Canapa e bioedilizia per il futuro del centro Italia

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L’intervento di Jorgen Hempel al Torrione di Campello Alto

L’intervento di Jorgen Hempel al Torrione di Campello Alto

Canapa, futuro e bioedilizia: un materiale naturale che diventa una tecnica di costruzione antisismica e che rappresenta un’enorme opportunità per l’economia locale. Ecco come la canapa può contribuire a cambiare il futuro in un’ottica di sostenibilità ambientale e di prevenzione: se ne è discusso ad ottobre a Campello sul Clitunno, in un incontro sull’utilizzo della canapa in edilizia  intitolato: “La canapa ed il futuro del centro Italia“.

L’incontro è stato pensato ed organizzato dallo studio Architettura ed Ambiente degli architetti Paule Favre e Flavia de’ Rossi, che ha utilizzato l’opportunità del passaggio in Italia di Jorgen Hempel, il fondatore di Hemp Eco Systems che da trent’anni costruisce edifici in canapa e calce promuovendo l’uso di questa straordinaria pianta in tutta Europa. Ci ha raggiunto dalla Puglia l’Architetto Livio Ripamonti, responsabile di Hemp Eco Systems per l’Italia.

L’iniziativa è stata resa possibile grazie al patrocinio del sindaco di Campello Sul Clitunno, Domizio Natali, e del presidente della cooperativa agricola di Campello Ettore Benedetti del Rio e si è suddivisa in due tavole rotonde.

La prima tavola rotonda si è svolta nel Torrione del Castello di Campello Alto e ha riguardato i temi: bioedilizia, ricostruzione e progetti pilota con l’obiettivo di far conoscere e promuovere l’uso della canapa in edifici sia nuovi (con strutture in legno perfettamente adatte alle nostre zone sismiche), sia nel restauro di edifici storici o di recente costruzione. Hanno partecipato numerosi sindaci umbri ed operatori del settore.

Fasi realizzative della prima casa in calce e canapa in Umbria.

Fasi realizzative della prima casa in calce e canapa in Umbria.

Lo studio Architettura ed Ambiente, ideatore dell’iniziativa, lavora in Umbria da più di 20 anni e si è orientato all’utilizzo della canapa nell’ambito della ricerca di un modello di casa bioclimatica adatta al clima mediterraneo, capace di  essere performante  sia in inverno sia in estate. Così è nata la prima casa passiva in canapa e calce dell’Umbria, ossia senza impianti di riscaldamento né aria condizionata, ultimata nel 2015 a Deruta con l’aiuto dell’ing. Pierluigi Panico, dell’ impiantista Massimiliano Venturi e dell’impresa Sergio Ciarletti. Da allora il team ha realizzato, sempre in canapa, un restauro, l’ampliamento di una casa esistente ed il prossimo progetto sarà realizzato in Francia.

Nel corso della riunione Jorgen Hempel ha illustrato tutti i pregi della canapa; il punto di partenza della sua ricerca è stato prendere in considerazione il fatto che  il canapulo (ciò che resta del fusto della canapa dopo l’estrazione della fibra tessile) sia molto ricco di silice (sabbia) e dunque resiste alla marcescenza, non brucia e subisce un processo di “carbonizzazione” nel quale il legno viene mineralizzato (trasformato in pietra). Da lì sono state scoperte le meravigliose qualità termiche di questo materiale mischiato alla calce: non solo isola ma regola anche l’umidità, conferendo alla costruzione un confort termico ineguagliabile dagli altri sistemi costruttivi con alte prestazioni energetiche che invece richiedono di essere ermetici.

L’uso della calce  idrata o viva (quella utilizzata dai romani) permette inoltre al fabbricato di assorbire CO2 dall’atmosfera, e grazie alla lenta carbonatazione, continuerà ad assorbirla per anni ed anni, migliorando sia l’aria interna della casa che quella esterna. La canapa assorbe CO2 dell’atmosfera sia in fase di crescita nella coltivazione, sia se utilizzata in edilizia, combattendo così su due fronti l’inquinamento atmosferico. 

Una casa di classe termica A tradizionale (modello di casa ermetica diffusa nel nord Europa), ha bisogno dai 35 ai 40 anni di vita per risparmiare la CO2 generata nella sua costruzione, mentre il bilancio della casa in canapa è positivo sin dal primo giorno.

