Mentre il CBD è sulla bocca di tutti, a partire dai pazienti che lo utilizzano per le proprie patologie, passando per ricercatori ed aziende farmaceutiche, per arrivare ad imprenditori ed agricoltori, iniziano a livello internazionale i primi processi di regolazione della sostanza.
Alla fine dell’anno scorso la discussione sul cannabinoide all’Organizzazione Mondiale della Sanità si era conclusa con la raccomandazione che non fosse inserito nella lista delle sostanze controllate. Decisione ribadita di recente quando l’OMS ha stabilito che la cannabis vada riclassificata a livello internazionale, specificando che i preparati a base di cannabidiolo e concentrati sul CBD contenenti non più dello 0,2% di THC sono “non sotto controllo internazionale”. Nuovi passi avanti sono stati fatti con l’approvazione dell’Epidiolex negli Stati Uniti, il primo farmaco a base di CBD prodotto dalla GW Pharmaceuticals che in primavera dovrebbe arrivare anche in Europa.
E nel vecchio continente le cose iniziano a muoversi. La Gran Bretagna, dove ha sede la GW Pharmaceuticals, dal 2016 ha deciso che il CBD è da considerarsi un principio farmacologico, mettendo fine alla libera vendita visto che i produttori devono sottostare alle norme di ricerca e standard che regolano ogni medicinale in vendita.
Ora anche l’Unione Europea sta procedendo, ma probabilmente lo sta facendo nella direzione sbagliata. Come racconta un comunicato di Federcanapa e di Canapa Sativa Italia, “L’Unione Europea ha deciso di inserire i fiori di canapa, il CBD e i cannabinoidi in genere, compresi gli estratti, nell’elenco dei cosiddetti “novel food”, ossia quei “nuovi” alimenti che necessitano di un iter autorizzativo lungo e notevolmente costoso per essere riconosciuti come tali. Secondo Bruxelles infatti non sarebbero state presentate prove sufficienti di una tradizione d’uso alimentare della canapa anteriore al maggio 1997. Una simile motivazione è smentita da documenti che attestano l’uso della canapa e dei fiori di canapa come alimento almeno da alcuni secoli, quantomeno in Italia”.
Dello stesso avviso anche l’EIHA, l’associazione europea per la canapa industriale, quando afferma che “l’uso di parti aeree della canapa è tradizionale nella dieta umana. Come tale, la canapa industriale è stata utilizzata come fonte di cibo tradizionale per diverse migliaia di anni”. L’EIHA, invitata dalla Commissione Europea alla discussione a gennaio, chiede “che le istituzioni dell’Unione europea adottino rapidamente una strategia politica che consenta all’Europa di competere sulla scena mondiale che mostra crescenti approcci competitivi dall’Asia, dal Canada e dagli Stati Uniti”.
Federcanapa sottolinea poi che: “Il cannabidiolo (CBD), già inserito nell’elenco degli ingredienti dei cosmetici europei (CAS n. 13956-29-1) per i suoi effetti “antiossidanti, antiseborroici, emollienti e protettivi della pelle” è stato riclassificato e soggetto a restrizioni in quanto sarebbe connesso a sostanze narcotiche (vedi THC) incluse nella Convenzione Unica internazionale sugli Stupefacenti del 1961″.
“Il riferimento – continua il comunicato – è palesemente erroneo e illegittimo, in quanto la Convenzione stessa riconosce che la “canapa industriale” non rientra nell’ambito della legislazione sulle droghe e del resto non contiene alcun riferimento al CBD, cannabinoide notoriamente privo di effetti stupefacenti. Tra
l’altro questa impostazione contrasta con le recenti raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di escludere dagli stupefacenti i prodotti a base di CBD e con livelli di THC inferiori allo 0,2%”.
La stessa legge italiana sulla canapa industriale (L. 242/2016) incentiva e promuove la coltivazione
e la trasformazione della canapa per usi alimentari e cosmetici. E il fatto che non citi i fiori di
canapa tra i prodotti derivabili, non significa che non si possano utilizzare, come ha chiarito una
recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (4920/2019).
Infine da Federcanapa e Canapa Sativa Italia arrivano alcune richieste: “Dato che la normativa europea rimette alla competenza di ogni Stato membro la decisione su quali sostanze siano o meno novel food o quali siano integratori alimentari, chiediamo al Governo e al Parlamento italiano di adottare gli strumenti legislativi idonei per chiarire:
1. l’esclusione della canapa dall’elenco dei novel food;
2. l’inserimento degli estratti di cannabinoidi non psicoattivi e con livelli di THC inferiori alla soglia
dello 0,2% nella lista degli integratori alimentari, per dare piena attuazione alla legge sulla
canapa industriale e in conformità con le raccomandazioni della stessa OMS;
3. l’inclusione del CBD e degli altri cannabinoidi non psicoattivi tra le sostanze cosmetiche.
Si tratta di definire poche regole di buon senso, a sostegno di prodotti che favoriscono e non
danneggiano la salute delle persone e a sostegno dei principi di libera iniziativa economica, onde
evitare di danneggiare tutti quegli investitori che hanno creduto in un settore innovativo,
investendo risorse e competenze.
Mario Catania