C’è chi si è visto portare via l’intero lavoro di una stagione agricola, chi dorme nei pressi di campi e serre per scongiurare questa possibilità, e chi, nell’unica notte in cui si è allontanato dal proprio campo, dopo giorni e giorni passati a custodirlo, ha fatto ritorno il giorno dopo per vederlo razziato.
In tutta Italia si moltiplicano senza sosta le storie di canapicoltori che subiscono furti: da poche piante rubate, magari frutto di una ragazzata, ad interi campi tagliati e razziati da ladri organizzati e meticolosi. Con tutto quello che comporta e quindi recinzioni divelte, catene tagliate, serre rovinate e danni che si aggiungono alla beffa di aver faticato per mesi per vedersi portar via il frutto del proprio lavoro.
Che le infiorescenze di canapa facessero gola agli agricoltori italiani per il loro grande valore aggiunto, soprattutto se paragonate al resto dei prodotti agricoli, era ormai chiaro, ma in pochi avrebbero immaginato che le coltivazioni avrebbero scatenato gli appetiti di criminali e malfattori, che approfittano del lavoro altrui.
Intanto, tra chi si sta attrezzando con recinzioni elettriche, fotocamere e videocamere sensibili al movimento, cani da guardia e appunto la guardia senza sosta in campo, non c’è una vera e propria soluzione al problema.
I danni sono milionari se si pensa che le infiorescenze di canapa coltivate in outdoor hanno un prezzo al chilo che va dai 200 agli 800 euro e ci sono aziende che si sono viste portare via migliaia di piante.
Quello che noi ci sentiamo di dire è che chi ruba oggi le infiorescenze, domani dovrà rivenderle, e avrà bisogno della compiacenza dell’acquirente per poter portare a termine l'”affare” senza le ricevute delle sementi acquistate, e senza i cartellini di riferimento del prodotto. Per cui una cosa ci sentiamo di dirla: se vi propongono delle infiorescenze con modalità poco trasparenti: denunciate, può essere l’unico deterrente per fare in modo che tutto questo abbia fine. Se chi ruba le infiorescenze troverà difficoltà nel rivenderle, ci penserà due volte prima di ripetere l’operazione. Lo stesso vale per negozi e distributori: nel caso in cui vi proponessero della canapa di dubbia provenienza, informatevi e ragionate bene perché potreste ritrovarvi complici di chi sta lucrando sul lavoro altrui. E naturalmente vale lo stesso discorso anche per chi subisce il furto.
Intanto alla nostra redazione continuano ad arrivare segnalazioni da tutta Italia, dalla Lombardia alla Sardegna, senza sosta e, come se non bastasse, si aggiungono anche dei sequestri di campi regolarmente comunicati alle forze dell’ordine. “Stiamo assistendo sia a molti furti, che a sequestri”, racconta Serena Caserio, coordinatrice del progetto CoInfuso che ha visto la creazione di una rete con centinaia di persone che hanno aderito per poter coltivare canapa in maniera associata, “come se non bastassero le difficoltà che normalmente si incontrano durante la coltivazione, una volta portato a termine il campo, abbiamo dovuto subire anche questo”.
“Siamo 115 associati tra privati ed aziende agricole, con coltivazioni anche sperimentali in diverse regioni d’Italia. I furti continuano ad un ritmo impressionante e ci sono anche ragazzi che hanno scelto di non denunciare perché spaventati dai controlli che sono stati effettuati in questo periodo. Oltre ai furti abbiamo assistito a controlli e sequestri al limite dell’intimidazione, che hanno creato un clima molto difficile per tutti i canapicoltori. Noi chiediamo alle forze dell’ordine di aiutarci, invece subiamo ingiustificate repressioni. Invece che andare avanti sembra che si stiano facendo diversi passi indietro e ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni che dovrebbero sostenere un fenomeno sano come questo, che può portare nuova occupazione nel rispetto dell’ambiente”.
Mario Catania