Abbiamo il sole e la terra. Abbiamo i coltivatori, la tradizione e la voglia di tornare ad essere il Paese che produceva la miglior canapa del mondo e che per quantità era solo secondo solo alla Russia.
Abbiamo decine di associazioni di settore e centinaia di agricoltori che si sono messi in gioco, rischiando in prima persona a causa di leggi poco chiare e della solita farraginosa burocrazia all’italiana. Abbiamo aziende e trasformatori che aspettano solo un po’ di certezze in più per investire in un settore che potrebbe portare occupazione nel rispetto dell’ambiente e del territorio, anzi, che potrebbe addirittura aiutare l’ambiente grazie alle mille virtù di una coltivazione chiamata canapa.
Ma allora cosa manca? Innanzitutto una legge chiara. Ed in secondo luogo manca un governo che si occupi dei propri cittadini, manca un’istituzione che ci metta la faccia, che si prenda le proprie responsabilità. Oggi sarebbe dovuto essere il giorno della tanto agognata approvazione, dopo che il presidente del Senato Pietro Grasso aveva concesso la sede deliberante alla proposta di legge per lo sviluppo della filiera della canapa, all’esame della commissione Agricoltura. Ma per l’ennesima volta è stata rinviata.
“Non è arrivata la risposta dall’Europa, perché per questo provvedimento c’è bisogno di un’approvazione europea”, racconta a canapaindustriale.it la senatrice del Movimento 5 Stelle Daniela Donno, membro della nona commissione permanente dedicata ad agricoltura e produzione alimentare, “ma la colpa non è dell’Europa, bensì del governo italiano che non ha inviato celermente il provvedimento dopo che questo era stato licenziato alla Camera”. Secondo la senatrice l’approvazione potrebbe passare alla prossima settimana, anche se non c’è niente di certo. “Non abbiamo ancora il testo definitivo: se rimane uguale a quello che è stato licenziato alla Camera non ci saranno problemi, ma in caso di emendamenti o modifiche il testo tornerà in aula”.
In Italia abbiamo tutte le carte in regola per continuare a crescere, a maggior ragione se pensiamo che uno dei nostri concorrenti a livello mondiale per il mercato della canapa e dei suoi derivati è il Canada. Anche chi non si sia mai avvicinato all’agricoltura può facilmente immaginare come il sole, la terra e le caratteristiche climatiche che rendono il nostro Paese il luogo ideale per l’agricoltura, siano la base che nei secoli passati ha portato la nostra canapa ad essere considerata la migliore al mondo. Senza dimenticare il valore aggiunto del made in Italy che può rappresentare una spinta non da poco nell’ottica delle sfide che la rinascita di una filiera della canapa nostrana può offrire in tutti i settori di produzione.
In Canada, come del resto in Italia, la filiera che per prima si è sviluppata è quella della canapa alimentare. Nei primi quattro mesi del 2015 il Canada ha esportato 34 milioni di dollari di semi e olio di canapa, ed è quindi sulla buona strada per superare i 48 milioni dollari esportati nel 2014 e già in crescita rispetto ai 12 milioni di dollari esportati nel 2011.
La cosa incredibile è che in Canada la coltivazione di canapa è tornata legale nel 1998, praticamente come in Italia, con la differenza che a livello di coltivazioni nel 2015 il Canada ha superato i 100mila ettari, per puntare a 250mila entro il 2018. Da noi non ci sono stime precise, ma sicuramente nel 2015 non sono stati superati i 3mila ettari di coltivazioni. E qui sta l’altra grande differenza tra i due Paesi: il Canada ha saputo sfruttare al meglio la propria condizione, soprattutto se si pensa che ancora oggi negli Stati Uniti è illegale coltivare canapa per scopi industriali, a parte qualche stato in cui sono stati avviati progetti sperimentali insieme ad Università ed altri enti di ricerca. Noi invece dopo 18 anni siamo ancora in attesa di una legge unica di settore, che possa dare certezze a produttori e consumatori e di politiche mirate al ripristino di una coltura dal forte valore tradizionale, ambientale, economico e produttivo.
Siamo un Paese in crisi e per molti la canapa è una speranza di futuro. Speranza per le nuove generazioni, speranza per le migliaia di campi abbandonati da nord al sud della nostra penisola, speranza di un futuro migliore, per tutti. Ma evidentemente abbiamo un problema a livello politico ed istituzionale.
Probabilmente nessuno in Italia si aspettava che il governo potesse fare come in Canada, dando incentivi ed aiutando i produttori a creare il mercato dei derivati della canapa più grande al mondo. Ma se da una parte siamo un Paese che si è abituato a non avere aiuti dai propri governanti, dall’altra sta diventando davvero difficile capire come non solo le istituzioni non aiutino, ma stiano facendo tutto il possibile per lasciare centinaia di aziende e coltivatori nell’incertezza, senza nemmeno una legge quadro alla quale poter far riferimento.
A chi fa paura la canapa italiana?
Mario Catania