La canapa potrebbe essere utilizzata dai colossi del digitale per immagazzinare carbonio e costruire data center ed edifici più sostenibili per combattere l’inquinamento la Digital Carbon Footprint. È questo il nuovo progetto di Microsoft. Eccolo nel dettaglio.
La chiamano Digital Carbon Footprint (impronta di carbonio digitale, in italiano) ed è il livello di emissioni generate dall’utilizzo e dalla trasmissione dei dati tra dispositivi digitali. Per quanto sembri strano, infatti, anche internet contribuisce all’aumentare dei livelli di CO2 nell’atmosfera e, di conseguenza, al cambiamento climatico. Principali responsabili sono i video in streaming, a causa dell’elevata quantità di dati condivisa in rete, ma lo stesso discorso si applica anche a musica, immagini e testi, sebbene siano responsabili di un impatto ridotto.
Anche se il progresso tecnologico e il continuo mutare delle abitudini di consumo rendono impossibile stimare con esattezza l’impatto ambientale, secondo le stime più recenti, internet sarebbe responsabile di circa il 2,3-3,7% delle emissioni globali di CO2 , pari, quindi, a quelle causate dal totale voli aerei effettuati.
È in questo contesto che Microsoft ha deciso di commissionare una ricerca volta a utilizzare la canapa e altri materiali sostenibili per realizzare data center e altri edifici in grado di immagazzinare carbonio.
Pubblicata su Carbon Leadership Forum con il titolo Transformative Carbon-Storing Materials: Accelerating an Ecosystem e condotta da un team dell’Università di Washington, la ricerca ha raccolto in particolare informazioni dalla letteratura attualmente esistente e dedicata ai materiali sostenibili e ancora in fase di sviluppo. Dallo studio è emerso che per alcuni edifici è possibile utilizzare, al posto del cemento, materiali naturali in grado di immagazzinare carbonio; tra questi alghe, funghi, terra, paglia e, appunto, canapa.
“Il recente riconoscimento della gravità della crisi climatica e della necessità di interventi importanti e di grande impatto ha accresciuto l’interesse per i materiali a basse emissioni di carbonio e ad accumulo di carbonio che possono riparare le significative emissioni iniziali associate ai materiali da costruzione convenzionali”, si legge nel rapporto.
“Decenni di precedenti lavori per sviluppare, migliorare e implementare questi materiali ora forniscono una solida base di ricerca, oltre che di sviluppo, di prodotti e dello studio di casi che possono supportare la spinta a portare rapidamente questi materiali sul mercato e aiutare così a raggiungere gli obiettivi climatici globali. L’esperienza passata con materiali da costruzione a basse emissioni di carbonio e ad accumulo di carbonio ha dimostrato che la specifica e l’uso dei materiali sono effettivamente fattibili e possono corrispondere alle alternative convenzionali in termini di costi, conformità al codice e tempi di costruzione”.
Il problema principale legato al loro utilizzo riguarda in particolare gli investimenti, che, essendo limitati, hanno rallentato drasticamente il loro sviluppo e il conseguente lancio sul mercato.
Prima di questi risultati, Microsoft (così come Amazon) aveva deciso di investire in CarbonCure, un’azienda che pompa CO2 nel calcestruzzo, ma il processo compensa solo il 5% delle emissioni create da un lotto e può essere utilizzato solo in piccole porzioni di progetti di costruzione. La soluzione, quindi, non si è dimostrata sufficiente, soprattutto se messa in relazione con l’impegno di Microsoft, che punta a diventare una società carbon-negative entro il 2030 e a rimuovere tutto il carbonio emesso dall’azienda entro il 2050.
Alla luce dei nuovi dati, per Microsoft si apre quindi una nuova opportunità che va ad affiancarsi alla promozione di politiche pubbliche a basse emissioni di carbonio, al sostegno all’istruzione e alla promozione di materiale per lo stoccaggio del carbonio. Oltre all’investimento in nuove tecnologie di stoccaggio del carbonio per i propri progetti ed edifici, infatti, l’ambizione di Microsoft è quella di accelerare il processo a livello globale sviluppando tecnologie nascenti per i fornitori di tutto il mondo.
La ricerca, ora, suggerisce che nel corso del 2022, grazie ai nuovi investimenti, potranno essere sviluppati prototipi e progetti
proof-of-concept, anche se i nuovi materiali dovranno superare i test di conformità e sicurezza prima di un uso diffuso. In fase di sviluppo, a fare da apripista saranno probabilmente i data center Microsoft Edge, centri più piccoli e costruiti rapidamente da componenti edilizi e materiali realizzati con la stampa 3D.
In questo contesto, i ricercatori sostengono che l’uso di questi nuovi materiali sostenibili potrebbe dimostrare la loro fattibilità, oltre che la loro bassa emissione in termini di realizzazione e la loro capacità di stoccaggio del carbonio, e, quindi, generare interesse.
Alla luce di questo percorso intrapreso da Microsoft e dopo il lancio di una sperimentazione statunitense che punta a utilizzare gli scarti della canapa al posto del grafene (costoso e con un enorme impatto ambientale) per realizzare super-batterie, potremmo quindi presto assistere a una vera e propria rivoluzione verde nel mondo del digitale.
Martina Sgorlon