Pellet di canapa: soluzione contro il caro energia?

Energia e biocarburanti Innovazione e altri usi //
In questo articolo
1 / Pellet di canapa: può essere utilizzato per la stufa di casa? L'intervista al professor Simone Pedrazzi
2 / In corso la sperimentazione con il pellet di canapa autoprodotto: intervista ad Angelo Del Sordo

Nel pieno della crisi energetica, il prezzo del pellet sta aumentando vertiginosamente e in molti stanno puntando i riflettori sul pellet di canapa, visto come un’alternativa più economica e sostenibile. Ma è davvero così?

Pellet di canapa: può essere utilizzato per la stufa di casa? L’intervista al professor Simone Pedrazzi

Per saperne di più abbiamo intervistato il professor Simone Pedrazzi, dell’Università di Modena e Reggio Emilia, tra i ricercatori coinvolti nel progetto UNIHEMP, nato per approfondire le opportunità legate all’utilizzo di biomassa di canapa industriale per la produzione di energia e nuovi biochemicals.

All’interno del progetto UNIHEMP, lei e il suo team avete condotto uno studio sull’utilizzo del pellet di canapa, in particolare per il riscaldamento residenziale. Quindi le chiediamo, la canapa, che è oramai una risorsa che si sta riaffermando anche in Italia a livello agroindustriale, potrebbe essere utile in questo momento in cui ci stiamo interfacciando con una crisi energetica?
Se la vogliamo utilizzare direttamente come biomassa per la produzione di energia, la canapa non risulta particolarmente indicata, anche perché, è vero che la coltivazione di canapa sta oggi prendendo piede, ma il sottoprodotto non è così abbondante da risultare concorrenziale rispetto ad altre colture energetiche.

Si tratta solo di un problema di reperibilità quindi?
No, i pellet di canapa, soprattutto, non sarebbero paragonabili in termini di qualità a quelli di legno vergine di faggio, per esempio. Potrebbero essere usati in ambito agricolo e industriale, quindi, ma non in ambito residenziale. La qualità è infatti inferiore e anche la resa è minore rispetto a quelli già in utilizzo.

Quindi secondo lei non è possibile arrivare a fare un pellet di canapa per uso casalingo che equivalga alle prestazioni di quello oggi in commercio?
Per uso casalingo è molto difficile, perché il canapulo si porta dietro un quantitativo di cenere pari circa al 7% o all’8%. È, tra l’altro, basso fondente, quindi può darsi che abbia dei problemi di sinterizzazione. Nell’ambito del progetto abbiamo fatto delle analisi e la qualità del pellet è risultata paragonabile a quella del pellet B2, che, quindi, è un agripellet che può essere utilizzato solo in ambito industriale.
In sostanza, se ci concentriamo sul mondo industriale, in cui abbiamo delle camere di combustione ottimizzate, con dei raschiatori e con soluzioni che permettono di sfruttare combustibili di media o scarsa qualità, non vedo nessun problema, ma se prendiamo il pellet di canapa e lo utilizziamo nella stufa di casa potremmo incorrere in qualche problematica, come, appunto, i problemi di sinterizzazione e la necessità di pulizie più frequenti. Sarebbe come utilizzare una benzina di qualità inferiore nell’auto: la macchina deve essere portata più spesso dal meccanico, si deve cambiare più frequentemente il filtro e così via.

In corso la sperimentazione con il pellet di canapa autoprodotto: intervista ad Angelo Del Sordo

Oltre ai progetti e alle analisi accademiche, in Italia stiamo assistendo anche allo sviluppo di ricerche e sperimentazioni autonome condotte da agricoltori e privati.

È il caso di Angelo Del Sordo, di Nusco (Avellino), coltivatore che sta provando a valorizzare i sottoprodotti della lavorazione della canapa e che ha avviato la sperimentazione con il pellet di canapa. Lo abbiamo intervistato.

Ci può parlare più nel dettaglio di questa sperimentazione? Come è nata l’idea?
Io ho un’azienda agricola e agrituristica, “Nonna Rosina”, e, tra le nostre diverse coltivazioni per produrre prodotti a km zero in agriturismo, abbiamo la canapa che coltiviamo da circa 13/14 anni e di cui lavoriamo il seme per preparare la farina per pasta, pizza, cantucci e dolci. Ogni anno, però, del resto della pianta di canapa che, una volta tolto il seme, usciva dalla mietitrebbia non sapevamo cosa fare e quindi trinciavamo tutto in campo e lasciavamo lì come fertilizzante. Essendo lontani dai punti di ritiro della canapa, non valeva la pena consegnarli, perché le spese di consegna superavano il valore della fibra di canapa. Ovviamente, ci dispiaceva perdere una parte della canapa senza poterla utilizzare. Quest’anno, proprio a seguito del caro pellet che compriamo per riscaldare le sale del nostro agriturismo, mi è venuta questa idea di provare questi resti di canapa per provare a farne del pellet a costo zero, in modo da risparmiare sulla quantità di pellet da acquistare. Quindi abbiamo provato a produrlo anche se con attrezzatura a livello hobbistico.

