La casa fatta di canapa potrebbe essere una delle più grandi rivoluzioni nel mondo dell’edilizia, una rivoluzione che, però, affonda le sue radici in un passato antichissimo, come dimostrato dall’esempio delle grotte di Ellora, dalla casa giapponese costruita in canapa nel lontano 1698 o dalle numerose testimonianze lasciate dagli Etruschi sul nostro territorio.
Tornando al presente, oggi in Italia c’è un’azienda che sta facendo scuola: Messapia Style, una realtà della provincia di Lecce che realizza abitazioni in canapa e calce. Per saperne di più abbiamo intervistato Emilio Sanapo, titolare dell’azienda.
Partiamo dall’inizio, come è nata l’idea di iniziare a costruire abitazioni in canapa e calce?
Un vero e proprio colpo di fulmine, amore a prima vista direi. Ho avuto immediatamente la consapevolezza delle sue enormi potenzialità in termini di cura e tutela dell’ambiente e della salute. Dopo aver appreso le conoscenze e la tecnica di base, ho subito capito di voler viverci dentro a tutti i costi e poiché, all’epoca, nessuno era in grado di costruire un’intera casa di canapa, decisi di realizzarla da solo con il supporto dello staff di Messapia Style.
Affascinati da quello che stavamo scoprendo e apprendendo, nel 2015, io e il mio socio, Samuele Macrì, decidemmo di “metterci la faccia”, sperimentando nella costruzione della nostra prima opera. Tra le molte difficoltà, superate con entusiasmo, siamo riusciti a costruire la casa in canapa in cui abito: la prima costruzione in legno, calce e canapa made in Puglia e tra le prime in Italia. Ho realizzato così il mio sogno e la mia casa diventa la risposta fattuale alla curiosità generale.
In generale, quali sono i principali vantaggi legati a una costruzione di questo tipo?
Scegliere di vivere in una casa di canapa ha numerosi vantaggi sia in termini di salubrità dell’aria, che di assenza di formazione di muffe e di formazione di un fantastico microclima alcalino. Vuol dire anche abbracciare uno stile di vita diverso, con ritmi più simili a quelli naturali, respirare un’aria nuova, filtrata, di bosco, più pura.
Le soluzioni in calce, canapa e legno, oltre a essere salubri, sono anche e soprattutto sostenibili (carbon negative), resistenti al tempo e al fuoco, non appetibili a insetti e roditori. I suoi muri sono massivi e molto lenti a cambiare temperatura, hanno una grande igroscopicità e uno sfasamento termico molto alto. Le case in canapa sono una coccola non da poco e ti danno la sensazione di sentire attorno a te una casa viva e non un semplice involucro.
Secondo lei, la bioedilizia in canapa potrebbe essere la risposta ad alcuni problemi che il settore si trova ad affrontare in questo periodo storico? Se sì, quali?
Penso che stiamo incautamente abusando dei rivestimenti di polistirolo (eps) che tra qualche decennio, molto probabilmente, finiranno nelle discariche e quindi vi sarà il problema di come smaltire prodotti a base di petrolio. Con la canapa questo non accadrebbe, perché si tratta di un prodotto completamente biodegradabile.
Altro aspetto interessante per l’ambiente è il livello di emissione di CO2: il bilancio di una casa in canapa è in negativo sin dal primo giorno di vita, mentre una casa convenzionale ha bisogno di circa 40 anni per portare il bilancio in parità.
Secondo me, in un momento storico così delicato per l’ambiente, in campo edilizio è arrivato il momento di porsi domande interessanti, quali: è utile continuare a usare metodi aggressivi e insostenibili per estrarre materie prime o è più vantaggioso affidarsi alla gentilezza e stagionalità della canapa? È giusto continuare a costruire abitazioni sintetiche e super cablate oppure è arrivato il momento di guardare a case minerali/vegetali low tech non energivore?
Penso fortemente che per affrontare e superare i problemi legati al mondo dell’edilizia serva il coraggio di investire sia nella realizzazione di impianti di trasformazione della pianta e di produzione di canapulo italiano che nel riconvertire culturalmente gli addetti ai lavori attraverso la formazione.
