Le bioraffinerie giocheranno un ruolo chiave per il settore agro-industriale del futuro grazie alle potenzialità che offrono nello sviluppo sostenibile del territorio. Tecnologie futuristiche si riconciliano con la terra pensando a come sviluppare l’economia reale e senza dimenticare la tutela ambientale.
Una bioraffineria si può intendere come un sistema integrato che serva alla produzione di energia e prodotti chimici a partire dalle biomasse. Una sorta di percorso virtuoso all’interno del quale tutte le parti della pianta, scarti compresi, vengono utilizzate per essere trasformate in qualcosa di nuovo.
E’ stato il cuore del progetto VeLiCa, che ha visto la collaborazione di quattro istituti del CNR e dell’Italian Biocatalysis Center, nel tentativo di rendere di nuovo remunerativa la coltivazione di canapa e lino.
1. Confronto Varietà
Il primo passo è stato un confronto diverse varietà, per capire quale potesse essere la migliore per il suolo lombardo. Sono state valutate tre varietà dioiche (che possiedono esemplari sia maschili sia femminili) italiane (Carmagnola, Carmagnola selezionata e Fibranova) e 4 varietà monoiche (unisessuate, solitamente adatte alla produzione di seme) francesi (Fedora, Futura, Ferimon, Felina) in due diverse località e cioè Treviglio in provincia di Milano e Cavriana in provincia di Mantova. Le varietà dioiche si sono rivelate migliori per la produzione di biomassa. Per tutte le specie la produzione di seme è stata abbastanza limitata arrivando in rari casi alla tonnellata per ettaro.
2. Olio per biodiesel, lubrificanti, schiume vegetali
Vista la nuova tendenza nell’utilizzo di materie prime di origine naturale l’olio di canapa è sempre più utilizzato nella produzione di oleochemicals. Se uno dei problemi di questo olio era l’elevata insaturazione (a causa dell’alto contenuto di acidi grassi polinsaturi che non sono altro che gli Omega – 3 e Omega – 6 indispensabili per il corretto funzionamento dell’organismo), grazie alla ricerca dell’Istituto di Tecnologie Molecolari del CNR è stato messo a punto un processo a basso impatto ambientale che rende gli oli di canapa e lino adatti all’utilizzo come combustibili e come prodotti intermedi per la produzione di oleochemicals. Nell’ambito del progetto è stato studiato il loro impiego per la preparazione di lubrificanti biodegradabili ad elevato punto di fiamma e di polipoli per la sintesi di poliuretani da fonte rinnovabile. Altra applicazione studiata è stata quella per le schiume poliuretaniche per i vantaggi che si ottengono in termini di biodegradabilità e caratteristiche tecniche.
3. Materiali da imballaggio
Sono stati inoltre prodotti poliesteri di sintesi che rispondono all’esigenza di produrre materiali per imballaggio e manufatti in genere partendo da fonti rinnovabili, biocompatibili e/o biodegradabili
4. Semi arricchiti
Per quello che riguarda le alte capacità nutritive di semi e olio di canapa, nell’ambito del progetto gli oli di lino e canapa sono stati arricchiti nei componenti LA (acido linoleico) e ALA (α-linoleico) mediante biotrasformazioni selettive condotte presso l’Italian Biocatalysis Center.
5. Nuovo materiale composito
Il lavoro di ricerca condotto presso l’ISMAC di Biella ha portato al brevetto di nuovi materiali compositi costituiti da fibra di canapa e lana di scarto (prodotto inquinante difficile da smaltire) per la produzione di pannelli isolanti autoportanti con ottime caratteristiche di densità, spessore, porosità, proprietà meccaniche e conducibilità termica che possono essere variate in base al quantitativo di canapa utilizzato.
6. Additivi alimentari
Nell’ottica di uno sfruttamento completo della pianta si è studiato come utilizzare il panello, il residuo della spremiture dei semi, che contiene un’elevata quantità di proteine ed è quindi adatto alla zootecnica. Ma un passo in più è stato fatto nel campo degli additivi alimentari, secondo i ricercatori un altro campo strategico a livello economico. I semi di canapa contengono infatti un alta quantità di acido glutammico che contribuisce ad aumentare il gusto dei cibi esaltandone la sensazione di sapidità.
7. Biomassa lignecellulosica e lignina
Per la canapa un altro importante scarto è quello costituito dalla biomassa lignecellulosica che rimane dopo la stigliatura della fibra (fusti, parti legnose, foglie per circa il 70/80% della biomassa totale). Da questa si possono sperare i componenti principali che sono lignina, cellulosa ed emicellulosa). la ricerca ha avuto l’obiettivo di sviluppare la lignina per la produzione di miscele con altri materiali polimerici.
E’ stato insomma un progetto che, oltre ad aver saputo sfruttare la pianta nella sua interezza, ha salvaguardato la sostenibilità ambientale in tutte le trasformazioni. Un’ottima spinta affinché la canapa torni ad essere una possibilità concreta per l’economia del nostro Paese.
Fonte: Chimica & Green Chemistry
Reazione Canapaindustriale.it