Come sta producendo il pellet di canapa? Quali sono i passaggi?
La prima cosa che abbiamo fatto dopo la mietitura, per raccogliere gli scarti della canapa, è stata farne dei rotoballa con la rotopressa che utilizziamo già per il fieno, in modo da poterli portare meccanicamente in azienda. Lì abbiamo poi dei piccoli macchinari per la produzione di pellet a livello hobbistico, avuti in prestito da un nostro familiare, quindi abbiamo iniziato le lavorazioni: abbiamo aperto i rotoballa e abbiamo passato i resti di canapa in una cippatrice in modo da ottenere un prodotto fine per poterlo poi passare nella pellettatrice.
La canapa, una volta cippata, si scompone in un materiale simile all’ovatta con dei piccoli frammenti legnosi, proprio questo materiale tipo ovatta consente al pellet di legarsi senza aggiunta di nessun collante. In un video che ho realizzato e che è disponibile su YouTube si vedono tutti i passaggi.

 

E a che punto è del progetto?
Proprio nei giorni in cui stavamo iniziando la nostra piccola produzione di pellet, abbiamo ricevuto un’intervista sulla canapa dal settimanale Terra e Vita; stavamo parlando della nostra coltivazione e dei prodotti di canapa che serviamo in agriturismo, poi, a fine intervista, abbiamo parlato di questa piccola prova del pellet e la giornalista Elisa Forte, che ci stava intervistando, ovviamente ha voluto inserire nell’intervista soprattutto questa parte. Appena è uscito il primo articolo che parlava del nostro pellet di canapa abbiamo ricevuto in agriturismo una media di 30 telefonate giornaliere da tutta Italia che volevano acquistare il nostro pellet di canapa, quindi è nata subito l’idea di ingrandire la nostra produzione.
Infatti, proprio in questi giorni, stiamo firmando un contratto per l’acquisto di una nuova linea completa per la produzione di pellet, quindi siamo in procinto di iniziare questa nuova attività connessa sempre alla nostra azienda agricola.

Ha già fatto alcuni test? Che risultati ha ottenuto?
Ci siamo subito rivolti a uno studio, che già ci seguiva per l’HACCP del nostro agriturismo, e abbiamo fatto fare tutte le prove sul nostro pellet di canapa. È emerso che ha un buon potere calorifico e una bassa umidità, l’unico problema che al momento abbiamo e stiamo cercando di risolvere è il residuo di cenere troppo alto, che per essere commercializzato deve essere al di sotto del 2%, mentre questo di canapa è superiore a questo valore.

Ora, quindi, quale sarà il prossimo passo?
Siamo in attesa dell’impianto per la produzione di pellet, ma al momento non abbiamo più fibra di canapa da lavorare, quindi stiamo testando altri scarti, sempre naturali. Per noi è importante soprattutto che siano scarti di altre lavorazioni e che non richiedano costi eccessivi per l’acquisto in modo da poter produrre un pellet a costi inferiori di quello attuale. Al momento stiamo testando gli scarti di caffè.
Inoltre, abbiamo ovviamente già destinato una parte dei nostri terreni per la coltivazione di canapa per l’annata 2023, in modo da poter avere più prodotto da lavorare l’anno prossimo e stiamo anche cercando in zona aziende che vogliamo coltivare canapa da poterci poi vendere per la stagione 2023.

Cosa pensa dei risultati dello studio che abbiamo illustrato?
Non mi trovo d’accordo con le parole del professor Pedrazzi, perché prima di tutto assolutamente il pellet di canapa non ha l’8% di residuo di cenere ma bensì la metà, che comunque come scritto nell’intervista stiamo cercando di risolvere miscelandolo comunque con del legno, ma soprattutto la parte più discordante è il residuo di resina che intasa la caldaia, cosa assolutamente non vera, perché la canapa che utilizziamo noi una volta uscita dalla mietitrebbia la parte dei semi si perde quasi totalmente dove è presente la resina, restando solo il fusto della pianta formato da fibra e materiale legnoso. Quindi dire che il pellet di canapa intasa la caldaia non è assolutamente corretto. Il problema più grave che forse non è chiaro al professore Pedrazzi che degrada il nostro lavoro è che il 60% delle famiglie italiane non hanno la possibilità di comprare l’ottimo pellet ottenuto dai migliori legni a 15-16 euro al sacco, forse se stiamo cercando di trovare una soluzione equa per venire incontro sia alle esigenze qualitative che soprattutto economiche è per queste famiglie che ci chiamano tutti i giorni, perché diversamente oggi in Italia si può acquistare un pellet a 7-8 euro di legno, ma quello sì che intaserà la caldaia e la distrugge in meno di un anno, non certo la canapa che è un prodotto naturale senza sostanze chimiche.
Concludo dicendo è ovvio che se compro una Ferrari ho tutto il lusso e i vantaggi per percorrere un viaggio, ma siccome oggi in Italia la Ferrari la possono acquistare poche persone, credo che fornire un’auto dalle caratteristiche simili, è chiaro mai comoda come una Ferrari, ma simile che mi faccia percorrere allo stesso modo il viaggio ma che posso acquistarla ad un costo molto inferiore credo che allori sì ne valga la pena!

Martina Sgorlon

Altri articoli che potrebbero interessarti...