Di recente la vostra casa Lamia Santolina è apparsa anche in una pubblicazione newyorkese, Parsons Healthy Materials Lab. Come è successo? Per quale motivo?
È successo dopo aver avuto una pubblicazione di Lamia Santolina sulla nota rivista internazionale ArchDaily, dove siamo comparsi insieme a tutti gli attori che hanno partecipato e alla bravura dello studio Yas Architecture dell’architetto Antonio De Castro e dell’ingegnere Andrea Calderari, che hanno curato questo aspetto e, in generale, in modo egregio tutte le fasi lavorative.
Siamo stati notati da THE NEW SCHOOL PARSONS healthy materials lab (noto centro di formazione a New York), che ha poi creato una guida ben dettagliata prendendo le tecniche costruttive di circa 10 abitazioni in tutto il mondo e messo in copertina sui loro profili social la nostra bellissima e italiana Lamia Santolina.
Questa la loro motivazione: “Cosa succede quando designer e architetti ragionano con questo materiale? Abbiamo ricercato e raccolto una serie di progetti coinvolgenti su una varietà di dimensioni, metodi di costruzione e usi costruttivi. In HML, crediamo che il futuro dell’edilizia possa essere a emissioni zero, biodegradabile, efficiente dal punto di vista energetico e salutare se i prodotti da costruzione a base vegetale diventeranno la norma. La canapa e calce è uno di questi materiali, ha un eccellente potenziale per essere ridimensionato e utilizzato ampiamente: siamo all’inizio della curva di apprendimento. A complemento della nostra guida Hemp + Lime guide pubblicata nel 2020, con questa pubblicazione vogliamo creare un catalogo di precedenti per motivare altri architetti a utilizzare hemplime nei loro progetti futuri. Con il loro permesso, abbiamo ridisegnato i loro dettagli di progettazione per confrontare i vari metodi di progettazione e costruzione”.
Quali sono le principali caratteristiche di questo edificio? In che cosa si differenzia dagli altri?
La particolarità di Lamia Santolina sta nel fatto che i suoi muri, il suo tetto e il pavimento sono spessori monolitici prodotti da conglomerati in calce canapa con alta percentuale di canapulo e con assenza di ponti termici. Tutta la struttura portante con annessi impianti viene inglobata nel getto in opera naturale. La struttura della tipica lamia pugliese fa pensare che architettonicamente non vi è alcun limite, come suggerisce la grande apertura della vetrata e l’inclinazione dei suoi muri esterni, ottenuta da una particolare stratificazione.
Che tipo di riscontro avete avuto? Come viene visto questo tipo di costruzione negli Stati Uniti?
Negli Stati Uniti, già da qualche anno, sono molto interessati a conoscere le varie abilità legate alle specifiche tecniche costruttive nel mondo. Nel mondo della canapa/cannabis fanno molto sul serio e, mese dopo mese, fanno passi da gigante in termini di ricerca e investimenti. Noi abbiamo avuto numerosi complimenti e apprezzamenti.
E in Italia?
Nel nostro paese si arranca, come al solito. In passato l’Italia produceva la migliore canapa al mondo, adesso siamo costretti ad acquistare il canapulo prodotto in Francia. Mancano la consapevolezza e la filiera, ma, nonostante ciò, noi nel nostro piccolo abbiamo realizzato oramai molte abitazioni nuove e abbiamo portato avanti numerose ristrutturazioni di case esistenti.
Da allora avete avuto richieste per cantieri oltreoceano?
Attualmente siamo in trattativa con alcuni committenti statunitensi.
Come sono cambiate le cose dal momento della pubblicazione? Avete avuto più visibilità anche nel nostro Paese?
Sì, dopo la pubblicazione di Parson abbiamo acquisito più visibilità e prestigio e questo ci incoraggia a continuare a promuovere, sempre con più fermezza e convinzione, queste nuove abitazioni.
Martina Sgorlon