La plastica derivata dal petrolio ha i giorni contati. Esistono già diverse plastiche realizzate con cellulosa e fibre di canapa che possono costituire dal 50 al 100% del materiale.
La fusione delle fibre di canapa nella plastica riduce la quantità di materiale derivato dal petrolio e migliora le qualità complessiva del prodotto: la bioplastica derivata dalla canapa è molto più resistente del polipropilene e l’utilizzo di queste fibre al posto di equivalenti sintetici elimina tutti i problemi legati ai rischi per la salute e allo smaltimento del materiale. Le diverse formule per ottenere materiali plastici compositi con la canapa permettono di ottenere differenti caratteristiche di resistenza, riciclabilità e biodegradabilità.
I sistemi di produzione degli oggetti in polipropilene rinforzato con fibre sintetiche possono utilizzare canapa senza modifiche agli impianti per lo stampaggio a iniezione. L’industria automobilistica finora ne è il principale utilizzatore, come abbiamo visto in questo articolo. In alcune autovetture il peso della canapa utilizzata può arrivare a 20 kilogrammi. Materiali completamente ecosostenibili come Zeoform si sono affacciati recentemente sul mercato e promettono applicazioni i numerosi settori. Ne abbiamo parlato qui.
A monte della filiera vediamo come gli scarti della lavorazione di fibre di canapa siano costituiti per quasi l’80% da cellulosa, materiale primo per la produzione di bioplastica. A confronto, il legno produce il 40-50% di cellulosa e 90% il cotone, che però presenta un rendimento per metro quadrato coltivato notevolmente inferiore a quello della canapa industriale, una crescita più lenta e un maggior impatto ambientale. La canapa è quindi la coltivazione più efficiente per l’industria della plastica ecosostenibile e della bioplastica, dove riesce a integrare o sostituire il PLA (acido polilattico), il PHA e il PBS, polimeri derivati da mais, grano o barbabietola e utilizzati per la produzione di plastiche biodegradabili e compostabili.
Abbiamo visto in un recente articolo come la Cina abbia completamente rilanciato l’agricoltura e l’industria della canapa. Nel settore della bioplastica è emersa su scala mondiale la Hemp Plastic nella produzione di materia prima per plastiche a base di canapa. Quest’azienda fornisce granuli plastici lavorabili con processi di stampaggio a iniezione e a compressione, ad estrusione e con altre tecniche per la produzione di oggetti plastici complessi e ad alte prestazioni. I polimeri prodotti da Hemp Plastic possono avere diverse caratteristiche chimico-fisiche, con versioni antigraffio, ritardanti alla fiamma, resistenti al calore e ai raggi ultravioletti. In funzione della quantità di fibre di canapa contenute e del tipo di leganti possono essere parzialmente o completamente biodegradabili.
Oltre all’industria automobilistica, degli imballaggi e delle costruzioni, tradizionali utilizzatori di materiali in fibra di canapa, i dirigenti della Hemp Plastic suggeriscono numerose applicazioni nel campo dell’arredamento e dell’elettronica di consumo, ma anche della cosmetica e dei giocattoli, dove la canapa ha grande vantaggio rispetto alla plastica in virtù della sua non tossicità. L’azienda cinese ha perfino prodotto diversi modelli di Didgeridoo. Infine, la biodegradabilità della bioplastica di canapa unita alla sua resistenza fisica hanno consentito interessanti applicazioni per la rigenerazione delle barriere coralline.
Hemp Plastic esporta in tutto il mondo e offre consulenza alle aziende che avviano produzioni con plastiche di canapa, anche attraverso lo sviluppo di nuovi compositi con caratteristiche differenti per ciascuna applicazione industriale. Ma in Cina ha sede anche la Shanghai Yuezhan Chemicals, specializzata proprio in plastiche arricchite da fibre naturali ad alte prestazioni. I processi produttivi di quest’azienda prevedono l’utilizzo di canapa, bambù e legno. Chiudiamo con la Shanghai Yue Chin Industrial, in grado di produrre qualsiasi componente plastico per il settore automobilistico con diverse percentuali di canapa e di ecosostenibilità. Ci diamo appuntamento ad un prossimo articolo dove vedremo un altro esempio di industria che avrebbe potuto essere italiana, che non lo è stata, ma che magari lo sarà in futuro.
Stefano Mariani