizzato?
Come dioiche abbiamo utilizzato Eletta Camapana e Tiborszallasi, come monoiche invece Kc Zuzana e Fibrol.
Quali risultati avete ottenuto?
La sperimentazione in campo aperto avrebbe dovuto essere effettuata in due annate agrarie ma una siccità molto severa ha compromesso la seconda. Abbiamo quindi allestito un campo pilota presso l’orto botanico dell’Università di Milano per eseguire i trattamenti di elicitazione innovativi citati prima.
Ad ogni modo nelle due sperimentazioni in pieno campo non abbiamo avuto risultati positivi in seguito al trattamento con biostimolante ed elicitore. Il biostimolante non ha dato effetto significativo sui parametri di crescita della pianta come altezza, resa in seme, in bacchette e peso delle infiorescenze. Va tuttavia sottolineato che l’esperimento è stato effettuato solo per una annata e che la canapa è una pianta talmente eterogenea che trovare risultati significativi non è semplice. Si tratta di genotipi piuttosto instabili, con differenze marcate tra una pianta e l’altra e inoltre il biostimolante utilizzato a base di micorrize potrebbe aver bisogno di tempo per agire. È stato invece significativo il trattamento di elicitazione fatto nel campo pilota dell’orto botanico. Infatti abbiamo avuto un aumento pari al doppio per i livelli di CBDA (la forma acida del CBD), pur mantenendo il THC sotto i limiti di legge (in campo sotto lo 0,6%)
Che è un bell’aumento…
Sì. Abbiamo testato due concentrazioni di questo ormone (la dottoressa preferisce non citarlo prima dell’imminente pubblicazione scientifica di uno studio a riguardo), più una concentrazione incapsulata nelle nanoparticelle, e infine le nanoparticelle da sole. Alla concentrazione più alta di questo ormone, che è 10 millimolare, il contenuto di CBDA è raddoppiato pur mantenendo il THC sotto la soglia di legge. Ora stiamo proseguendo l’attività sulle infiorescenze perché abbiamo ottenuto il finanziamento di un progetto Prim, in collaborazione con il Dipartimento di Farmacologia dell’Università degli Studi di Milano, e proseguiremo lo studio di questo meccanismo di elicitazione.
Quali sono invece i risultati sul microbiota del terreno?
I due territori partivano con popolazioni microbiche molto diverse tra loro: quello che è successo è che, dopo la coltivazione della canapa, abbiamo notato una convergenza delle popolazioni di funghi e di batteri. Le analisi per i metazoi (gli insetti, ndr), sono ancora in corso. Questo è indicativo della forza della canapa: ci dice che la sua coltivazione in qualche maniera “seleziona” quei microrganismi che le sono più benefici. L’analisi è piuttosto complessa ed è ancora in corso ma sicuramente positiva per i dati ottenuti fin qui. Sui funghi e sui batteri abbiamo già notato un’azione positiva: se porta un arricchimento ne gioverà la specie che sarà seminata l’anno successivo.
Mario Catania