Un libro diviso in due parti per raccontare le assurdità che circondano quella che è probabilmente la pianta più discussa degli ultimi 50 anni. Si comincia con la storia di Nagid, un racconto romanzato ma verosimile sul libero arbitrio e sulla facoltà di scegliere, prima che sull’erba in senso stretto. Perché non sempre legale è sinonimo di giusto e molto spesso le strade nuove vengono aperte da chi ha semplicemente il coraggio di farlo. Mentre nella seconda parte si analizzano, stato per stato, le legislazioni vigenti in fatto di cannabis in tutto il mondo, sia ad uso terapeutico, sia ricreativo, sia di canapa a livello industriale.
Antonino Chiaramonte, l’autore capace di dire cose importanti in modo semplice ed efficace, ci ha raccontato di come sia rimasto sorpreso da tutta la curiosità che il libro ha suscitato. Pubblicato a ridosso della fiera internazionale sulla canapa di Fermo di quest’anno, è stato poi riproposto durante vari eventi estivi, diventando occasione di dibattito e di discussione dovunque sia stato presentato, segno che l’interesse scientifico e culturale intorno a questo argomento cresce sempre di più.
“Juana, una storia nell’erba” è dunque innanzitutto un libro che pone una serie di domande e di problemi che aspettano una risposta. E nella ricerca di queste risposte Antonino ci ha spiegato di come abbia deciso di inviare una copia di questo libro al Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri e di aver ricevuto una gradita risposta con le congratulazioni per il lavoro svolto, scoprendo poi che lo stesso Ministro, in un’intervista rilasciata a Radio Rai, ha espresso parere favorevole a rivedere la legge Fini-Giovanardi, sottolineando il fatto che ci sono diversi gruppi di studio al lavoro su questo argomento.
Verità scientifiche inconfutabili e i progressi che in questa battaglia stanno facendo numerosi stati in tutto il mondo, sono sotto gli occhi di tutti. Di recente un famoso neurologo americano che anche un giornalista scientifico della CNN, ha pubblicamente confessato di essersi sbagliato per anni su quello che la cannabis terapeutica può rappresentare, scrivendo un editoriale in cui chiede scusa per essere stato tra coloro che sull’argomento ha dato opinioni fuorvianti e concludendo che l’utilizzo terapeutico della pianta è doveroso e legittimo. Chissà quanto tempo ancora servirà alla nostra classe politica per accorgersene, sempre che il problema sia questo e non il fatto che sia molto più comodo fare finta di niente. Inoltre, contrariamente a ciò che sostenne nel maggio 2011 l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti con la triste frase: «La Cultura, notoriamente, non dà da mangiare neanche un panino», siamo convinti che la cultura sia un mezzo indispensabile per creare ricchezza, oltre che le migliori condizioni di sviluppo di una nazione. Per fare questo, niente di meglio che unire la cultura dello sviluppo ecosostenibile, alla coltura della pianta che potrebbe fisicamente aiutare un’economia compromessa come la nostra. Chiudiamo con una citazione di una sentenza argentina riportata dall’autore sulla quarta di copertina del libro:
«Ogni adulto è libero di decidere per la sua vita senza l’intervento dello Stato. Lo Stato non può decidere cosa è morale e cosa non lo è». La Corte – spiega Antonino – con una sentenza molto “liberal”, ha stabilito che è incostituzionale perseguire chi faccia un uso privato di marijuana. Alcuni Nazioni hanno fatto una scelta, altre continuano a non scegliere.
Autore: Mario Catania
Pubblicato su Dolce Vita n°48 – settembre/ottobre 2013