La casa in canapa è un edificio di grande semplicità che non richiede impiantistica d’avanguardia, né domotica per gestirla: respira da sola. Per la prima volta l’uomo per le sue necessità non arreca danno alla natura, anzi l’aiuta.
Alla domanda del Sindaco di Cerreto di Spoleto Luciano Campana: “Ma quanto costa?”; Hempel risponde: “I costi di costruzione sono comparabili, se non minori, a quelli dell’edilizia comune”.
Il Sindaco di Sant’anatolia di Narco, Tullio Fibrarolli, prosegue: “Per quanti anni è garantita una casa in canapa e calce?”. La risposta non si fa attendere: “Quanto un edificio  romano, ma diciamo per il momento circa 200 anni”.

L’ingegnere Pierluigi Panico, che ha partecipato alle principali ricostruzioni post sismiche del centro Italia, ha  ampiamente illustrato l’efficienza di una struttura in legno in chiave di sicurezza antisismica e in particolar modo con l’abbinamento al sistema con canapa e calce.

Gli edifici che utilizzano la calce e la canapa, prevedono una struttura portante a telai in legno con una tipologia denominata “Ballon Frame”, dotata di opportuni accorgimenti come le controventature di parete, atte a resistere agli sforzi orizzontali derivanti da un sisma.

Esempio di struttura Himis con telai in legno rimasta in piedi al terremoto turco del 1999 al contrario della struttura adiacente in c.a.

Esempio di struttura Himis con telai in legno rimasta in piedi al terremoto turco del 1999 al contrario della struttura adiacente in c.a.

Tale sistema costruttivo dell’ossatura portante è riconducibile a diverse applicazioni storiche dell’edilizia antisismica, come si legge nel primo regolamento antisismico europeo riconducibile ai tempi di Ferdinando IV di Borbone che a seguito del terremoto in Calabria nel 1783 con 30mila vittime, adottò un regolamento per la ricostruzione che prevedeva l’inserimento di una struttura lignea tridimensionale nelle murature, molto vicina a quella adottata nel sistema costruttivo in esame.

Altri esempi storici codificati di strutture con telai portanti in legno e murature in materiale naturale leggero sono  la “Pombalina” che venne adottata nella ricostruzione dopo il  terremoto catastrofico di Lisbona del 1755 ed il sistema antisismico turco del ‘700, Himis, che nel terremoto di magnitudo 7,4 che colpì la zona nord-occidentale della Turchia nel 1999, resistette all’evento catastrofico al contrario delle strutture in cemento armato o in acciaio (si veda l’immagine 3).

L’ingegnere ha quindi menzionato gli aspetti tecnici che rendono il sistema costruttivo resistente al sisma; è stato evidenziato come la leggerezza dell’impasto calce e canapa (circa 10 volte inferiore alle costruzioni comuni) e l’elasticità della struttura in legno, comportino, vista la proporzionalità delle forze sismiche alla massa, un’azione 10 volte inferiore a quella esercitata sulle strutture tradizionali. Soffermandosi poi sulle caratteristiche che determinano la resistenza sismica degli edifici, ha evidenziato che la magnitudo di un terremoto esprime soltanto l’energia liberata dallo stesso e che invece il parametro essenziale per scaturire l’azione su un edificio è l’accelerazione al suolo. Quindi analizzando i dati recenti del terremoto di Amatrice e  di Accomuli in cui le accelerazioni rilevate hanno raggiunto valori di 0,5g, ossia un valore se pur di poco, superiore a quello previsto dalla normativa tecnica attuale nelle peggiori condizioni, è passato ad evidenziare come da sperimentazioni su tavola vibrante e da modellazioni numeriche al fine di  simulare il terremoto, si possa asserire che la tipologia strutturale a telai in legno, con opportuni accorgimenti, può resistere a sollecitazioni pari a circa 1,5g e quindi circa tre volte quelle esplicate nel recente terremoto del 24 agosto.

Infine ha riferito – come raccontato da canapaindustriale.it – il fatto che in Emilia Romagna a San Giovanni Persiceto (BO), in una delle zone maggiormente colpite dal terremoto del 2012, la prima casa in calce e canapa edificata in Italia, abbia superato del tutto indenne lo sciame sismico, inducendo le istituzioni locali a pensare ad interventi di ricostruzione impiegando questo sistema costruttivo e che in Nepal a seguito del terremoto dell’aprile 2015 è allo studio una proposta di ricostruire ben 600mila abitazioni con l’utilizzo della canapa.

