Prima l’uscita della Meloni che chiedeva l’aiuto di Salvini per vietare una fiera della canapa, e poi l’intervento tanto agognato del ministro dell’Interno che, senza nessun dato reale, è arrivato a dire che un negozio di canapa su due è dedito allo spaccio.
Affermazioni gravissime che gettando discredito su un intero settore fatto di lavoratori onesti, che con una concorrenza internazionale sempre più serrata e le istituzioni contro, fanno investimenti in un settore sostenibile, creano lavoro, e pagano le tasse. Ancora più incomprensibili se si pensa che nel resto del mondo i governi, dall’America all’Asia, stanno investendo e cercando di favorire al massimo la rinascita della canapa agro-industriale per la sua perfetta integrazione coi principi dell’economia circolare, con le tematiche ambientali, e con il ritorno all’agricoltura che può far rinascere i tanti campi abbandonati anche in Italia.
Si fa un gran parlare di clima, alternative alla plastica e all’edilizia tradizionale, e del contrasto di CO2, con paroloni e impegni sempre rimandati al futuro. Ma quando si tratta, nella pratica, di poter finalmente fare qualcosa di concreto rilanciando una risorsa come la canapa, con la quale potremmo primeggiare in tutto il mondo, non solo le istituzioni non favoriscono un processo che andrebbe guidato da un governo lungimirante, ma si accaniscono su una risorsa economica strategica favorendo pregiudizi infondati per solleticare gli animi nella campagna elettorale in vista delle elezioni europee.
Prima è stata la Meloni che ha chiesto nientemeno che l’intervento del ministero dell’Interno per bloccare il 4.20 Hemp fest, una fiera che si terrà a Milano questo week end del tutto simile ad altre che si svolgono in Italia e nel resto del mondo in diversi periodi dell’anno. La motivazione è che l’evento ha adottato lo slogan “Io non sono una droga” sulle locandine con una foglia di canapa. Ci piacerebbe poter spiegare all’onorevole Meloni che, non soltanto la canapa non è una droga, ma come spieghiamo da anni è un risorsa che potrebbe aiutarci a cambiare il paradigma della dipendenza dalle energie fossili, con ottime prospettive economiche e ambientali. Se vuole può fare un giro sul nostro sito per vedere come con la canapa si possano sostituire i derivati del petrolio come la plastica, il nylon e i combustibili, oltre agli utilizzi ecologici come carta, bioedilizia, alimentare e nutraceutica, cosmetica e benessere.
Salvini, dal canto suo, continua a fare propaganda. Dopo una circolare del maggio scorso che non aveva fatto altro che spaventare e confondere gli operatori di settore, è arrivato a dire che: “Stiamo lavorando, con altri corpi dello Stato, per andare a verificare la giungla che ci siamo trovati a gestire come regalo, di qualcuno che c’era prima, di tutti quei canapa shop che hanno aperto come funghi, e che in un caso su due di controlli, si rivelano centri dello spaccio”.
Ad oggi non si è mai verificato che nemmeno uno degli oltre 700 negozi che vendono prodotti derivati dalla canapa, sia stato condannato per spaccio. Sarebbe ora di finirla con proclami che vorrebbero farci tornare al medioevo per cercare di valorizzare una risorsa con la quale potremmo creare occupazione sostenibile, recuperando terreni abbandonati, e primeggiare a livello mondiale grazie alle nostre varietà di canapa e alle perfette condizione climatiche.
Mario Catania