Quanto detto sopra ha  portato alcuni partecipanti ad auspicare l’aiuto delle istituzioni per considerare questo sistema costruttivo nella ricostruzione a seguito dell’ultimo terremoto. La riunione si è conclusa con l’intervento del termotecnico Massimiliano Venturi che ha rimarcato i benefici del confort termico/abitativo del sistema di isolamento in calce e canapa.

La seconda tavola rotonda  prevista nella giornata si è svolta alla Cooperativa Agricola di Campello per approfondire gli aspetti della coltivazione e della trasformazione della canapa. L’ intento era di mettere insieme le diverse sinergie presenti sul territorio per promuovere la ripiantumazione di una pianta storica e meravigliosa qui in Umbria.

Il presidente della Cooperativa, Ettore Benedetti del Rio, ha evidenziato la vastità delle potenzialità in termini di superficie dei terreni gestiti in forma diretta o indiretta dalla Cooperativa, dimostrandosi disponibile a cambi colturali che includano la canapa anche in considerazione della dismissione del tabacco.

L’idea di questa iniziativa è nata dalla constatazione del paradosso che la canapa utilizzata per la costruzione dell’abitazione a Deruta si è dovuta importare dal nord della Francia, pur essendone l’Italia all’inizio del secolo scorso la seconda produttrice mondiale dopo la Russia. La scoperta del nylon in America negli anni ’40 da parte di DuPont de Nemours che ha diffuso il prodotto in tutto il mondo e la proibizione dell’uso della canapa, hanno portato alla scomparsa totale della sua coltura e produzione.

La ripiantumazione della canapa in loco permetterebbe non solo di evitare la produzione di CO2 a causa del trasporto, proprio di una pianta nota per la sua capacità di assorbirla ma di  promuoverne anche gli innumerevoli altri interessantissimi usi. Per questo motivo erano presenti le aziende che già hanno riscoperto i numerosi utilizzi della canapa e che l’hanno piantumata:

Per la produzione di farina, semi, olio, miele, birra: le aziende agricole Giacomo Quagliotti per “Le Canapaie” di  Nocera Umbra, Antonio Trionfi Honorati per l’Azienda Trionfi Honorati di Iesi, Elisabetta Gentili per “La Chiusafarina” di Siena, Alberto Stortini per “Maximum Hemp” del Lago di Fiastra.

Per la produzione di carta: Melania Tozzi con la sua azienda “Canapa Cruda”, che con la provenienza da Fabriano, ci ricorda la tradizione delle cartiere.

Per il tessuto, Glenda Giampaoli responsabile del Museo della Canapa di Sant’Anatolia di Narco, che ha parlato della sua esperienza con la T.U.N. (Tessuti Naturali Umbri), iniziativa voluta da 3° – Parco Tecnologico Agroalimentare dell’Umbria, che ha consentito di realizzare dei prototipi di manufatti  in canapa con piante coltivate a Km 0.

Molti dei presenti hanno ricordato la tradizione dei loro nonni che producevano la canapa per tessere i corredi delle spose. Per i materiali di bioedilizia era presente Alberto Bocchini, rappresentante del Azienda abruzzese “Edilcanapa”, produttrice di eco mattoni e malte a base di canapa e calce.

Si è citato anche il campo farmaceutico dove l’utilizzo delle infiorescenze potrebbe offrire un importante mercato per i produttori di canapa. Molto interessante anche l’esperienza dell’azienda di Ragusa “Kanesis” per la produzione delle bio-plastiche di canapa.

Per la lavorazione della fibra e del canapulo è emersa la necessità di un impianto di trasformazione della canapa che purtroppo non esiste nel centro Italia e  sono state evidenziate le difficoltà del trasporto rispetto a centri di trasformazione situati a distanze oltre i 50 Km. L’interessante giornata di studio si è quindi conclusa con la chiara volontà dei partecipanti di costituire sinergie atte alla valorizzazione di questa coltivazione, rimarcando l’importanza ambientale del ritorno a tecniche e/o colture sostenibili.

A cura dello studio Architettura e Ambiente degli architetti Paule Favre e Flavia de’ Rossi

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